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Papa Francesco fra multilateralismo, clima, fratellanza e disarmo. L'Abbate: dobbiamo difendere la sua eredità

Numerosi leader europei conservatori hanno iniziato a contrapporre i temi ecologici a quelli della sicurezza economica e della sovranità nazionale
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Noi tutti abbiamo ascoltato le parole di Papa Francesco, almeno una volta, anche chi non è cattolico ha sicuramente riconosciuto la grande saggezza del Pontefice, che nel suo magistero ha avuto la capacità di dialogare con tutti per un unico scopo, tutelare la sua comunità globale. Ma non le abbiamo comprese, e le guerre continuano e anche i nostri Governanti utilizzano fondi su fondi per il riarmo.

Papa Francesco ci ha parlato di pace, di supporto ai più deboli, ci ha fatto capire che la questione climatica e sociale è un tema morale e geopolitico centrale, ma il nostro governo è spesso subordinato a logiche di vecchio stampo economiche che mal si conciliano con la visione integrale proposta da Papa Francesco. E così ci ritroviamo in aula alla commemorazione di un grande uomo, di un grande Papa e aleggia un lieve velo di ipocrisia, grandi elogi certo, ma le sue parole fin ora sono cadute nel vuoto. Si è dato seguito al suo messaggio di pace e di tutela del creato? Non mi sembra.  

L’impatto politico di Papa Francesco va ben oltre l’ambito ecclesiale. Il pontefice ha saputo portare la questione climatica e sociale nei consessi internazionali, dal G7 alle Nazioni Unite, contribuendo a rendere la giustizia climatica un tema morale e geopolitico centrale. Le sue parole hanno influenzato non solo la società civile, ma anche le agende di alcuni governi. Tuttavia in Italia la risposta politica appare ambivalente: se da un lato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) contiene misure per la transizione ecologica, dall’altro persistono segnali di rallentamento nell’attuazione delle politiche climatiche, come i recenti tagli ad una serie di fondi per il clima, o l’aver dimenticato l’economia circolare anche nel Def, il documento di economia e finanza e cosa dire sul rallentamento dello sviluppo dell’energia rinnovabile a vantaggio dei fondi per una tecnologia  nucleare che non esiste e che  se siamo fortunati forse sarà utilizzabile  fra 30 e 40 anni.

Nel panorama globale della crisi climatica e sociale, le tre encicliche di Papa Francesco Laudato si’ (2015), Fratelli tutti (2020) e Laudate Deum (2023) rappresentano un corpus dottrinale e politico di forte rilevanza, non solo teologica ma anche tecnica. In esse si articolano con rigore e profondità i concetti chiave di ecologia integrale, fratellanza universale e multilateralismo efficace, offrendo una visione sistemica dei problemi ambientali e sociali contemporanei.

Nella Laudato si’, Francesco afferma che «tutto è connesso», aprendo al concetto di ecologia integrale, che supera la visione settoriale dell’ambientalismo tradizionale, e chiede dunque un cambiamento radicale nella progettazione urbana, nei modelli energetici e nei sistemi di trasporto, proponendo approcci basati sull’economia circolare e sulle energie rinnovabili.​ ​In Fratelli tutti propone un’etica della fratellanza universale, che implica una responsabilità condivisa verso i più deboli, il cambiamento climatico, infatti, colpisce in modo sproporzionato le popolazioni più povere e meno responsabili delle emissioni, secondo l’International Displacement Monitoring Centre, nel 2023 oltre 31 milioni di persone sono state sfollate a causa di disastri naturali legati al clima.

Nella Laudate Deum, il Santo Padre Papa critica esplicitamente l'inazione politica e le false narrazioni che minimizzano il cambiamento climatico, richiama la necessità di decisioni vincolanti e cooperative, invitando a rafforzare il multilateralismo come strumento indispensabile per affrontare emergenze globali. In questo contesto, il Green deal europeo era l’ambiziosa strategia della Commissione per rendere l’Ue climaticamente neutra entro il 2050, avrebbe potuto rappresentare una concreta attuazione dei principi di ecologia integrale promossi dal pontefice. Tuttavia, nel biennio 2024-2025, le politiche ambientali a livello comunitario invertono la rotta. Le elezioni europee alle porte e la crescente pressione delle lobby spingono i diversi governi fra cui quello italiano a ridefinire la sostenibilità come una “questione ideologica”.

Gli obbiettivi di sviluppo sostenibile Agenda 2030 dell’Onu, confermano come la sostenibilità economica e quella ambientale e sociale viaggiano sullo stesso binario, non si può salvare l’economia e il lavoro se non vengono tutelate le risorse del pianeta: il capitale naturale, ma anche questi obbiettivi sembrano ormai annacquati.

Numerosi leader europei, in particolare provenienti da partiti conservatori, hanno iniziato a contrapporre i temi ecologici a quelli della sicurezza economica e della sovranità nazionale. Le proteste dei trattori in Germania, Francia e Italia sono diventate simbolo di una narrativa che vede nella transizione verde un ostacolo alla produttività, piuttosto che una risorsa strategica. La Commissione ha recentemente ritirato o rinviato alcuni regolamenti chiave sul ripristino della natura e sulla riduzione dei pesticidi, segnando una chiara marcia indietro.

Questo cambio di rotta stride con l’allarme etico e scientifico lanciato da Papa Francesco e dalle principali agenzie climatiche mondiali. La transizione ecologica non è una moda o un’opzione politica, ma una necessità sistemica e irreversibile, come sottolineato nei report Unep, Iea e Ipcc. Ridurre l’ecologia a uno “schieramento ideologico” significa disconoscere la gravità dei fenomeni già in atto: desertificazione, migrazioni climatiche, siccità, eventi meteo estremi.

La morte di Papa Francesco il 21 aprile 2025 segna una svolta emotiva e politica e i ricordi e le stoccate incrociate in aula mostrano quanto il pensiero di Francesco abbia inciso, nel bene e nel dissenso, sulla cultura politica del nostro tempo. La sua eredità rimane viva, ricordiamolo, come stimolo critico e come progetto di civiltà, con il grande insegnamento di diventare fratelli tutti, di coltivare il senso del “noi”, superare la logica geopolitica competitiva a favore di una cooperazione autentica e trasparente. Sarà ascoltato? Non ho molte speranze.

Patty L'Abbate

Patty L'Abbate è attualmente Vicepresidente della Commissione permanente, Ambiente, Territorio e lavori Pubblici della Camera dei Deputati (XIX). Nella scorsa legislatura (XVIII) è stata Senatrice della Repubblica, membro della Commissione Ambiente. È professore di Economia Ecologica e Management alla Magistrale di Economia presso il Dipartimento di Management, Finanza e Tecnologia dell’Università LUM Jean Monnet, Bari e possiede l’abilitazione Scientifica Nazionale di Professore di Fascia II S.S.D. SECS-P/13 in Scienze merceologiche.