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Il falso mito del nucleare “sostenibile” nella transizione energetica italiana

Per ogni euro investito le fonti rinnovabili producono da sei a dieci volte più riduzione di CO₂ rispetto al nucleare
 |  Nuove energie

Il Governo ha approvato il disegno di legge di delega sul cosiddetto “nucleare sostenibile”, presentandolo come una scelta di innovazione, sicurezza e responsabilità. Ma dietro le parole si cela un disegno che rischia di distrarre l’Italia dalla vera transizione energetica nonostante l’Italia abbia già espresso due volte (1987 e 2011) un chiaro rifiuto popolare del nucleare tramite referendum.

Il concetto di neutralità tecnologica, richiamato dal ministro Pichetto, appare più una copertura semantica che una visione strategica. Le nuove tecnologie nucleari, dagli Small modular reactors (Smr) ai reattori avanzati (Amr), non saranno operative in Europa prima del 2040. Parlare di neutralità includendo tecnologie ancora sperimentali equivale a spostare nel futuro ciò che dovremmo realizzare nel presente.

Inoltre, il termine “sostenibile” associato al nucleare è un ossimoro. Il ciclo di vita del combustibile, la gestione delle scorie e la mancanza di un deposito nazionale rendono impossibile parlare di sostenibilità ambientale. L’Italia, a distanza di decenni, non ha ancora risolto il problema dei rifiuti radioattivi delle vecchie centrali: come può definirsi pronta a nuove sfide atomiche?

Il nucleare non risponde neanche alle urgenze climatiche. Per costruire e autorizzare una centrale nucleare servono dai 15 ai 20 anni. L’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 non può essere raggiunto con una tecnologia che, nel migliore dei casi, arriverà dopo il 2040. Al contrario, le rinnovabili possono essere operative in pochi mesi e a costi ormai inferiori alla metà di quelli stimati per i nuovi reattori.

La creazione di un’autorità indipendente per la sicurezza nucleare, prevista dal disegno di legge, non basta a garantire efficienza e trasparenza. L’esperienza della Sogin nel decommissioning dimostra quanto il sistema italiano sia fragile nella gestione di impianti complessi e rischiosi. Prima di parlare di atomi, dovremmo imparare a gestire in modo virtuoso ciò che già abbiamo.

Ogni euro investito nel nucleare è un euro sottratto alle rinnovabili, all’efficienza energetica e alla ricerca sull’accumulo. Le principali agenzie internazionali, tra cui l’Iea, riconoscono che per ogni euro investito le fonti rinnovabili producono da sei a dieci volte più riduzione di CO₂ rispetto al nucleare. Il rischio è di alimentare un’illusione tecnologica mentre la transizione reale resta ferma.

Dietro la retorica della sicurezza e dell’innovazione si intravede un intento geopolitico: riallineare l’Italia alle strategie nucleari di Francia e Stati Uniti, più che rispondere a un bisogno energetico interno. È una scelta di immagine, non di sostanza. Ma il futuro non si costruisce rispolverando tecnologie del passato, ma investendo su ciò che già oggi funziona: fotovoltaico diffuso, accumuli, comunità energetiche, idrogeno verde, efficienza. La vera innovazione è rendere l’energia pulita accessibile, democratica e locale. Il resto è retorica. L’Italia non ha bisogno dell’energia dell’atomo per brillare, ma di luce: quella del sole che ogni giorno, silenziosamente, ci offre più energia di quanta ne sapremo mai usare.

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Giovanni De Cristofaro

Ingegnere e imprenditore nel settore delle energie rinnovabili ed efficienza energetica, promuove soluzioni concrete per la transizione ecologica. Da anni si occupa di progetti che coniugano innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e benessere delle persone, con una visione orientata a un futuro energetico equo e responsabile. Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.