Con una Sardegna 100% rinnovabile le bollette dei sardi calano del 20%, più lavoro e meno emissioni
Dopo l’anticipazione di questa primavera, è stata pubblicata oggi la versione estesa dello studio condotto da Politecnico di Milano, Università di Cagliari e Università di Padova per delineare una Sardegna alimentata al 100% (o quasi) da energie rinnovabili.
Commissionato dal Coordinamento Free, in collaborazione con Consorzio italiano biogas, Italia solare e il think thank Ecco, lo studio porta a galla l’irrazionalità dell’approccio alla transizione energetica finora portato avanti dai comitati anti-rinnovabili dell’isola, e spostato dalla Giunta regionale nella sua battaglia di retroguardia contro le aree idonee agli impianti – recentemente bocciata anche dalla Corte costituzionale.
Nello scenario 100% rinnovabile al 2030, l’isola può coprire l’intera domanda elettrica – stimata in crescita fino a 8 TWh per effetto dell’elettrificazione dei consumi civili, industriali e dei trasporti – combinando 5,6 GW di nuova capacità fotovoltaica, 3 GW di nuova capacità eolica, 14 GWh di sistemi di accumulo e la piena operatività delle infrastrutture di rete – incluso il Tyrrhenian Link – permettendo al contempo la chiusura delle due centrali a carbone (Fiume Santo e Sulcis) ancora oggi presenti sull’isola.

«Lo studio – sintetizza il Coordinamento Free – evidenzia come lo scenario 100% rinnovabile determini una significativa riduzione dei costi dell’energia elettrica: il prezzo zonale scenderebbe del 39% entro il 2030 (66 €/MWh rispetto a 106,2 €/MWh medi del 2024), che per una famiglia tipo si tradurrebbe in un risparmio in bolletta pari al 20%, stimato in circa 80 €/a su una bolletta media di circa 400 €/a».
Al contempo le emissioni climalteranti crollerebbero del 62%, mentre la superficie agricola sarda da destinarsi ai pannelli fotovoltaici si fermerebbe allo 0,4%; lo studio sottolinea inoltre l’importanza strategica del biogas agricolo – in grado di coprire fino al 10% della domanda industriale di gas per calore – con la valorizzazione energetica dei sottoprodotti che offrirebbe nuove opportunità economiche a imprese agricole e distretti produttivi.
Nello studio dei tre Atenei, la piena decarbonizzazione dell’isola sarebbe raggiunta nel 2050, rendendo la Sardegna un polo di produzione di energia verde (elettricità, idrogeno ed e-fuel) declinato in tre scenari: uno prevede l’uso locale prevalente dell’energia e combustibili rinnovabili prodotti in Sardegna, un secondo dà un ruolo rilevante della raffineria Sarlux per generazione di e-fuel, il terzo invece persegue “l’ottimo economico”, che di fatto massimizza anche il ruolo delle rinnovabili e della raffineria.
Nello scenario ottimale, la riconversione della raffineria Sarlux in una bioraffineria per la produzione di combustibili sintetici (e-fuel) da idrogeno verde è cruciale. Questa riconversione permetterebbe di mantenere il peso strategico della raffineria (che oggi ammonta a circa il 20% della produzione nazionale di carburanti), salvaguardando l'occupazione e posizionando la Sardegna nel mercato dei combustibili sostenibili.
«La configurazione di “ottimo economico”, che di fatto massimizza anche il ruolo delle rinnovabili e della raffineria, è la migliore – concludono dal Coordinamento Free – non solo sotto al profilo ambientale, ma anche per quanto riguarda gli aspetti socio economici. In questo scenario, in 25 anni (2025-2050), si attivano investimenti per 36 miliardi di euro, si generano 16.180 posti di lavoro temporanei annui e 12.255 permanenti al 2050, contro i 4.449 e 6.260 permanenti generati delle altre due configurazioni. Anche le ricadute economiche sono maggiori nello scenario di “ottimo economico”, con la generazione di valore aggiunto al 2050 pari a 776 Mln €/a contro 259 M€/a e 375 M€/a delle altre due ipotesi».
