
Siccità? Non mancano le piogge ma investimenti e manutenzione. A “Mi manda Rai 3” si parla di acqua con D’Angelis e Grassi

L'estate non è lontana e in alcune zone nella provincia di Agrigento, per esempio, riemerge l’incubo della siccità. Erasmo D’Angelis, che già la scorsa estate ha dedicato una serie di analisi all’acqua «scomparsa» in Sicilia non per mancanza di piogge ma per abbandono di dighe, reti di acquedotto, impianti, depuratori, torna a parlarne nel corso di un ampio servizio che la trasmissione televisiva “Mi manda Rai Tre” ha dedicato alla questione.
Siccità, grande sete, razionamento dell’acqua: il programma mette in fila tutte le aperture di servizi andati in oltra la scorsa estate. Spiega il nostro direttore editoriale: «L’Italia è in realtà ricca di infrastrutture che questo problema potrebbero risolverlo, dighe che dovrebbero occuparsi dell'accumulo di acqua durante i periodi più piovosi per poi metterla a disposizione dei cittadini in estate e nei momenti più caldi: ce ne sono 526, ma 147 sono ad invaso limitato e altre 80 restano in attesa di collaudo».
Ogni anno lo stesso problema, ed è una notizia alla quale cominciamo ormai ad abituarci, commentano gli autori del servizio. Quello che forse viene ignorato dalla maggior parte delle persone è che siamo seduti su quantità faraoniche di acqua. Spiega sempre D’Angelis: «Il paradosso parte dalla piovosità del nostro Paese». Ecco il dato, che fa dell’Italia forse lo stato più piovoso d’Europa: 300 miliardi di metri cubi di piogge all’anno. Ovvero 11 volte il nostro fabbisogno, che si attesta su 26 miliardi di metri cubi.
È quindi evidente che stiamo parlando non di un problema di scarse precipitazioni, ma di un problema di rete.
«Nei bilanci dello Stato – sottolinea D’Angelis nel corso servizio televisivo – l’acqua come investimento vale tra l’1 e il 2%. Rispetto agli altri servizi a rete fa la parte della Cenerentola». Ed ecco a questione dighe: sono 526 quelle grandi sparse sul territorio nazionale e tutte insieme basterebbero a soddisfare la metà dei metri cubi necessari al paese: 14 su 26.
Basterebbero? Se funzionassero, certo. Perché poi molte sono obsolete e non ricevono la necessaria manutenzione, o serve risanarle o sono in attesa di collaudo o, ancora, sono a esercibilità non consentita, fuori esercizio e via dicendo. Eccolo il problema, che riduce drasticamente quella cifra che, sulla carta, sembra poter garantire una soluzione al problema.
Nel corso della trasmissione televisiva viene intervistato anche Mauro Grassi, firma di prestigio della nostra redazione nonché ex direttore di Italia Sicura: «È vero che il cambiamento climatico sta causando fenomeni di siccità sempre più diffusi in Italia e nel resto d’Europa – spiega Grassi - tuttavia, il servizio andato in onda su Mi Manda Rai Tre dedicato al tema delle dighe e dei dissalatori chiarisce con forza che, in gran parte del Paese, la vera emergenza è rappresentata dalla cronica inadeguatezza delle infrastrutture idriche. Molti impianti non ci sono, dopo anni di progetti e di false partenze, altri non sono mai stati completati, dopo decenni di progetti e annunci, o sono stati lasciati deperire, privi di manutenzione e aggiornamenti tecnologici, e per questo lavorano al minimo delle loro potenzialità. Il servizio è illuminante e mostra come non si possa attribuire la crescente crisi idrica esclusivamente al cambiamento climatico, ma anche – e soprattutto – a gravi responsabilità gestionali e politiche».
