
L’Italia è tra i primi cinque paesi Ue per stabilimenti industriali con migliaia di animali ammassati in spazi ristretti

Le immagini che pubblicizzano il “prodotto” ritraggono placide mucche che brucano l’erba in belle distese verdi, maiali paciosi in amene fattorie, galli e galline che razzolano indisturbate. Ma la realtà è un’altra. In Europa ci sono 22.263 allevamenti industriali di polli e suini, nei quali più di 516 milioni di animali vivono in condizioni drammatiche. E mentre spariscono i piccoli allevamenti, la Commissione europea, alcuni produttori e alcuni eurodeputati starebbero spingendo per aumentare il numero di animali allevati, una pericolosa tendenza che metterebbe a rischio animali, salute umana e ambiente
La denuncia arriva proprio dall’interno dei confini europei. Nuovi dati raccolti e analizzati dal collettivo internazionale di giornalisti AGtivist identificano e mappano per la prima volta gli allevamenti industriali in tutta Europa, in particolare le cosiddette “mega farms”, enormi stabilimenti con una concentrazione particolarmente elevata di animali.
I dati mostrano che in Ue ci sono 10.862 allevamenti di avicoli con almeno 40.000 animali ciascuno (i numeri si riferiscono sia ai polli da carne sia alle galline ovaiole) e 8.854 allevamenti di suini con almeno 2.000 capi ciascuno (di cui 2.547 stabilimenti da riproduzione con scrofe spesso confinate in gabbia).
Dall’analisi emerge che negli ultimi dieci anni sono stati costruiti 2.746 nuovi allevamenti industriali di grandi dimensioni in Ue, con il più alto tasso di crescita in Spagna, dove nell'ultimo decennio sono stati avviati progetti per 1.385 nuovi stabilimenti intensivi. Negli ultimi dieci anni sono stati concessi 5.314 permessi per questi maxi allevamenti.
Mentre questi allevamenti industriali dilagano nell'Ue, quelli di piccole e medie dimensioni stanno rapidamente scomparendo. Tra il 2005 e il 2020, abbiamo perso 5,3 milioni di allevamenti, per lo più di piccole dimensioni, il 44% in 15 anni. La superficie agricola totale è rimasta pressoché invariata, mostrando dunque un processo di concentrazione in grandi strutture, con il conseguente impatto ambientale, di deiezioni, odori e gestione del suolo che tutto questo comporta, oltre all’impatto sugli animali. Nello stesso periodo, il numero di maxi-allevamenti è infatti cresciuto del 56%, con l'8% delle aziende più produttive che ingloba il 63% degli animali allevati nell'Ue. Le disparità di reddito tra piccoli allevamenti e quelli industriali sono aumentate fino a sessanta volte.
Le statistiche chiave dell’analisi mostrano in particolare che l'Italia è tra i primi cinque paesi per gli allevamenti intensivi di suini e di polli combinati (2.146 in tutto) ed è sempre tra i primi cinque paesi anche per maxi allevamenti di suini e di polli singolarmente. La Francia ha il maggior numero di allevamenti intensivi di polli (2.342 allevamenti), mentre la Spagna ha il maggior numero di allevamenti intensivi di suini (2.580 allevamenti di suini da ingrasso e 821 allevamenti di suini da riproduzione). Questo è anche il paese dove, nel corso dell’ultimo decennio, sono sorti il maggior numero di nuovi allevamenti.
Particolarmente problematica è la situazione dei polli all’interno di questi stabilimenti: gli animali sono confinati in ambienti sovraffolati, con ventilazione inadeguata, condizioni igieniche insalubri e nessun accesso allo spazio esterno o alla luce naturale.
Le indagini di AGtivist in Italia, supportate da Essere Animali, hanno messo a nudo le condizioni reali degli animali: in un allevamento di Bergamo, i polli vivono nei loro stessi escrementi e non riescono a reggersi sulle zampe a causa della crescita innaturale dovuta alla selezione genetica volta ad aumentare le dimensioni del petto. A Brescia, gli investigatori hanno visto galline stipate le une sulle altre in spazi ristretti, all'interno di un allevamento in cui le carcasse degli animali venivano lasciate in decomposizione per settimane.
Anche alla luce di questi nuovi dati, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia, Essere Animali e LAV - membri attivi di Eurogroup for Animals, che rappresenta più di cento organizzazioni per la tutela degli animali in Ue – tornano a chiedere l'eliminazione graduale di tutte le gabbie per tutte le specie, l’introduzione di requisiti minimi di spazio, il divieto delle razze a rapido accrescimento, una drastica riduzione della densità di allevamento e l'obbligo legale di fornire arricchimenti ambientali e accesso alle aree esterne. Questi miglioramenti per gli animali dovrebbero essere introdotti nel contesto della revisione delle norme europee per il benessere degli animali negli allevamenti, una normativa risalente a 20 anni fa, inadeguata e non più in linea con le ultime evidenze scientifiche e la cui revisione era stata promessa dalla Commissione europea oltre 600 giorni fa.
«Questa indagine mostra che il numero di maxi allevamenti nell'Ue sta crescendo rapidamente, in contrasto con le promesse di migliorare il benessere degli animali e orientarsi verso un'agricoltura più sostenibile. Questo dovrebbe essere un campanello d'allarme per i decisori a Bruxelles. È importante che la Commissione europea faccia scelte intelligenti e ben informate sul futuro dell'agricoltura. I finanziamenti dovrebbero essere destinati a sistemi agricoli realmente sostenibili, competitivi e resilienti», concludono le associazioni.
