Skip to main content

Altro che ponte, nello Stretto di Messina registrato un nuovo terremoto di magnitudo 2.6

Per realizzare l’infrastruttura sono previsti almeno 13,5 miliardi di euro tutti a carico dello Stato, mentre alla prevenzione antisismica restano le briciole: 250 milioni di euro l’anno
 |  Trasporti e infrastrutture

Alle 6.31 di stamattina, i sismografi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) hanno registrato un terremoto di magnitudo 2.6 nello Stretto di Messina, a 11 km di profondità tra Reggio Calabria e Messina, proprio dove dovrebbe sorgere il fantomatico ponte promosso dal ministro Salvini, in un’area notoriamente ad alta sismicità. Si tratta dell’ennesima scossa avvertita nell’area, come mostra la miriade di dati riassunti proprio dall’Ingv nella mappa a corredo di quest’articolo, dove ogni cerchio rappresenta un terremoto avvenuto a partire dal 1985 (la stella, quello odierno).

Se l’autorità Anticorruzione ha già avvertito il Governo Meloni che il ponte sullo Stretto, così come va delineandosi il progetto, è a rischio infrazione europea, da tempo il geologo e primo ricercatore del Cnr Mario Tozzi – che da tempo su queste colonne ha spietato come quella in progetto col ponte sia «un’opera inutile, costosa e molto rischiosa» – osserva che «si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, però bisogna studiarle bene. Nel caso dello stretto di Messina – argomenta Tozzi –, nel progetto esecutivo, manca una caratterizzazione del campo deformativo di superficie e delle faglie sottomarine. Ci vorrebbe uno studio mesostrutturale ad hoc, non solo la raccolta della letteratura esistente. E ci dovrebbero essere una relazione ufficiale riconosciuta dell'Ingv come istituto e una del Cnr e dell'Enea. Che non ci sono. Faglie appena ristudiate, come quella di Palmi, andrebbero caratterizzate con studi ad hoc. Di questo non vi è traccia. Si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, ma se il contesto costruito non è adeguato antisismicamente, un ponte che rimane in piedi dopo un terremoto unirebbe due cimiteri.
Si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, ma la ferrovia non passa in quelli più lunghi. Siamo sicuri che qui l'alta velocità passerebbe e non scopriremo, all'ultimo, che non si può fare?».

«Vista l'area interessata e visto il progetto di metropolitana connesso – aggiunge ancora Tozzi – diventa sempre più stringente il bisogno di uno studio mesostrutturale nelle due province interessate dal Ponte Contro lo Stretto di Messina. Ottimo valutare la letteratura scientifica esistente, notevoli gli esperti accreditati, ma ci vuole uno studio ad hoc che produca decine di migliaia di dati. Perché non è stato fatto? Ci si aspettano anche relazioni ufficiali di Ingv e Cnr, come organismi terzi non coinvolti nel progetto».

Al di là del contesto locale, è utile ricordare come in occasione della VII Giornata nazionale della prevenzione sismica, organizzata da fondazione Inarcassa insieme al Consiglio nazionale degli ingegneri e a quello degli architetti poco prima di Natale, è emerso che oggi in Italia sono circa 18 milioni gli immobili a uso residenziale a rischio sismico e che necessiterebbero di interventi immediati, una grande opera di manutenzione straordinaria che richiederebbe una spesa di 219 miliardi di euro, tenendo conto delle diverse aliquote a seconda del rischio sismico e delle agevolazioni del Sismabonus. Servirebbero, quindi, poco più di 7 miliardi di euro all’anno per 30 anni per mettere in sicurezza il nostro patrimonio immobiliare e per mitigare il rischio. Nell’occasione, il ministro Pichetto ha annunciato l’avvio del «Piano nazionale per la prevenzione sismica, un programma che parte con la dotazione di 250 milioni di euro, destinato a durare almeno 10 anni». Ovvero, lo stanziamento del Governo Meloni rappresenta lo 0,1% del necessario per gli investimenti contro il rischio sismico; venisse mantenuta dunque la promessa di replicarlo per un decennio, si arriverebbe appena all’1%. Eppure per il ponte sullo Stretto di Messina ci sono almeno 13,5 miliardi di euro tutti a carico dello Stato – senza che sia neanche definito l’intero progetto esecutivo

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.