Taglio ai fondi Cer, il Coordinamento Free: «Decisione inaccettabile, il governo ponga subito rimedio»
Non scende l’allarme per il drastico taglio delle risorse del Pnrr da destinare alle Comunità energetiche rinnovabili (Cer). La decisione del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica di ridurre la dotazione finanziaria dagli originari 2,2 miliardi di euro ad appena 795,5 milioni ha scatenato polemiche, richieste di fare subito chiarezza per non compromettere migliaia di progetti, destato preoccupazione in utenti, operatori del settore rinnovabili e anche enti pubblici, che hanno finanziato attività per la costruzione delle Cer e ora nessuno sa se i progetti potranno accedere ai contributi.
Tra le associazioni che critica la decisione del governo c’è il Coordinamento Free, il quale ricorda che la misura Pnrr sulle Cer era stata inizialmente indirizzata ai Comuni sotto i 5.000 abitanti, con un contributo a fondo perduto pari al 40% del costo dell’investimento: a giugno 2025, vista la carenza di domande fino a quel momento, il Mase aveva esteso correttamente la platea anche ai Comuni fino a 50.000 abitanti, confermando la scadenza del 30 novembre 2025 per la presentazione delle domande.
Ma arrivati a ridosso di questa scadenza, la scorsa settimana, il ministero ha cambiato le carte in tavola. Denuncia il Corrdinamento Free che questa scelta di riduzione della dotazione finanziaria, assunta a ridosso della scadenza del bando, «è un segnale di scarsa affidabilità istituzionale che genera incertezza e colpisce duramente migliaia di cittadini, famiglie, piccole e medie imprese e amministrazioni locali, che in questi mesi hanno avviato iter autorizzativi, incaricato professionisti per progettazione e studi di fattibilità, sostenuto anticipazioni economiche significative e pianificato investimenti». L’associazione impegnata nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica spiega: «Comprendiamo la necessità di riuscire a spendere tutti i fondi che il Pnrr mette a disposizione, ma la riallocazione di ingenti risorse, inizialmente destinate alle Cer, senza una corretta mappatura della previsione di spesa, rischia di danneggiare chi ha fatto affidamento su una ampia disponibilità di fondi, garantita fino a pochi giorni prima della scadenza naturale del bando».
Tra l’altro, sottolinea l’associazione, quanto sia stata carente la mappatura delle domande lo dimostra il fatto che a soli pochi giorni dalla comunicazione ufficiale di riduzione della dotazione finanziaria, portata da 2,2 miliardi a soli 795 milioni, il sito del Gse indica che le risorse richieste al 27 novembre 2025 ammontano a 1.160,7 milioni. Quindi, già oggi esistono domande prive di copertura che hanno raggiunto quasi i 400 milioni di euro.
Il Coordinamento Free sottolinea che questa decisione genera danni economici e sociali reali e concreti, soprattutto ai soggetti più deboli, come famiglie e Pmi, specialmente quelle dei territori più piccoli e problematici, che avevano riposto fiducia negli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni attraverso il Pnrr.
«Riteniamo inoltre inopportuna, fuorviante e poco rispettosa di chi in questi mesi ha investito risorse e tempo per l’autorizzazione di progetti, la narrazione secondo cui gli obiettivi attesi di potenza da incentivare sarebbero stati raggiunti – denuncia l’associazione – Gli obiettivi erano indicativi mentre i fondi a disposizione erano certi. Al contrario, l’operazione rischia di compromettere la credibilità delle politiche pubbliche sulle fonti rinnovabili e sulle CER e a supporto dei cittadini e delle Pmi».
Per queste ragioni, il Coordinamento Free chiede con forza che il governo non lasci il settore nell’incertezza e proceda immediatamente a trovare una nuova dotazione finanziaria (anche con fondi differenti da quelli Pnrr), che consenta di realizzare, entro il limite di spesa di 2,2 miliardi, come minimo tutti i progetti Cer presentati entro i termini di naturale scadenza del bando. «Il Paese ha bisogno di certezze, non di cambi di rotta improvvisi. Le Comunità energetiche rinnovabili sono un pilastro fondamentale della transizione energetica, della lotta alla povertà energetica e della partecipazione attiva dei cittadini alle scelte energetiche. E non possono essere penalizzate da decisioni intempestive che mettono a rischio progetti già avviati e la fiducia dei cittadini negli strumenti pubblici».