Il settore componenti auto dell’Ue: puntare sull’innovazione, senza svolta a rischio 350 mila posti di lavoro
Altro che rivedere semplicemente lo stop alle vendite di auto alimentate a benzina e gasolio nel 2035, come vogliono alcuni paesi dell’Ue e i gruppi conservatori presenti a Bruxelles e Strasburgo. Se l’Europa ha un problema urgente da affrontare non riguarda quel che succederà tra 10 anni, né tra le soluzioni da adottare in tempi rapidi c’è un ennesimo segnale di condiscendenza verso i combustibili fossili, continuando ad applicare vecchie ricette a un settore che è in frenetica evoluzione a livello mondiale. L’European association of automotive suppliers (Clepa) ha appena lanciato un allarme ben specifico, che tra l’altro dovrebbe incentivare i vertici comunitari ad accelerare sul fronte dell’innovazione, non ad attardarsi su battaglie di retrovia. I fornitori di componentistica (la Clepa ne rappresenta 3000 sparsi in tutto il continente) spiegano in un lungo e dettagliato report che l'Europa si trova attualmente ad affrontare uno svantaggio in termini di costi fino al 35% rispetto ad altre regioni, dovuto all'aumento dei costi di materiali, energia e manodopera, oltre a regimi normativi e di emissioni di carbonio più severi, che però non sono il cuore del problema. Se non affrontata, questa situazione potrebbe ridurre la creazione di valore nel settore dei componenti per auto del 23% e mettere a rischio 350.000 posti di lavoro entro il 2030.
Il problema non è l’innovazione, che semmai è la soluzione alla crisi in atto. Il settore chiede alla Ue un intervento chiaro «per invertire la tendenza alla delocalizzazione e proteggere i posti di lavoro nel settore manifatturiero». Ciò include una regolamentazione delle emissioni di CO2 a impatto zero sul piano tecnologico, che supporti una gamma di soluzioni a basse emissioni come veicoli elettrici a batteria, idrogeno e carburanti sostenibili. Il prossimo "pacchetto settore auto" della Commissione Europea, previsto per il 10 dicembre, per Clepa «rappresenta un momento cruciale per adottare misure decisive che rafforzino le catene di approvvigionamento e la competitività» perché c’è il rischio che il Vecchio continente «possa perdere la sua spina dorsale industriale, mettendo a repentaglio posti di lavoro e la sua leadership nella mobilità pulita e nell'innovazione».
Il punto è accelerare sulle tecnologie legate alla mobilità sostenibile. Se da un lato infatti Clepa indica che le dipendenze della filiera dei veicoli elettrici riducono la quota di valore della Ue, dall’altro la soluzione sta nell’aggiornare le strategie di produzione. Attualmente la maggior parte dei componenti per i veicoli a combustione interna assemblati in Europa continua a essere di origine locale. Circa l'85% dei componenti viene prodotto all'interno dell'Unione, con il 76% del loro valore totale creato all'interno della regione. Per i veicoli elettrici a batteria l'approvvigionamento interno rimane comparabile all'83%, ma la quota di valore creato in Europa è inferiore, attestandosi in media al 70% (escluse le batterie), poiché la catena del valore più ampia si basa ancora su input provenienti da altre regioni. Il punto è diminuire le dipendenze da altre regioni. Tra i gruppi di componenti, la creazione di valore nella Ue è più elevata per telaio, carrozzeria esterna e sistemi interni. Con l'avvicinarsi della produzione al gruppo propulsore, la quota di valore regionale diminuisce, scendendo a circa il 50% per i sistemi elettrici ed elettronici sia nei veicoli a combustione interna che in quelli a batteria.
Poi l'Europa si trova ad affrontare uno svantaggio di costo del 15-35% nei componenti chiave. L'aumento dei costi di materiali, energia e manodopera, unito a un'inflazione persistente e a normative gravose, ha pesato notevolmente sulla produttività. L'analisi di 36 gruppi di componenti automobilistici, indica Clepa, mostra uno svantaggio di costo compreso tra il 15 e il 35% rispetto alle regioni asiatiche con i costi più bassi e ai centri di produzione vicini. Inoltre, l'Europa deve competere con regioni in cui l'intera catena di approvvigionamento beneficia di ingenti sussidi pubblici, minori costi delle emissioni di carbonio e normative ambientali meno severe.
«Se le tendenze attuali dovessero continuare, la creazione di valore in Europa nel settore dei ricambi per auto potrebbe ridursi fino al 23% entro il 2030: questo calo riflette sia i minori volumi di produzione sia la riduzione del valore per componente, dovuta al cambiamento del mix di propulsori e alla delocalizzazione del valore all'estero», viene sottolineato puntando il dito sull'impatto significativo che ciò avrebbe sull'occupazione. La soluzione per l’Europa, di nuovo, non può essere la difesa dei tradizionali motori a combustibili fossili ma lavorare per mantenere la «leadership nella mobilità pulita e nell'innovazione».