Cresce la sete nel mondo, l’acqua rinnovabile procapite è diminuita del 7% in 10 anni
La disponibilità di acqua rinnovabile, ovvero la quantità di acqua dolce che ogni anno viene reintegrata nei fiumi e nelle falde acquifere attraverso le precipitazioni, è in calo: nell’ultimo decennio è andato perso il 7% a livello globale – come emerge dall’AQUASTAT Water Data Snapshot del 2025 dell’Onu – passando da 5.326 a 5.719 metri cubi procapite.
La maggior parte dei prelievi a livello globale, circa il 70%, proveniva da fonti di acqua superficiale, mentre il 23% proveniva da acque sotterranee. Sessantasei paesi hanno destinato più del 75% del loro prelievo totale di acqua dolce all'agricoltura, che rimane il settore che consuma più acqua, rappresentando circa il 72% dei prelievi di acqua dolce a livello globale. Seguono i settori industriale e dei servizi, rispettivamente con il 15% e il 13%.
Il rapporto mostra anche come la disponibilità e la domanda di acqua stiano cambiando nelle diverse regioni. In Africa settentrionale, Asia meridionale e Asia occidentale le risorse di acqua dolce pro capite sono le più basse, con Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Yemen tra i paesi con la più bassa quantità totale di acqua rinnovabile.
A confronto, l’Italia può dirsi fortunata. Secondo i dati messi in fila dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), nell’ultimo anno quasi il 50% dell’Italia (prevalentemente sud Italia e isole maggiori) è stato colpito da siccità, mentre al nord è piovuto il 40% in più rispetto alla media.
L’acqua di per sé non manca – sebbene il trend della disponibilità idrica sia decrescente –, ma il problema è che le precipitazioni sono sempre più concentrate nel tempo e nello spazio. Per rendere la complessità della situazione, da anni circolare il dato per cui in Italia raccoglieremmo solo l’11% dell’acqua piovana, ma si tratta di un’approssimazione mediatica che non rispecchia la realtà dei fatti.
Quel che sappiamo è che lungo lo Stivale le precipitazioni annue valgono in media 296 mld mc l’anno nel periodo 2010-2023, secondo le stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) sulla base dei dati forniti dal modello Big-bang dell’Ispra, e nel 2024 le precipitazioni sono arrivate a 319 miliardi di metri cubi. E anche nel 2050 le precipitazioni non dovrebbero essere diverse rispetto a quelle del 1951: -4,4%.
Sottraendo dal valore delle precipitazioni quello dell’evapotraspirazione (in forte aumento a causa del riscaldamento globale) il dato si riduce oggi a circa 140 mld mc/a, ovvero la disponibilità idrica (internal flow), mentre i prelievi idrici per uso antropico si fermano a 34. Considerando anche i fabbisogni per la vita ecologica di fiumi e laghi ad oggi l’Italia vanta un surplus idrico stimato in 63,6 mld mc/a, che nel 2050 dovrebbe ridursi a 35,5 mld mc/a. Quasi dimezzato, ma comunque un surplus.
Che fare? «Dobbiamo puntare su una manutenzione più efficace delle reti e sulla realizzazione di nuovi invasi», evidenzia Annamaria Barrile, direttrice generale di Utilitalia, sottolineando poi la situazione critica dell’agricoltura: «Il riuso dell’acqua è una pratica già esistente, ma ancora troppo poco diffusa».
Serve un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, di cui si parla sempre dopo ogni siccità o alluvione, per dimenticarsene subito dopo. In Italia spendiamo 7 mld di euro all’anno di risorse pubbliche e da tariffa per la gestione di tutti gli aspetti idrici, mentre ne servirebbero 10 in più, secondo le stime elaborate dalla Fondazione Ewa; volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni). Al contempo occorre migliorare il contributo dell’Italia alla decarbonizzazione, perché in un pianeta in surriscaldamento continuo la disponibilità idrica non potrà che continuare a diminuire.
A che punto siamo? Il Governo ha costituito una cabina di regia, nominato un Commissario straordinario e individuato 418 progetti per una spesa complessiva di 12 mld, ma solo 1 è già stanziato.