
Referendum, la premier Meloni va a votare ma non vota

Tra pochi giorni gli italiani sono chiamati a pronunciarsi su cinque quesiti referendari. E nelle stesse ore in cui sulle pagine del nostro giornale è stato pubblicato un invito ad andare a votare domenica 8 e lunedì 9 giugno, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto sapere che si recherà sì al seggio, ma non ritirerà le cinque schede del referendum. Si tratta di un modo per non contribuire al raggiungimento del quorum che le opposizioni definiscono «vergognoso», «una presa in giro agli italiani», «un trucco per sabotare» l’appuntamento referendario.
La strategia della destra, del resto, è palese. Ignazio La Russa non si è fatto problemi a dire, da seconda carica dello Stato, che diserterà i seggi. Idem il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani, che ha giustificato così la sua scelta di non partecipare al voto: «Non far scattare il quorum è un altro modo di votare». E la premier ha trovato quest’altro modo per non contribuire al quorum del 50% più uno dei votanti, indispensabile perché il risultato del referendum sia valido, quale che sia la percentuale dei sì e dei no espressi dagli elettori: «Vado a votare ma non ritiro la scheda, è una delle opzioni», dice ai cronisti che le chiedono cosa farà domenica prossima.
«Credo che sia una cosa un po’ che sorprende - accusa il leader della Cgil Maurizio Landini - perché di fatto vuol dire non andare a votare, questa è la sostanza. Credo sia un atto un po’ irresponsabile».
La posizione del «vado a votare ma non voto - attacca anche la segretaria del Pd Elly Schlein - è una presa in giro agli italiani» che fa capire che la premier Meloni «teme il raggiungimento del quorum».
E quanto annunciato dalla presidente del Consiglio è tanto più «vergognoso», dice il leader M5s Giuseppe Conte visto che arriva il 2 giugno, mentre si celebra la scelta degli italiani per la Repubblica proprio con un referendum. Una decisione, aggiunge l’ex premier, che «indigna ma non stupisce» visto che la destra nel suo complesso, per non dire della Meloni, che è stata anche ministra della Gioventù nel governo Berlusconi IV (2008), «in quasi 30 anni non ha fatto nulla per tutelare chi lavora e si spacca la schiena ogni giorno, i ragazzi precari che non hanno la fortuna di aver fatto carriera in politica».
