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“E se fosse la musica a salvarci?”, il nuovo libro di Dario Giardi per Mimesis edizioni

La musica come linguaggio universale per la sostenibilità

Giardi: «Sono sempre più convinto che la musica, come linguaggio universale e la riscoperta del paesaggio sonoro che ci circonda possa aiutarci a sviluppare una profonda coscienza green»
 |  Approfondimenti

In un’epoca in cui la crisi climatica e la perdita di biodiversità richiedono risposte rapide e concrete, la sostenibilità non può essere affrontata soltanto con norme e tecnologie: serve un cambiamento culturale profondo, capace di riconnettere le persone all'ambiente di cui sono parte. Si tratta di un fatto che greenreport ha ben presente sin dalla sua fondazione nel 2006, quand’era accompagnato dal claim “perché l’ambiente non è solo emozione”, in risposta ai sensazionalismi e alle risposte emotive in cui si perdeva – e si perde spesso ancora – l’informazione sui temi ambientali, facendo una scelta di campo verso l’ambientalismo scientifico. Quel “non è solo emozione”, però, ci ricorda che il percorso verso lo sviluppo sostenibile non può concretizzarsi in un asettico mondo di numeri: non a caso, oggi la buona informazione sull’ambientalismo scientifico sa mettere l’accento anche sulle emozioni.

Ed è in questo spazio che la musica può rivelarsi un linguaggio universale per la sostenibilità, come sostiene Dario Giardi nel suo nuovo libro pubblicato per i tipi di Mimesis edizioni, E se fosse la musica a salvarci? La memoria dei suoni e la sfida climatica.

Oggi Giardi è responsabile Sostenibilità ed economia circolare per Confagricoltura, ma in parallelo – con in tasca una laurea del Berklee College of Musicè anche Giadar, alias con cui compone da anni musica elettronica e ambient per etichette internazionali. Dov’è il legame? Fin dalle origini, il suono è stato il ponte fra l’uomo e la natura. Canti tribali, melodie che imitavano il vento o il richiamo degli animali, strumenti costruiti con materiali naturali: la musica non nasce come intrattenimento, ma come parte di un ordine ecologico e cosmico.

Oggi, in un mondo sempre più urbanizzato e acusticamente inquinato, quell’equilibrio si è spezzato. Come ricorda l’autore «viviamo in una società che ha progressivamente smarrito la capacità di ascoltare», mentre «il nostro ambiente acustico è stato colonizzato dal rumore, da un costante bombardamento sonoro che anestetizza i sensi».

Il musicologo R. Murray Schafer, con il concetto di soundscape, ha mostrato come ogni luogo sia definito anche dai suoi suoni – naturali o umani – e come la loro perdita rappresenti un impoverimento culturale e ambientale. L’ecoacustica ha dimostrato che il monitoraggio dei paesaggi sonori può indicare lo stato di salute degli ecosistemi, rilevando variazioni nella biodiversità e nei comportamenti della fauna. In questo senso, ascoltare è già un atto di scienza e di conservazione.

Dalla Pastorale di Beethoven alle composizioni ambient di Brian Eno, la musica ha spesso celebrato e ricreato i suoni della natura, stimolando un’empatia capace di oltrepassare barriere culturali e generazionali. Come si legge nel volume, «qualsiasi politica ecologica efficace deve fondarsi su una connessione emotiva, su un legame profondo e indissolubile tra individuo e ambiente. E la musica, nella sua essenza più pura, è il veicolo ideale per questa riconnessione».

Oggi, artisti e ricercatori sperimentano con field recording, sonificazione di dati ambientali e progetti di agricoltura biosonora, dimostrando che la musica può essere anche uno strumento operativo per la tutela del pianeta. Questa prospettiva introduce il concetto di memoryscape: la memoria sonora di un luogo, patrimonio collettivo che va preservato al pari di un ecosistema. Perdere il suono delle cicale in un bosco o il mormorio di un fiume significa perdere una parte dell’identità ambientale e culturale di una comunità.

«Sono sempre più convinto che la musica, come linguaggio universale e la riscoperta del paesaggio sonoro che ci circonda possa aiutarci a sviluppare una profonda coscienza green», spiega a greenreport Giardi, che non a caso insieme al libro ha dato il via a un progetto musicale che s’intitola non a caso Memoryscape: «I suoni della mia infanzia, catturati attraverso tecniche di field recording, prendono vita in questo album continua Giardi – intrecciandosi con il respiro del mio vecchio pianoforte. È un viaggio sonoro minimale ed essenziale, un omaggio alla memoria dei suoni che porto nel cuore e a Madre Terra».

La musica, con la sua capacità di suscitare emozioni e di mobilitare le persone, può diventare il megafono collettivo della sostenibilità. «Se vogliamo una transizione ecologica reale, dobbiamo coltivare una coscienza verde capace di attraversare ogni barriera sociale, culturale, generazionale», sottolinea Giardi.

Recuperare l’ascolto profondo, integrare la dimensione sonora nella pianificazione urbana e nei programmi educativi, usare la musica come strumento di divulgazione scientifica e di attivismo: sono tutti passi verso una transizione ecologica che sia non solo tecnica, ma anche sensoriale e culturale. Perché la sostenibilità, come la musica, non conosce confini – e il suo linguaggio può essere compreso da tutti.

memoryscape giadar

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.