Tagliare i boschi lungo i fiumi? Durante le alluvioni aumenta la velocità delle piene
L’Unione Comuni montana Colline Metallifere ha chiesto al Parco della Maremma un parere sul taglio della vegetazione ripariale in un’area di 19 ettari lungo il fiume Ombrone – una zona contigua alla zona tutelata e a uno dei siti Natura 2000 –, dando all’Ente parco l’occasione per riflettere sulla protezione e la conservazione dell’ecosistema in occasione di interventi di disboscamento.
«La richiesta – spiega Simone Rusci, presidente del Parco della Maremma -, che ha portato il nostro comitato scientifico a riunirsi, è stata occasione per esaminare di nuovo una serie di dati alla luce delle norme in vigore e riflettere sugli interventi di taglio sulla vegetazione ripariale o comunque prossima ai corsi d’acqua».
Il parere richiesto al Parco della Maremma riguarda una zona di circa 19 ettari, lungo il corso dell’Ombrone, nell’area contigua alla zona tutelata e a uno dei siti Natura 2000. «L’intervento che si intende realizzare – continua Rusci - ci fornisce l’occasione per riflettere sulla gestione delle aree boschive, in particolare di quelle prossime ai fiumi, spesso controversa. Nello specifico, vista la prossimità della zona che potrà essere soggetta a disboscamento a un’area dei Natura 2000, il comitato scientifico ha, oltre allo ‘screening di incidenza ambientale’ già presentato, richiesto una Vinca, ‘Valutazione d’Incidenza appropriata strumento fondamentale per comprendere gli esiti sulla fauna e sulla flora, oltre che sulla sicurezza idraulica, di qualsiasi piano o progetto non direttamente inerente alla conservazione dei siti: gran parte della normativa in vigore per le aree golenali e dell’alveo dei fiumi, infatti, tiene conto di valutazioni di tipo forestale, mentre è necessario attribuire a queste aree un significato ecologico molto più profondo».
Proprio lo scorso anno, per un intervento portato avanti sull’argine e nell’alveo dell’Ombrone, l’ente Parco fu chiamato in causa, a posteriori, e si aprì un dibattito con una contrapposizione netta tra chi riteneva dannoso il taglio e chi lo sosteneva. «È un dato di fatto – dice Rusci – che l’aumento del 30% della superficie boscata nel nostro Paese vada gestito, ripristinando, anche attraverso il taglio, aree agricole, pascoli e radure fondamentali per molte specie animali. Ma non tutte le zone sono uguali e i tipi di vegetazione presenti assolvono a funzioni molto diverse. I boschi planiziali e la vegetazione ripariale hanno un ruolo fondamentale per l’ecosistema e sono progressivamente scomparse a causa dell’attività umana: per questo non possono essere trattate come ‘semplici boschi’ e serve una revisione del quadro normativo che le tutela».
Le ricadute sull’ecosistema legate ad azioni di taglio, come precisa il comitato scientifico, possono essere dannose sul corridoio ecologico rappresentato dal corso del fiume Ombrone, sulla vegetazione e sulla fauna, compreso quella ittica. «Il taglio della vegetazione ripariale – spiega il professor Rossano Massai, presidente del comitato scientifico e docente dell’Università di Pisa – aumenta la velocità di arrivo a mare delle piene, con possibili danni degli habitat fluviali a valle degli interventi e su quelli costieri, modifica il profilo del fiume e può comportare la cancellazione di alcune tracce dell’attività antropica portata avanti nei millenni. A questo si aggiunge la funzione di connettività ecologica tra aree costiere e interne: tra queste ultime, infatti, le zone coltivate adiacenti al fiume non possono assolvere alla funzione importantissima di corridoio per le numerosissime specie presenti».
Un impatto altrettanto negativo, documentato anche dagli studi degli ornitologi Sandro Piazzini e Francesco Pezzo, è quello sulla fauna che frequenta in modo stanziale o temporaneo la vegetazione arbora ripariale, come uccelli, compresi i migratori, e mesomammiferi, e le zone fluviali, dove si riproducono gli anfibi e che possono essere frequentate dalla tartaruga palustre “Emys orbicularis”.
«Studi recenti in boschi ripariali soggetti a taglio nella Toscana meridionale – continua Massai – mostrano che a oltre 20 anni dal disboscamento gli effetti sulla vegetazione sono ancora evidenti e si assiste spesso all’invasione di specie alloctone, che si diffondono con l’aumento della disponibilità di luce a seguito del taglio del soprassuolo: dopo il taglio, specie invasive, come la Robinia pseudoacacia’, colonizzano rapidamente le aree e si diffondono, a spese delle specie native, anche nelle zone a valle della porzione di alveo di fiume interessata e quindi, nel caso in oggetto, nell’ultimo tratto del fiume Ombrone, in piena area Natura 2000. La stessa cosa può avvenire tra le specie animali e questo non è auspicabile, trattandosi di una zona prossima alla città di Grosseto».
Per questi motivi, dunque, il Parco ha fatto richiesta della Vinca, una documentazione più approfondita “… a cui si aggiunge la necessità - prosegue Rusci – di avviare una riflessione comune sull’adeguatezza del quadro normativo che disciplina questi interventi: spesso si indica la vegetazione ripariale dei fiumi come causa diretta o concomitante delle sempre più frequenti inondazioni e se ne promuove, quindi, l’esbosco. Ma si sottovaluta l’impatto sugli ecosistemi connessi e sulle zone a valle delle aree disboscate, oltre che sulla stabilità delle sponde fluviali. Per questo, in merito all’intervento che si intende portare avanti nella zona compresa nel piano di ampliamento del Parco, riteniamo necessario e urgente un attento controllo in corso d’opera da parte del Genio civile e del Consorzio di bonifica; chiediamo la possibilità di effettuare un monitoraggio dell’ornitofauna e delle componenti faunistiche, ittiche e vegetazionali nelle aree contigue del Parco, in prossimità del fiume, dopo l’intervento e a qualche anno di distanza, per avere una visione chiara dei disturbi ecologici generati».
«L’Ombrone è il secondo fiume della Toscana per importanza, è un corridoio ecologico fondamentale e l’unico esistente, perché le aree limitrofe sono tutte zone coltivate – conclude Massai – La situazione che stiamo prendendo in esame può diventare un vero e proprio caso di studio: con la Vinca richiesta potremmo avere una serie di dati preventivi all’intervento sulle componenti biotiche e il monitoraggio successivo potrà dare informazioni sull’impatto reale dal punto di vista biologico ed ecologico dell’attività. Tutto questo potrà favorire l’apertura del dibattito che richiediamo, affinché la gestione della vegetazione ripariale dei fiumi venga normata da leggi specifiche, che non tengano conto solo di pratiche di natura forestale, ma anche di altri elementi che sono fondamentali. Il comitato scientifico nell’occasione ha ribadito la necessità di costanti e capillari controlli in corso d’opera da parte degli organi competenti al fine di evitare danni irreparabili causati da mancato rispetto dei vincoli previsti dal processo autorizzativo o per incuria e scarsa professionalità degli operatori».