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Guterres (Onu): «Meno dell’1% dei bilanci governativi destinati alla riduzione del rischio»

Disastri naturali, per il mondo un costo da 2,3 trilioni di dollari l’anno. Con l’Italia in prima fila

A causa degli eventi meteo estremi l’Italia ha subito danni per 135 miliardi di euro dal 1980 e 38mila morti dal 1993
 |  Prevenzione rischi naturali

Nata per volere dell’Assemblea generale dell’Onu nel 1989, oggi 13 ottobre si celebra la Giornata internazionale per la riduzione del rischio dei disastri naturali, conosciuta in tutto il mondo come International day for disaster risk reduction: un’occasione per riflettere sulla sempre maggiore frequenza e consistenza con cui si verificano le catastrofi naturali, soprattutto in un Paese particolarmente esposto come l’Italia.

«Con l’accelerare della crisi climatica, i disastri si moltiplicano e si amplificano devastando vite e mezzi di sussistenza, cancellando in un istante decenni di progressi nello sviluppo. Il costo per l’economia globale è sconcertante: si stima raggiunga i 2.000 miliardi di dollari all’anno, se si considerano anche i costi indiretti – spiega il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres – Eppure, i finanziamenti per ridurne le conseguenze restano pericolosamente bassi. Solo il 2% degli aiuti allo sviluppo e spesso meno dell’1% dei bilanci governativi sono destinati alla riduzione del rischio di disastri. Non è solo una lacuna, è un errore di calcolo. Ogni dollaro investito in infrastrutture resilienti nei Paesi in via di sviluppo fa risparmiare 4 dollari quando si verificano disastri».

Mentre i costi diretti dei disastri naturali ammontavano in media a 70-80 miliardi di dollari all'anno tra il 1970 e il 2000, tra il 2001 e il 2020 questi costi annuali sono aumentati fino a quota 180-200 miliardi di dollari, ma il costo reale è molto più alto: secondo il Global assessment report on disaster risk reduction 2025, il costo reale dei disastri ammonta a circa 2,3 trilioni di dollari all’anno, undici volte superiore alle sole perdite dirette. L’Europa e l’Italia, dove il surriscaldamento del clima corre a velocità doppia rispetto alla media globale, sono particolarmente esposti a danni da catastrofi naturali.

Secondo i dati messi in fila dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), il Paese con le perdite economiche totali più elevate da eventi meteo estremi tra il 1980 e il 2023 è la Germania, con 180 miliardi di euro. Seguono Italia (135 miliardi di euro), Francia (130 miliardi di euro), Spagna (97 miliardi di euro) e Polonia (20 miliardi di euro); considerando solo le perdite per questo secolo (ovvero dal 2001), gli stessi quattro Paesi (Germania, Italia, Francia e Spagna) registrano i dati più elevati. Per quanto riguarda invece i dati legati ai decessi da eventi meteo estremi, il Climate risk index parla di 38mila morti in Italia dal 1993, ponendo l’Italia al quinto posto nella classifica globale.

Del resto i dai Ispra certificano che il 94,5% dei Comuni italiani è a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe: in particolare, quasi 6 milioni di italiani vivono in aree a rischio frane, anche perché le oltre 636mila frane dell’Italia sono i due terzi di quelle censite in tutta Europa.

Che fare? Per affrontare davvero i soli eventi meteo estremi legati all’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.