World energy outlook, le rinnovabili crescono più veloci di qualsiasi altra fonte in tutti gli scenari Iea
L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ha pubblicato il World energy outlook (Weo) 2025, ovvero l’aggiornamento annuale del più autorevole rapporto internazionale sull’evoluzione del mercato energetico, elaborato dall’Agenzia fondata dall’Ocse a valle della crisi petrolifera del 1973.
Sul rapporto adesso come un macigno le pressioni del petro-Stato per eccellenza: gli Usa di Donald Trump. Come riportato già da Reuters, S&P Global ma anche da greenreport, gli Stati Uniti stanno spingendo per ridare centralità ai combustibili fossili, e non a caso per la prima volta in cinque anni la Iea ha reintrodotto il Current policies scenario (Cps), che, considerando solo le policies già in vigore, tende a proiettare una domanda maggiore di combustibili fossili rispetto allo scenario principale (Steps), che considera anche le policy in via di sviluppo e quelle annunciate; a chiudere il trittico c’è il Net Zero Emissions by 2050 (Nze scenario), che delinea un percorso per il settore energetico globale verso le emissioni nette zero entro il 2050.

Nessuno dei tre scenari è una previsione: ognuno di essi traccia un futuro energetico distinto, consentendo di analizzare le implicazioni delle diverse scelte politiche, di investimento e tecnologiche per la sicurezza energetica, l'accessibilità economica e le emissioni.
«I percorsi più rapidi – commenta Dave Jones, Analista capo del think tank energetico Ember – offrono un sistema energetico più economico, più efficiente e più sicuro, mentre quelli più lenti aumentano le temperature globali e gonfiano la domanda di energia con una combustione inefficiente dei combustibili fossili. Le fonti rinnovabili e l'elettrificazione domineranno il futuro, e tutte le nazioni importatrici di combustibili fossili avranno il massimo vantaggio nell'abbracciarle». Tra questi ovviamente spicca l’Italia, che solo nell’ultimo triennio ha sborsato 230 miliardi di euro per l’import di combustibili fossili.
Sebbene il ritmo vari tra i diversi scenari del rapporto, le energie «rinnovabili crescono più velocemente di qualsiasi altra fonte energetica principale in tutti gli scenari, guidate dal solare fotovoltaico», sintetizza la Iea; allo stesso modo, in tutti gli scenari la domanda di carbone e petrolio raggiunge il picco prima o intorno al 2030. Nello scenario centrale (Steps), la domanda di petrolio e carbone raggiunge il picco nel 2030 o prima del 2030, mentre quella di gas è destinata ad aumentare solo del 10% rispetto ai livelli attuali, quindi ci si interroga ancora sulla destinazione della nuova capacità di esportazione di Gnl.

«Entro il 2030 è prevista l'entrata in funzione di circa 300 miliardi di metri cubi di nuova capacità annuale di esportazione di Gnl – spiega la Iea – con un aumento del 50% dell'offerta globale di Gnl disponibile. Circa la metà della nuova capacità sarà costruita negli Stati Uniti e un altro 20% in Qatar. La domanda di gas naturale è stata rivista al rialzo nel Weo di quest'anno, ma rimangono ancora dubbi sulla destinazione di tutto il nuovo Gnl». Non a caso Trump ha imposto all’Ue di impegnarsi ad acquistare gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti energetici nucleari dagli Usa per un valore di 750 miliardi di dollari entro il 2028, una cifra di fatto impossibile da rispettare.
La Iea ha inoltre confermato la sua posizione di lunga data, secondo cui l'offerta di petrolio e gas proveniente dai progetti esistenti è più che in grado di soddisfare la domanda in uno scenario in cui il riscaldamento è limitato a 1,5°C. Non sono necessari nuovi progetti nell’upstream dei combustibili fossili.
Un altro elemento comune a tutti gli scenari è lo sviluppo dell'energia nucleare, con un aumento degli investimenti prospettato dalla Iea sia nei tradizionali impianti su larga scala che nei nuovi progetti, compresi i piccoli reattori modulari (Smr): la capacità nucleare globale «sarebbe destinata ad aumentare di almeno un terzo entro il 2035», ma vale la pena osservare che gli investimenti in corso nelle rinnovabili sono 10 volte più alti rispetto a quelli sull’atomo.
Anche tenendo conto dei costi di sistema, stimati dalla Iea attraverso il Valcoe, in Ue gli investimenti in energie rinnovabili restano molto più convenienti rispetto a quelli sul nucleare, sia al 2030 sia al 2050 con buona pace delle ambizioni sull’atomo del Governo Meloni (che nel frattempo non riesce neanche a localizzare il Deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi, rimandolo al 2039).

La sorpresa sta semmai nella rapidissima crescita dei consumi elettrici per i data center. «L'anno scorso abbiamo detto che il mondo stava entrando rapidamente nell'era dell'elettricità, e oggi è chiaro che è già arrivata – dichiara il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol – La crescita vertiginosa della domanda da parte dei data center e dell'intelligenza artificiale sta contribuendo ad aumentare il consumo di elettricità anche nelle economie avanzate. Si prevede che gli investimenti globali nei data center raggiungeranno i 580 miliardi di dollari nel 2025. Chi dice che ‘i dati sono il nuovo petrolio’ noterà che questa cifra supera i 540 miliardi di dollari spesi per l'approvvigionamento globale di petrolio: un esempio lampante della natura mutevole delle economie moderne».
Per il momento, l'elettricità rappresenta solo il 20% circa del consumo finale di energia a livello globale, ma la strada dell’elettrificazione è ormai segnata. Il rischio da evitare, semmai, è di passare dalla dipendenza dai combustibili fossili alla dipendenza dall’import di materie prime critiche.

Oggi un singolo Paese (la Cina) è il raffinatore dominante per 19 dei 20 minerali strategici legati all'energia, con una quota di mercato media di circa il 70%. I minerali in questione sono fondamentali per le reti elettriche, le batterie e i veicoli elettrici, ma svolgono anche un ruolo cruciale nei chip per l’intelligenza artificiale, nei motori a reazione, nei sistemi di difesa e in altre industrie strategiche.
Che fare? Investire in economia circolare, nuove miniere e fonti d’approvvigionamento innovative – come il litio geotermico – è la strada da percorrere, sottolineando comunque che c’è una grossa differenza tra importare gas o pannelli solari. Come osservano da Ember, importare 1 GW di pannelli solari costa 100 mln di dollari e garantisce 1,5 TWh di elettricità all’anno; anche importare gas naturale liquefatto (Gnl) per produrre 1,5 TWh di elettricità costa 100 mln di dollari, ma col fotovoltaico si risparmiano 100 mln di dollari per i 29 anni successivi.

In modo analogo, secondo una recente analisi dell'Agenzia internazionale per l’energia (Iea) appena rilanciata da Carbon brief, i pannelli solari trasportati da una singola nave portacontainer genereranno, nel corso della loro vita utile, la stessa energia di oltre 50 navi che trasportano gas naturale liquefatto (Gnl) o 100 che trasportano carbone. La strada maestra per l’autonomia strategica – nonché per frenare la crisi climatica coi relativi danni – passa dunque dall’accelerare il più possibile l’installazione di impianti rinnovabili: un fronte sul quale invece il Governo Meloni resta col freno a mano tirato.
