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Giovedì il voto a Strasburgo

Von der Leyen attacca gli «estremisti» che hanno presentato una mozione di sfiducia. In difficoltà Ppe e Fratelli d’Italia

L’iniziativa per come sono stati gestiti i vaccini durante il Covid è partita dall’interno del gruppo Ecr, di cui fa parte anche il partito guidato da Meloni, e chiama in causa non solo la presidente della Commissione Ue ma l’intero esecutivo comunitario. La Lega voterà a favore. Fdi, che pure in passato ha duramente criticato la gestione della pandemia, voterà contro. I Socialisti & Democratici accusano i Popolari di aver dato fiato alla destra con le iniziative anti Green deal
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«We should all deeply be proud of it, and we can never let extremists rewrite history». Ursula von der Leyen interviene al Parlamento europeo e contrattacca sul cosiddetto “Pfizergate”. Dovremmo tutti essere orgogliosi di come è stata gestita la drammatica pandemia da Covid-19, dice. E se ora dalle fila del gruppo di destra Ecr arriva una mozione di sfiducia nei confronti della Commissione Ue per come è stata portata avanti cinque anni fa la pratica dell’acquisto dei vaccini, la presidente dell’esecutivo comunitario accusa gli «estremisti» di voler riscrivere la storia. Lo fa nel corso di una seduta in cui non sono mancati momenti di tensione, con la presidente Roberta Metsola che è dovuta anche intervenire per richiamare all’ordine gli eurodeputati di destra che urlavano e impedivano alla presidente della Commissione Ue di continuare il suo discorso.

Ad accendere la miccia è stato nelle scorse settimane l’europarlamentare Gheorghe Piperea, del partito di estrema destra romeno Alleanza per l’unione dei romeni, che siede nel gruppo Ecr a cui aderiscono anche gli eletti a Strasburgo di Fratelli d’Italia. All’origine della vicenda il caso Pfizer: von der Leyen ha deciso di non rivelare i contenuti dei messaggi che aveva scambiato a suo tempo con il ceo di Pfizer per l’acquisto dei vaccini. A maggio i giudici europei hanno stabilito che la Commissione Ue avrebbe dovuto conservarli, renderli pubblici oppure spiegare perché non intendesse fatto. Da qui la decisione dell’europarlamentare di estrema destra di presentare la mozione di sfiducia che dovrà essere votata dopodomani dal Parlamento europeo.

La vicenda sta creando difficoltà soprattutto tra le fila di Fratelli d’Italia. Per più di una ragione. La prima è che la mozione di sfiducia in realtà è stata presentata non solo contro von der Leyen ma contro l’intera Commissione (la formula messa nero su bianco da Piperea è: «la Commissione guidata dalla presidente Ursula von der Leyen non gode più della fiducia del Parlamento»). E siccome uno dei vicepresidenti è il dirigente di Fdi Raffaele Fitto, gli europarlamentari del partito di Giorgia Meloni hanno deciso di non sottoscrivere la mozione. La stessa Meloni si deve trovare in forte imbarazzo, considerato che in passato (epoca governo Draghi) ha duramente e più volte attaccato il modo in cui l’Ue ha gestito la fase del Covid e la pratica vaccinazioni. Così come la Lega, che però ha già annunciato che voterà a favore della mozione di sfiducia. A costo di essere accusati di incoerenza, gli europarlamentari di Fratelli d’Italia non potranno invece muoversi allo stesso modo. Lo annuncia nel suo intervento a Strasburgo Nicola Procaccini, che oltre a essere un esponente Fdi è anche copresidente del gruppo Ecr: «Parlo a nome dei due terzi dei colleghi dell’Ecr che non hanno sottoscritto la mozione. Non perché non condividessero alcuni motivi di censura, ma perché la considerano un errore, un grande regalo ai nostri avversari politici, proprio nel momento della loro maggiore frustrazione». La mozione, per l’eurodeputato Fdi, è solo «utile ai socialisti e ai verdi, che ne approfitteranno per invocare il ritorno a quella maggioranza Ursula schiava della loro agenda, che ha già causato gravi danni alle famiglie e alle imprese europee».

Procaccini getta la palla in tribuna e tenta di distogliere l’attenzione dalle difficoltà in cui si stanno muovendo in questa partita i vertici di Fratelli d’Italia, ma tocca una questione che effettivamente esiste. Questa mozione di sfiducia verrà sicuramente bocciata e, ulteriore elemento critico per il partito di Giorgia Meloni, questo passaggio potrebbe essere utile per riconfermare che l’unica maggioranza su cui può fare affidamento Ursula von der Leyen è quella fondata sull’alleanza tra Partito popolare europeo e gruppo dei Socialisti & Democratici. Un’alleanza che ultimamente la presidente della Commissione Ue ha contribuito a indebolire, complici una serie di misure passate grazie al supporto garantito da una nuova compagine, fondata sull’asse Ppe e gruppi più a destra dei popolari, come appunto l’Ecr. Non a caso la presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez, che nei giorni scorsi aveva avuto un confronto anche aspro con von der Leyen per il dietrofront della Commissione sulla direttiva anti-greenwashing, intervenendo al Parlamento europeo mette sul piatto questo messaggio: «La mozione presentata dall’estrema destra non riceverà il nostro sostegno. Non perché difendiamo la linea della Commissione, ma perché non daremo un solo voto a coloro che, come Orbán, Le Pen o Abascal, vogliono distruggere l’Unione europea». Non solo Pérez aggiunger che la Commissione è stata infilata in questo passaggio critico per la «resa politica» del Ppe e del suo leader Manfred Weber: «Quante altre volte intenderà allearsi con l’estrema destra prima di riconoscere di non essere più a capo di una famiglia europeista, ma di un progetto alla deriva?». E poi la stoccata finale, a uso e consumo non solo del Ppe, ma anche della stessa von der Leyen, che ne fa parte: «O rispettate l’accordo legislativo, o la socialdemocrazia guiderà la resistenza contro la vostra deriva».

Lo stesso Weber interviene nell’aula di Strasburgo per criticare questa mozione di sfiducia: «A Putin piacerà quello che stanno facendo i suoi amici qui». Il leader del Ppe annuncia anche che giovedì il gruppo voterà «all’unanimità contro questa mozione di censura» e si è difeso sostenendo che in base ai suoi calcoli i Popolari hanno votato il 90% delle volte in linea con la cosiddetta “maggioranza Ursula” e solo il 3% delle volte con le forze più a destra. Difesa tutta da verificare e comunque debole, soprattutto per i vertici dei gruppi S&D e Verdi che su deforestazione, emissioni di auto inquinanti, presunte semplificazioni e, da ultimo, ritiro della direttiva anti-greenwashing hanno visto smontare dall’asse Ppe-Ecr, pezzo dopo pezzo,  gran parte dell’impianto del Green deal approvato nel corso della passata legislatura.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.