
A Gaza si muore per il piombo e per la fame. Oltre 100 Ong denunciano: «Nella Striscia una carestia di massa»

A Gaza si muore perché colpiti dal piombo di pallottole e bombe. Si muore perché mangiati dalla fame. Si muore perché si incontra la prima morte, cercando di sfuggire alla seconda.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) stima che dalla fine di maggio «più di 1.000 persone affamate sono state uccise»: «La ricerca di cibo è diventata mortale come i bombardamenti». Ormai la Striscia è diventata un inferno in terra per chiunque si ritrovi per obbligo oppure per scelta professionale o umanitaria recluso in questa zona, con palestinesi di tutte le età ridotti allo stremo e con medici, infermieri, giornalisti, racconta l’Unrwa, che svengono per la fame, la sete, la stanchezza. A chi riesce a camminare, a correre, a sgomitare per accaparrarsi qualcosa da mettere sotto i denti non va meglio. Denuncia il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, riguardo quel che avviene con le iniziative della Gaza Humanitarian Foundation (organizzazione israelo-americana creata nel febbraio scorso per distribuire aiuti umanitari): «I cosiddetti schemi di distribuzione “GHF” sono una sadica trappola mortale. I cecchini aprono il fuoco a caso sulla folla come se avessero la licenza di uccidere. Una caccia massiccia alle persone, nella più totale impunità. Questa non può essere la nostra nuova norma, l'assistenza umanitaria non è compito dei mercenari».
Sono tanti i bambini rimasti a terra, per sempre. Almeno 21 se ne sono andati per la fame da domenica scorsa, denunciano tre ospedali nella Striscia, uno di loro era un neonato di appena 40 giorni. Gli adulti che provavano a tenere in vita figli e nipoti con qualcosa da mettere nello stomaco e sono rimasti uccisi sono più del doppio, solo nelle ultime ventiquattr’ore. Ore in cui la ministra israeliana dell'innovazione, Gila Gamliel, pubblica sulla piattaforma social X un video realizzato con l'intelligenza artificiale in cui al posto delle odierne macerie di Gaza compaiono spiagge con resort di lusso, grattacieli, locali, e la scritta: «Ecco come sarà Gaza nel futuro. O noi o loro!».
«Si sta consumando un orrore senza precedenti nella storia recente. La malnutrizione sta esplodendo. La carestia bussa a ogni porta», denuncia il segretario generale dell’Onu António Guterres. «I civili non possono essere bersagli, le immagini da Gaza sono insopportabili. Bisogna finirla ora», denuncia la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ribadendo la necessità che da parte di Israele si apra alla possibilità di «un flusso sicuro e rapido degli aiuti umanitari».
In un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar, l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas ha definito «indifendibile» l’uccisione di persone in cerca di cibo. «È Hamas a sparare ai civili e a torturarli quando cercano di prendere gli aiuti», ha replicato il capo della diplomazia di Benyamin Netanyahu.
Ed è sempre Hamas, sostiene Israele, il responsabile di tutti questi morti per fame. «A Gaza oggi non c’è un carestia causata da Israele», dichiara il portavoce del governo israeliano David Mencer. «C’è una carenza artificiale, progettata da Hamas». Parole pronunciate anche in risposta a un appello lanciato da oltre 100 Ong internazionali che segnalano che una «carestia di massa» si sta diffondendo nella Striscia di Gaza e che anche i loro operatori stanno soffrendo gravemente a causa della carenza di cibo.
In una dichiarazione congiunta, le 111 organizzazioni umanitarie, tra cui Medici Senza Frontiere (Msf), Save the Children, Pax Christi International e Oxfam, avvertono che «i nostri colleghi e coloro che assistiamo stanno morendo»: «Mentre l’assedio del governo israeliano affama la popolazione di Gaza, gli operatori umanitari si uniscono alle stesse file per il cibo, rischiando di essere colpiti solo per sfamare le loro famiglie», si legge nella dichiarazione. Le Ong chiedono un cessate il fuoco «immediato e negoziato», l’apertura di tutti i valichi di frontiera e il libero flusso di aiuti attraverso i meccanismi guidati dalle Nazioni Unite. «All’interno e ai confini di Gaza, tonnellate di aiuti – cibo, acqua, medicinali, tende e carburante – restano bloccate nei magazzini, mentre le organizzazioni umanitarie non riescono a distribuirle. Le restrizioni, i ritardi e la frammentazione imposti dal governo israeliano nell’ambito dell’assedio totale hanno generato caos, fame e morte».
Mediamente entrano a Gaza solo 28 camion al giorno, a fronte di 2 milioni di persone affamate, molte delle quali non ricevono aiuti da settimane. Ma per il portavoce del governo israeliano Mencer è Hamas che impedisce la distribuzione di cibo e acqua o che saccheggia gli aiuti per tenerseli per sé.
Le 111 organizzazioni umanitarie chiudono il loro appello sottolineando che «i governi devono smettere di aspettare il permesso per fare qualcosa»: «Gli Stati devono adottare misure concrete per porre fine all’assedio, inclusa l’interruzione del trasferimento di armi e munizioni. Soluzioni parziali e gesti simbolici – come i lanci aerei o accordi inefficaci – non possono sostituire le responsabilità legali e morali degli Stati. È ancora possibile salvare vite. Ma bisogna agire ora, prima che non ci sia più nessuno da salvare».
