Indonesia, Cina e Arabia Saudita. Tre casi della complessità del passaggio verso le città sostenibili
Nusantara. Neom. Xiong’an. Nomi che forse non evocano molto ma rappresentano tre casi di città intelligenti concepite dal nulla per la volontà del leader delle rispettive nazioni: Indonesia, Arabia Saudita e Cina. Progetti avveniristici di uno sviluppo urbano sostenibile, i quali combinando intelligenza artificiale (AI), Internet delle cose (IoT) e governance basata sui dati, promettono ambienti eco-compatibili, trasporti più veloci ed efficienti, infrastrutture digitali su larga scala, e in generale una migliore qualità della vita a bassa impronta ecologica. Tuttavia, il passaggio dall’ideale di città sostenibile alla realizzazione della metropoli è complesso. Alla radice di questi progetti urbani c’è quasi sempre la volontà di dare una risposta tecnologicamente innovativa alle sfide della natura e creare ideali di città più sane, meno congestionate e più resilienti.
Nusantara il nuovo centro amministrativo nell’isola del Borneo che dovrebbe sostituire nel 2029 Jakarta la capitale indonesiana a perenne rischio di inondazione e subsidenza, si trova in una fase di stallo dopo l’avvio nel 2022 in pompa magna dei cantieri da parte del presidente Joko “Jokowi” Widodo. Il suo successore, Prabowo Subianto, al potere dall’anno scorso, è riluttante a dirottare su Nusantara risorse che intende invece destinare ai suoi ambiziosi programmi di welfare (abitazioni sociali, servizio sanitario di base, pasti gratuiti). Tanto più che la sede della futura capitale è stata fortemente contestata dagli ambientalisti per minacciare il fragile ecosistema delle foreste pluviali e ha sollevato l’opposizione delle comunità locali a rischio di sfollamento.
Di Neom, la visionaria megalopoli da 1.500 miliardi di dollari che, su un’estensione quasi pari alla Sicilia, raggruppa insediamenti residenziali, industriali e turistici, si è parlato assai. Promossa dal principe saudita Mohammed bin Salman nel 2021 al confine con l’Egitto e Giordania sulle rive del mar Rosso, la futuribile città a zero emissioni è progettata per essere alimentata completamente da energie rinnovabili, con una rete viaria sotterranea, permacolture verticali, uno stadio pensile a 350 metri di altezza da 46 mila posti per ospitare la Coppa del Mondo 2034. Dell’insieme del progetto è decollato lo scorso ottobre solo l’isola artificiale di Sindalah, un resort di superlusso che stigmatizza il concept di Neom come meno Silicon Valley e più turismo di alta gamma. Un ridimensionamento spiegato da un lato da minori entrate a causa di un mercato petrolifero sottotono (barile sotto 80 dollari), e dall’altro dall’appuntamento dell’Expo Universale 2030 che ha spostato le priorità infrastrutturali dell’Arabia Saudita. Anche Neom finisce nel mirino dei militanti; questa volta di organizzazioni umanitarie che denunciano violenze sugli oltre centomila lavoratori di questo mega cantiere sperduto nel deserto. Secondo l’ONG Human Rights Watch sono immigrati costretti a condizioni simili a quelle di lavoro forzato.
Infine, Xiong'an New Area il progetto urbano cinese denominato “Piano millenario” per la sua visione a lungo termine. Istituita nel 2017 a 100 km a sudovest di Pechino, l’iniziativa urbanistica nasce per alleggerire la congestione della capitale e ambisce a diventare un modello di sviluppo urbano sostenibile. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’insediamento in una città socialista moderna di alto livello entro in prossimo decennio per diventare una città internazionale di primo piano entro il 2050. Nonostante le centinaia di miliardi investiti nelle più avanzate tecnologie e soluzioni ingegneristiche e le sollecitazioni del presidente Xi Jinping, l’attrattiva della città non decolla. Nel 2024 la popolazione stimata di circa 1,2 milioni di abitanti con un taso di accrescimento annuo del 4,83% era decisamente inferiore al target di 2-3 milioni di residenti. Tuttavia, l’orografia particolare di Xiong’an situata in una conca soggetta ad alluvioni, pone la città come un riferimento nel sistema integrato di controllo delle inondazioni e di resilienza urbana alle calamità idrogeologiche.
Fulcro dell’approccio adottato è il ricorso a una soluzione “naturale”: il ripristino del sistema idrico ecologico del vicino lago Baiyangdian. Potenziandone la qualità e capacità di ritenzione funge da gigantesco bacino di laminazione, capace di assorbire l'acqua in eccesso durante le piogge torrenziali. Accanto a questa visione ecologica, la città ha investito in infrastrutture tradizionali. Un'imponente rete di dighe, bacini di contenimento e canali è stata costruita per deviare e gestire grandi volumi d'acqua, proteggendo le aree urbane da eventi alluvionali su vasta scala. Ma la vera peculiarità risiede nel sistema di drenaggio urbano intelligente che attesta Xiong’an come “città spugna”. Per le strade si nota l'assenza quasi totale di tombini in superficie perché l'intera area è dotata di un complesso sistema sotterraneo, progettato per prevenire inondazioni che si verificano una volta ogni 200 anni. L'innovazione tecnologica si estende anche alla gestione delle acque in tempo reale. Sistemi intelligenti monitorano costantemente i livelli dell'acqua e le condizioni meteorologiche, permettendo di prevedere potenziali eventi alluvionali e di coordinare il rilascio controllato dell'acqua dai bacini. Infine, attraverso l'uso sostenibile del suolo e gli spazi verdi, Xiong'an combina superfici permeabili e zone umide urbane che non solo assorbono l'acqua piovana e riducono il deflusso superficiale, ma migliorano anche la sostenibilità e la qualità della vita cittadina.