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Le ondate di calore riducono l’attività economica e fanno aumentare i prezzi dei prodotti alimentari

È quanto emerge da analisi della Bce. Gli effetti negativi delle alte temperature estive si ripercuotono sulla produzione anche a distanza di molto tempo: è inferiore del 3% quattro anni dopo una siccità ed è inferiore del 2,8% quattro anni dopo un’alluvione
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Il caldo può avere effetti economici significativi, tra l’altro molto diversi da regione a regione. La questione è stata esaminata in un articolo pubblicato sul sito web della Banca centrale europea. Proprio la Bce ha recentemente effettuato un’indagine sugli effetti delle alte temperature sull’attività economica e anche sull’amento dei prezzi dei prodotti alimentari. Se è vero infatti che le ondate di calore che si verificano in primavera, autunno e inverno possono incrementare l'attività economica, se è vero che l'attività edilizia, la crescita delle colture e i pasti all'aperto sono favoriti dalle temperature insolitamente calde di queste stagioni, al contrario, le ondate di calore che si verificano durante le estati già più calde del passato riducono l'attività economica, poiché lo sforzo fisico all'aperto diventa sempre più difficile.

Nell’articolo viene sottolineato che in base alla ricerca della Bce le ondate di calore estive hanno un effetto negativo sull’attività economica di circa l'1%. La la riduzione della produzione, tra l’altro, è prolungata e addirittura si intensifica, raggiungendo un minimo dell'1,5% dopo due anni. La visione tradizionale secondo cui gli eventi meteorologici estremi causano un'interruzione temporanea seguita da un periodo di ripresa non è ben supportata da questi risultati, viene evidenziato. Infatti, la stessa ricerca rileva che la produzione regionale è inferiore del 3% quattro anni dopo una siccità. Ed è inferiore del 2,8% quattro anni dopo un'alluvione.

Scrive l’autore dell’articolo, l’economista della Bce Miles Parker: «Osservando più da vicino come le economie regionali reagiscono a un'ondata di calore, troviamo evidenze di una riduzione della produzione agricola, soprattutto nel breve periodo. L'attività del settore dei servizi è più bassa nel medio termine. Allo stesso tempo, rileviamo un forte aumento degli investimenti e dello stock di capitale nel medio termine, in particolare nelle regioni relativamente più calde. Stranamente, questo aumento dello stock di capitale non si traduce in un aumento della produzione, poiché la produttività del lavoro diminuisce fino al 10% in queste regioni. Ciò è coerente con gli ingenti investimenti in capitale di adattamento (ad esempio, l'aria condizionata), che nel complesso è meno produttivo di altri tipi di capitale. C'è un costo opportunità: se da un lato l'adattamento aiuta a proteggersi dagli effetti peggiori degli estremi climatici, dall'altro ha il costo di ridurre gli investimenti in nuove tecnologie che potrebbero migliorare la produttività anche in tempi normali».

Nell’testo viene anche evidenziato che il caldo non ha un impatto soltanto sulla produzione, ma anche sul fenomeno dell’inflazione. Gli inverni più caldi, ad esempio, abbassano i prezzi dell'energia, mentre le ondate di calore estive aumentano i prezzi dei prodotti alimentari. Un’altra ricerca della Bce stima che l'estrema calura estiva del 2022 abbia aumentato i prezzi dei prodotti alimentari in Europa di 0,7 punti percentuali. Negli ultimi anni, le condizioni meteorologiche estreme hanno contribuito ad aumentare in modo sostanziale i prezzi delle materie prime alimentari vitali come l'olio d'oliva, il cacao e il caffè.

Come il momento in cui si verificano le ondate di calore è importante per i loro effetti economici, così lo è anche il luogo, viene sottolineato. La gravità delle perdite di produzione è molto maggiore nelle regioni storicamente più calde, dove è più probabile che il caldo superiore alla norma superi le soglie critiche per l'attività fisica umana.

L'obiettivo dell'Accordo di Parigi di 1,5°C, viene sottolineato, è coerente con giornate estive più calde di 3°C. Il riscaldamento di circa 3°C previsto dalle politiche attuali potrebbe quindi significare giornate estive più calde di 6°C entro la fine del secolo. Tenendo conto delle proiezioni sul clima futuro, un'ondata di calore equivalente a quella del 2022 potrebbe aggiungere fino a 1,8 punti percentuali all'inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari entro il 2060. E la conclusione è che le ondate di calore avranno probabilmente un impatto molto più pronunciato sull'economia e sui prezzi in futuro di quanto non abbiano fatto finora.

Redazione Greenreport

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