Depurazione acque reflue, in Italia gli investimenti salgono a quota 1,5 miliardi di euro l’anno
La nuova direttiva europea sulle acque reflue, che va a modificare quella in vigore dal 1991, è stata approvata definitivamente nel 2024 e dovrà essere recepita nell’ordinamento italiano entro il 2027, accelerando non poco l’incremento degli investimenti già in atto lungo il comparto.
Secondo i dati messi oggi in fila dalla Community Valore Acqua di TEHA (The European House – Ambrosetti), nell’ultimo anno l’Italia è stato il terzo Paese dell’Unione Europea per investimenti nella depurazione dell’acqua: circa 1,5 miliardi di euro, meno dei 3 miliardi di Germania e dei 2 della Francia, il 13% annuo in più rispetto al 2020, ma la nuova direttiva europea 2024/3019 impone adeguamenti a oltre 150 impianti del nostro Paese.
Ampia l’incertezza sugli investimenti necessari: Ambrosetti parla ad esempio di costi stimati tra i 4,4 e gli 8,5 miliardi di euro, le stime di Utilitalia oscillano tra un minimo di 1,6 e un massimo di 6,1 miliardi di euro, la Commissione Ue si ferma a 1,2 miliardi di euro.
«Ogni anno – argomenta Benedetta Brioschi, partner TEHA – entrano nei depuratori italiani 6,7 miliardi di metri cubi d’acqua e di questi 4,7 sono trattati in modo completamente sicuro, ma la nuova direttiva impone nuovi standard di qualità e nuovi obblighi riguardo al trattamento e monitoraggio dei micro-inquinanti, i Pfas, composti chimici usati in molti prodotti industriali che i processi convenzionali oggi non riescono a rimuovere».
In virtù della Responsabilità estesa del produttore (Epr), dal 2028 le aziende farmaceutiche e cosmetiche dovranno finanziare per almeno l’80% l’introduzione di questi trattamenti quaternari, che i gestori idrici dovranno obbligatoriamente realizzare negli impianti di depurazione che trattano almeno 150.000 abitanti equivalenti (sempre) e negli impianti di depurazione sopra i 10.000 abitanti equivalenti (se in aree sensibili). Questo anche se, di fatto, l’azione più efficace ed efficiente da mettere in campo sarebbe quella della prevenzione: non usare a monte, nei cicli produttivi, inquinanti come i Pfas.