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«Gli Usa scommettono su una tecnologia nucleare non ancora collaudata». La stessa su cui punta l’Italia

L’allarme lanciato da un gruppo di esperti e ripreso dal Financial Times circa la strategia adottata da governo e investitori statunitensi: i piccoli reattori Smr potrebbero rivelarsi troppo costosi per essere redditizi, nonostante un investimento di 9 miliardi di dollari nell’energia per il boom dell’intelligenza artificiale
 |  Nuove energie

Negli Stati Uniti sta montando un warning sull’opportunità e sulla presunta convenienza economica di investire sui Small modular reactors (Smr), piccoli reattori nucleari che anche secondo il nostro governo costituirebbero la soluzione per fornire all’Italia energia nucleare a basso costo e in piena sicurezza. Se il nostro giornale, attraverso un intervento del direttore di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio, ha già sottolineato che l’elettricità fornita dagli Smr costerà troppo, ora anche dall’estero arriva la conferma che la tecnologia su cui sta puntando il governo Meloni è tutt’altro che conveniente per le casse dello Stato e, in definitiva, per i costi delle bollette degli italiani.

Scrive il Financial Times che il governo degli Stati Uniti e un nutrito gruppo di investitori hanno scommesso 9 miliardi di dollari sui piccoli reattori nucleari per alimentare il boom dell’intelligenza artificiale e ridurre le emissioni, «ma gli esperti avvertono che la tecnologia potrebbe rivelarsi troppo costosa per essere praticabile». Secondo il quotidiano finanziario britannico dal 2019 le agenzie governative, compresi i dipartimenti dell’energia e della difesa, hanno stanziato oltre 6 miliardi di dollari a favore degli sviluppatori degli Smr attraverso premi, prestiti e accordi di condivisione dei costi. E anche gli investimenti privati sono molto aumentati nello stesso periodo, superando i 3 miliardi di dollari. Questo ha avuto un primo effetto di tipo finanziario: «L’entusiasmo degli investitori ha fatto salire i prezzi delle azioni e le valutazioni delle aziende con entrate o progetti operativi scarsi o inesistenti».

«C'è molto entusiasmo, ma la quantità di capitale necessaria per raggiungere l'obiettivo è enorme», ha affermato al Ft Chris Gadomski, responsabile della ricerca nucleare presso BloombergNEF. «Quello che vedo accadere con gli Smr e i data center mi ricorda il boom e il crollo di Internet all'inizio degli anni 2000».

Il problema è che ci sono molti dubbi sulla reale capacità di questa tecnologia di produrre elettricità a costi competitivi rispetto alle centrali nucleari più grandi, alle energie rinnovabili e al gas naturale. Non a caso precedenti tentativi di realizzare progetti Smr negli Stati Uniti sono stati ostacolati da ritardi e costi superiori al previsto. Nel 2023, ricorda il Ft, NuScale, il cui progetto è stato approvato dalle autorità di regolamentazione statunitensi, è stata costretta a cancellare un progetto dopo che i costi sono aumentati di oltre il 120%. I tre Smr operativi in tutto il mondo, situati in Russia e Cina, hanno superato le stime dei costi iniziali del 300-400%.

Gli analisti scrivono sul Financial times richiamando le più recenti analisi che «secondo i dati di Wood Mackenzie, entro il 2030 gli Smr dovrebbero generare energia a 182 dollari per megawattora rispetto ai 133 dollari per megawattora del nucleare convenzionale. Il gas naturale dovrebbe attestarsi a 126 dollari per megawattora, mentre l'eolico onshore e il solare, supportati da batterie, dovrebbero costare circa un terzo in meno».

Tra l’altro, viene anche ricordato che alcuni ingegneri nucleari sostengono che i reattori più grandi siano più economici da costruire, citando la maggiore necessità di acciaio, cemento, sistemi di sicurezza, tubi di raffreddamento e sensori richiesti per più unità più piccole.

Redazione Greenreport

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