Qualità tecnica del servizio idrico, a otto anni dall’introduzione restano ancora criticità da risolvere
Negli ultimi anni, il settore idrico italiano ha vissuto una trasformazione profonda nella gestione della qualità del servizio. L’Autorità di Regolazione per l’Energia, le Reti e l’Ambiente (ARERA) ha costruito un sistema regolatorio sempre più articolato per monitorare e migliorare le performance dei gestori del Servizio Idrico Integrato. Si tratta di un percorso ambizioso, avviato a fine 2017 con l’introduzione della Regolazione della Qualità tecnica (RQTI), che ha posto obiettivi chiari di miglioramento e ha costruito un meccanismo di premi e penalità per orientare gli investimenti.
Questo schema rappresenta un cambio di paradigma: non più soltanto controlli ex post, ma un sistema proattivo che incentiva le gestioni virtuose e spinge al miglioramento continuo quelle che presentano criticità. Otto anni dopo il suo avvio, emergono luci e ombre. Se molti gestori hanno colto le opportunità offerte, persistono difficoltà applicative che si traducono in esclusioni dal meccanismo incentivante, penalità economiche e mancato riconoscimento degli sforzi compiuti. La complessità della raccolta dati e le zone d’ombra nella disciplina suggeriscono l’urgenza di adottare strategie preventive di verifica. In questo contesto, strumenti innovativi come l’analisi multicriterio possono aiutare i gestori a mappare la propria situazione e definire azioni correttive per massimizzare i benefici riducendo i rischi.
Il cuore della regolazione: indicatori e meccanismi di incentivo
Il sistema costruito da ARERA poggia su macro-indicatori che misurano aspetti fondamentali: dalla resilienza idrica alle perdite idriche, dalle interruzioni del servizio alla qualità dell’acqua potabile e depurata, fino all’adeguatezza della rete fognaria e alla gestione dei fanghi. Gli Enti di Governo d’Ambito (EGA), per ogni macro-indicatore e per ogni gestione operante nel territorio di pertinenza, individua una classe di partenza, dalla A (eccellenza) alla E (criticità), sulla base dei dati tecnici messi a disposizione del Gestore e validati dal medesimo EGA; obiettivi di miglioramento/mantenimento che il Gestore è tenuto a conseguire (annualmente) sulla base dei target fissati.
Accanto ai macro-indicatori generali, esistono prerequisiti essenziali per accedere al meccanismo incentivante e standard specifici riferiti a profili di continuità del servizio di acquedotto. Il mancato rispetto di uno o più standard comporta l’obbligo di riconoscere indennizzi automatici agli utenti, con importi fino a 90 euro (i.e. 30 euro incrementabili del doppio o del triplo in funzione dell’entità dello sforamento dello standard).
Il meccanismo di premi e penalità si articola in cinque stadi progressivi. Nei primi due vengono premiate le gestioni che raggiungono i propri obiettivi di miglioramento, mentre vengono penalizzate quelle che li mancano. Negli stadi terzo e quarto entrano in gioco valutazioni più sofisticate, come l’intensità degli sforzi rispetto agli altri operatori. Nello stadio quinto, sono previsti solo premi da assegnare alle gestioni in assoluto più virtuose. I premi possono essere significativi, ma lo stesso vale per le penalità, che hanno raggiunto oltre 16 milioni di euro nell’ultimo biennio valutato (2022-2023).

Nel dicembre 2023, ARERA ha ulteriormente affinato il sistema con l’introduzione del macro-indicatore sulla resilienza idrica, l’uniformazione delle classi di valutazione e un tetto massimo alle premialità pari al 15% dei ricavi riconosciuti. È stata rafforzata l’attenzione alla qualità dei dati: entro il 30 aprile di ogni anno, i gestori devono trasmettere un archivio completo e validato di informazioni, corredato da registri dettagliati da conservare per almeno dieci anni.
I rischi economici e operativi
Dietro l’apparente chiarezza del sistema regolatorio si nascondono rischi economici significativi. Il primo riguarda gli indennizzi automatici: nelle aree caratterizzate da criticità strutturali, come alcune regioni del Sud e delle Isole, gli importi dovuti agli utenti hanno raggiunto livelli tali da mettere a rischio la sostenibilità gestionale. In alcuni casi, ARERA ha dovuto concedere esenzioni temporanee.
Un aspetto delicato riguarda gli interventi di manutenzione delle reti. Attività come la ricerca e riduzione delle perdite idriche comportano inevitabili interruzioni temporanee della fornitura che vengono conteggiate negli indicatori di qualità. Il risultato paradossale è che i gestori più attivi nel perseguire obiettivi di efficientamento rischiano di essere penalizzati per gli sforzi compiuti. Questa dinamica si è accentuata con gli interventi di distrettualizzazione finanziati dal PNRR.
Le penalità legate al meccanismo incentivante rappresentano un secondo fronte di rischio. Nell’ultimo biennio, le penalità complessive hanno superato i 16 milioni di euro, con importi medi di circa 95.000 euro ma con punte massime superiori al milione. Esistono poi penalità massime per il mancato invio dei dati: dieci gestori le hanno subite nell’ultimo ciclo, per un totale di 5,9 milioni di euro.
Altrettanto rilevante è il rischio di esclusione dal meccanismo incentivante. Le cause più frequenti riguardano incompletezze o incongruenze nei dati trasmessi, registri incompleti e dichiarazioni non suffragate da evidenze documentali. Nel terzo ciclo di applicazione, queste casistiche hanno interessato un numero crescente di gestori, segno di controlli sempre più stringenti.
Gli esiti del meccanismo e le disparità territoriali
Dopo tre cicli di applicazione, l’ammontare medio dei premi erogati si è attestato intorno ai 140,2 milioni di euro per biennio, a fronte di penalità per circa 13,6 milioni. Il sistema funziona premiando le gestioni virtuose in misura superiore a quanto sanziona quelle carenti. Tuttavia, un’analisi approfondita rivela criticità significative.
La prima riguarda la distribuzione dei premi in relazione alla dimensione aziendale. Il meccanismo tende a favorire le gestioni di piccola scala, che riescono con maggiore facilità a raggiungere gli obiettivi stabiliti. Gestori mono-comunali hanno ottenuto premi proporzionalmente più elevati rispetto alle grandi utilities. Questo crea un effetto paradossale: mentre il legislatore promuove l’aggregazione su scala provinciale, il sistema incentivante sembra premiare la frammentazione gestionale.
Normalizzando i premi per abitanti serviti, si osservano valori di premi che variano da 0,16 euro per abitante per una grande utility che serve oltre 800.000 abitanti, fino a 234 euro per abitante per un piccolo gestore che serve meno di 3.000 utenti. Anche geograficamente emergono disparità: il Nord Italia ha beneficiato della quota maggiore di premi, mentre Sud e Isole hanno subito penalità più significative, riflettendo le difficoltà strutturali di quelle aree.

Trasparenza e analisi multicriterio
Una criticità trasversale riguarda la comunicazione tra regolatore e gestori. Le cause di esclusione dalle premialità vengono comunicate in modo generico, senza indicazioni precise: espressioni come “incompletezza documentale” o “erroneo calcolo”, infatti, non permettono di identificare quale aspetto sia non conforme. Le medesime comunicazioni arrivano inoltre a ridosso delle scadenze, rendendo impossibile correggere le criticità in tempo utile, qualora comprese.
Di fronte a questa complessità, l’analisi multicriterio si propone come strumento per supportare i gestori nella verifica della compliance. L’approccio permette di razionalizzare un processo complesso attraverso criteri multipli: completezza, correttezza, coerenza, congruità e grado di certezza dei dati.
Le verifiche effettuate hanno fatto emergere criticità ricorrenti. La prima riguarda i numerosi passaggi manuali nelle fasi di acquisizione e verifica dei dati, dovuta alla mancanza di supporti informatici integrati. La seconda è l’assenza di procedure codificate per validazione e archiviazione, con indeterminatezza di modalità e tempistiche. Emerge spesso la mancanza di una figura aziendale di riferimento capace di coordinare le diverse aree operative. Da queste vulnerabilità derivano conseguenze dirette: difficoltà nell’estrarre i dati nei formati richiesti, mancanza di univocità nell’interpretazione delle segnalazioni da parte degli utenti, assenza di metodiche codificate per l’archiviazione documentale, e tempistiche non allineate con le scadenze regolatorie.
L’adozione di verifiche basate su analisi multicriterio permette di individuare preventivamente queste criticità e implementare azioni correttive. La formazione del personale, la predisposizione di prassi condivise, l’investimento in sistemi informativi integrati e la nomina di un responsabile regolatorio rappresentano le leve principali per ridurre i rischi.
Conclusioni: opportunità da cogliere, rischi da governare
A otto anni dall’introduzione della regolazione della Qualità tecnica, il bilancio presenta aspetti positivi ma anche criticità che richiedono attenzione. Il sistema ha rafforzato il monitoraggio delle performance, orientato gli investimenti verso obiettivi misurabili e valorizzato le gestioni virtuose. L’introduzione di nuovi indicatori dimostra la volontà del regolatore di adeguare lo schema alle esigenze emergenti.
Tuttavia, le vulnerabilità non sono trascurabili. Sul piano informativo, incompletezze nei dati determinano esclusioni e penalità, rivelando la fragilità dei sistemi di raccolta in molte realtà. Sul piano procedurale, la persistenza di passaggi manuali rende difficile garantire la tracciabilità delle evidenze. Sul piano strategico, la frammentazione gestionale amplifica le disomogeneità e sul piano del meccanismo incentivante appare quasi premiata dal regolatore.
La verifica preventiva della compliance attraverso l’analisi multicriterio rappresenta una risposta concreta. Non si tratta di una semplice verifica documentale, ma di uno strumento di governance che supporta il management nell’individuazione delle aree di miglioramento, nell’ottimizzazione della qualità dei dati e nell’aumento delle probabilità di accedere ai premi.
Per cogliere le opportunità offerte, i gestori devono adottare una strategia proattiva che includa investimenti in sistemi informativi integrati, procedure di data governance formalizzate, verifiche periodiche e formazione continua. Fondamentale è anche il dialogo strutturato con gli Enti di Governo d’Ambito per condividere metodologie e priorità.
Il meccanismo regolatorio offre opportunità economiche e incentivi al miglioramento, che possono essere colti solo attraverso rigorosa qualità dei dati, processi strutturati e strumenti di verifica indipendenti. L’adozione di questi presidi non solo riduce i rischi, ma migliora la capacità di pianificare investimenti sostenibili e contribuire alla transizione verso servizi idrici più resilienti ed efficienti.