
Traffico ferroviario ancora bloccato per sciopero, mentre alla cura del ferro mancano miliardi di euro

Nella serata di ieri, le sigle confederali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa Ferrovie e Fast Confsal hanno sottoscritto l’intesa per il rinnovo del contratto nazionale della Mobilità/Attività ferroviarie e del contratto aziendale di secondo livello del gruppo Fs, entrambi scaduti a fine 2023. L’accordo prevede un aumento medio di circa 230 euro mensili ed è stato raggiunto dopo un confronto durato 18 mesi, ma non è bastato ad evitare lo sciopero in corso per tutta la giornata di oggi.
Proclamato dai sindacati autonomi Usb e Sgb – coinvolgendo il personale di Trenitalia, Trenord e Italo – per ottenere un adeguamento contrattuale in grado di recuperare il potere d’acquisto e migliorare le condizioni lavorative, sta bloccando la circolazione ferroviaria in tutta Italia (l’elenco dei treni a lunga percorrenza e regionali garantiti è indicato da Trenitalia).
Si tratta dell’ennesimo sciopero ferroviario, in un contesto che vede una cronica carenza d’investimenti per la mobilità su ferro, che dovrebbe invece rappresentare un caposaldo della transizione ecologica per il comparto trasporti. Che fare? Il nuovo rapporto “MobilitAria 2025”, presentato ieri da Kyoto Club e dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia) mette in fila alcune priorità per colmare il deficit di trasporto ferroviario locale.
«Serve il completamento dei nodi ferroviari – si legge nel report – nuovi treni per i pendolari, l’incremento dei contratti di servizio per aumentare i servizi sia nelle aree dense con alta frequentazione, sia nelle aree a bassa densità per garantire accessibilità. Sono stati selezionati investimenti fattibili entro il 2026, ma servono investimenti aggiuntivi sui nodi ferroviari pari a 5,6 miliardi, 500 nuovi treni per i pendolari per 3 miliardi di costo, interventi di adeguamento sulla rete regionale ferroviaria pari a 3,6 miliardi».
