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I gestori dei rifiuti contro le norme spazzatura

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Con l’inizio di giugno sono (nuovamente) cambiate le carte in tavola per quanto riguarda la classificazione dei rifiuti pericolosi. Come ampiamente predetto e più volte ricordato anche su queste pagine, a partire dal 1 giugno sono mutate le norme europee: Tali disposizioni (Regolamento UE 1357/2014, che va coordinato con la Decisione UE 2014/955), come peraltro a suo tempo segnalato da Fise Assoambiente, Fise Unire e Atia-Iswa, configgono con quelle nazionali (allegato D, parte IV del D.Lgs 152/06), rendendole incompatibili».

A mancare – specificano le tre associazioni in una comunicazione congiunta – sono soprattutto le indicazioni a livello nazionale, rispetto ai temi lasciati in sospeso dalla stessa Commissione; in particolare, «l’attribuzione della caratteristica di pericolosità “eco-tossico” (HP 14), per la quale si rimanda ad uno studio supplementare. Nell’attesa, sul punto, il Regolamento non fornisce specifici criteri, ma rinvia all’indicazione generica contenuta già nella Direttiva 2008/98/CE. In mancanza di indirizzi certi a livello comunitario, risulta pertanto indispensabile una chiara e univoca indicazione da parte del Ministero al fine di assicurare la prosecuzione della corretta programmazione e gestione dei rifiuti in questione».

«Mentre da un lato si consolida giustamente la volontà di perseguire, sul piano normativo e sanzionatorio, gli smaltimenti illeciti e i reati ambientali – chiosano le tre associazioni – dall'altro le imprese vengono lasciate senza indicazioni certe e senza la possibilità di organizzarsi per tempo per operare in modo legittimo in mancanza della necessaria e doverosa chiarezza su un tema così delicato e cruciale come quello della classificazione dei rifiuti».

È il vecchio, doloroso e irrisolto nodo della certezza del diritto che non c’è, in Italia, e che riemergendo continuamente nella produzione legislativa azzoppa pure le certezze del dovere per quelle imprese sane che vorrebbero poter lavorare a norma di legge, apportando benefici all’economia e all’ambiente. Una voragine nella fiducia tra attori economici, Stato e cittadini che non può rimanere vuota: c’è chi trova sempre il modo di riempirla, e questo qualcuno è in genere la malavita che si dichiara di voler combattere.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.