
Ogni euro investito nell’eolico offshore ne attiva ulteriori 1,9 nel resto dell’economia italiana

Attualmente, 26 progetti per circa 18 GW hanno avviato l’iter di Valutazione di impatto ambientale (Via) presso il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, con 4 progetti (2,2 GW) che hanno già ottenuto il decreto Via positivo. La capacità dei progetti di eolico offshore in sviluppo da parte dei soli soci Aero ammonta a oltre 40 GW.
Se ne è parlato nel corso del terzo convegno nazionale di Aero, l’Associazione energie rinnovabili offshore, svolto a Montecitorio con il titolo “Strategie e prospettive per lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore in Italia”. «La Commissione europea ha segnalato ai Paesi membri che bisogna fare molto di più per le rinnovabili - ha dichiarato nel suo discorso di apertura il presidente di Aero, Fulvio Mamone Capria - e in particolare per quelle tecnologie ancora da esplorare ma mature industrialmente, come l’eolico offshore e il solare galleggiante. Chiediamo al governo di fare presto, per non compromettere la filiera nazionale, di agire, di avviare le aste FER2 per 3,8 GW di capacità offshore e consentire la settore di contribuire alla decarbonizzazione del Paese».
Lo studio Aero presentato durante il convegno ha rivelato l’impatto economico straordinario dell’eolico offshore sul sistema Paese. L’eolico offshore intercetta bene le competenze della filiera Italiana (eg. acciaio, naval-meccanica etc). I 3,8 GW previsti dal decreto FER2 genereranno un valore aggiunto complessivo di circa 62 miliardi di euro, grazie a un moltiplicatore economico di 2,9: ogni euro investito in questa tecnologia ne attiva ulteriori 1,9 nel resto dell’economia italiana.
Sul fronte occupazionale, la costruzione di 3,8 GW di eolico offshore creerà 11.400 nuovi posti di lavoro diretti sul territorio nazionale (45.600 considerando anche indiretti e indotti) nella fase di costruzione, più 2.000 posti di lavoro costanti per 30 anni nella fase operativa. Il gettito fiscale totale derivante dall’occupazione generata è stimato in circa 2,4 miliardi di euro.
L’analisi presentata ha dimostrato che l’eolico offshore può ridurre il prezzo dell’energia elettrica (Pun) del 5% entro il 2035 e del 10% entro il 2045, generando risparmi in bolletta per 41 miliardi di euro al 2060, ovvero al tempo della fine della vita tecnica degli impianti Fer2. La tecnologia offshore, complementare al fotovoltaico, ha volumi di produzione alti (è di gran lunga la rinnovabile a più alto load factor), profili stabili con ottimi volumi invernali (ovvero quando i prezzi sono più alti e il Paese ha la maggiore esposizione al gas) e un costo tecnologico. Al pari di quanto accaduto in altri paesi (Francia, Germania, UK, etc.) l’eolico offshore può portare benefici sostanziali al sistema elettrico italiano, attenuando l’esposizione alla generazione elettrica da gas naturale che attualmente fissa i prezzi del 60-80% delle volte.
Il convegno ha identificato quattro fattori chiave per lo sviluppo dell’eolico offshore in Italia:
- Indicizzazione della tariffa FER2 per assicurare sostenibilità economica
- Calendario e volumi delle aste per garantire visibilità agli investitori
- Adeguamento dei porti strategici come hub industriali
- Ripartizione dei costi di trasmissione attraverso maggiore socializzazione
Aero ha lanciato un appello diretto al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per l’avvio immediato delle aste FER2. Il decreto direttoriale del 7 maggio 2025, che ha escluso completamente l’eolico offshore dai bandi 2025, è stato denunciato, rischia di congelare un settore strategico per la transizione energetica nazionale.
L’associazione chiede al Mase di definire urgentemente:
- Calendario delle aste con date e volumi precisi per dare certezza agli investitori
- Indicizzazione della tariffa per garantire sostenibilità economica ai progetti
- Roadmap di sviluppo che consenta all’Italia di recuperare il ritardo rispetto agli altri Paesi europei
Senza questa pianificazione immediata, sottolinea Aero, l’Italia rischia di perdere un’opportunità industriale da 62 miliardi di euro e di non raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Pniec.
