Arcipelago toscano, i muretti a secco protagonisti per la resilienza del paesaggio
Le pietre non parlano, ma raccontano. Nei terrazzamenti e lungo i sentieri dell’Arcipelago Toscano, i muretti a secco sono capitoli aperti della storia contadina e testimoni silenziosi di un sapere che oggi si rivela prezioso per l’ambiente. Con questo spirito il Parco nazionale Arcipelago toscano sta portando avanti il secondo lotto di un ampio progetto di riqualificazione, attualmente in corso a Marciana, sull’Isola d’Elba.
L’iniziativa, sostenuta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica nell’ambito dei fondi destinati alla riqualificazione delle infrastrutture verdi nei Parchi nazionali, prevede il recupero di 700 metri cubi di murature a secco e il consolidamento di 200 metri quadrati di paramenti murari in contesti paesaggistici fragili. Dopo l’intervento sull’Isola di Capraia, il cantiere si è spostato lungo i sentieri storici che circondano Marciana e nella valle di Pomonte, con un impegno economico che per l’Elba supera i 500mila euro, su un totale di 1,366 milioni.
Sul sentiero 101, che collega Marciana all’eremo di San Cerbone, si possono già vedere tratti di muro rinati grazie a tecniche fedeli alla tradizione: incastri senza malta, pietra locale e proporzioni armoniche.
«Oltre al valore storico e paesaggistico – spiega il Direttore del Parco, Maurizio Burlando – i muretti a secco svolgono funzioni ecologiche e idrauliche fondamentali: rallentano il deflusso delle acque piovane, favoriscono l’infiltrazione nel terreno, contrastano l’erosione e stabilizzano i versanti. Sono, in sostanza, infrastrutture verdi ante litteram, oggi tornate al centro dell’attenzione anche grazie alle politiche europee sulle Nature-Based Solutions. La loro presenza – prosegue Burlando – favorisce inoltre la biodiversità locale, offrendo rifugio a insetti, piccoli rettili e specie vegetali che trovano tra le fessure del muro un microclima ideale».
Una cura che parte dallo studio di ogni singolo tratto: «Gli interventi previsti dal Parco sono realizzati con la massima cura – sottolinea l’Arch. Giovanni De Luca, responsabile dell’Ufficio Tecnico del Pnat –. Si lavora esclusivamente con pietra locale, rispettando geometrie, proporzioni e metodi costruttivi originari. Ogni cantiere parte da una valutazione tecnica puntuale delle condizioni del muro, per garantire il recupero più fedele possibile. Laddove necessario, si procede con il consolidamento della base e il ripristino della parte sommitale, spesso danneggiata o divelta».
Terminato l’intervento a Marciana alta, i lavori si sposteranno a Pomonte, per poi raggiungere in autunno l’Isola di Pianosa.
Per il Parco, la riqualificazione di questi manufatti non è un ritorno al passato, ma un investimento sul futuro: strutture nate per sostenere i versanti agricoli diventano oggi baluardi di resilienza ambientale, patrimonio riconosciuto dall’Unesco e parte viva del paesaggio mediterraneo. Restituire loro solidità significa anche restituire identità, protezione e bellezza ai luoghi.