«Palestina libera, stop al genocidio». Nelle piazze d’Italia la voce di chi chiede pace, giustizia, umanità
Decine di migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città italiane. Centomila solo a Milano, secondo i dati comunicati dalla Cgil, 40 mila a Genova, e poi cortei fiume anche a Roma, Firenze, Catania, Torino, Bologna e tanti altri centri urbani invasi dai cori «Free Palestine». Complessivamente, i sindacati parlano di un milione di persone che sta manifestando. E se il Garante ha definito lo sciopero di oggi «illegittimo perché senza preavviso», tanto la Cgil quanto il Pd e le altre forze di opposizione dicono: «Giù le mani dal diritto di sciopero». Per i sindacati «l’aggressione armata, avvenuta il 1° ottobre 2025, contro navi civili che trasportavano cittadini italiani, rappresenta un fatto di gravità estrema: un attentato diretto all’incolumità e alla sicurezza dei lavoratori e dei volontari imbarcati». Da qui, da quell'aggressione alla Global Sumud Flotilla, la decisione di proclamare la mobilitazione di oggi.
Il ministro Salvini, parlando dopo aver saputo che la Cgil avrebbe fatto ricorso contro il pronunciamento del Garante, ha escluso l’ipotesi precettazione ma aggiunto: «Se ci sarà violenza reagiremo». Al momento non si segnalano episodi di violenza, ma non sono mancati un po’ lungo tutta la Penisola momenti di tensioni e situazioni in cui siano intervenute le forze dell’ordine.
Il porto di Napoli è stato bloccato da manifestanti pro-Pal e lo stesso è avvenuto a quello di Livorno. Nella città toscana lo stesso sindaco Luca Salvetti si è unito alla folla colorata che è scesa in piazza. «Oggi ho visto la Livorno che si emoziona e sa emozionare – ha poi scritto su Facebook – Nel giorno dello sciopero generale la città ha fatto sentire la sua voce nelle vie e nelle piazze, dalla Stazione al centro città fino al porto. Giustizia, umanità, diritti e pace questo è stato chiesto a gran voce».
Nel frattempo i quattro (euro)parlamentari italiani imbarcati sulla Flottila – Annalisa Corrado, Arturo Scotto, Benedetta Scuderi, Marco Croatti – sono rientrati in Italia atterrando all’aeroporto di Fiumicino, ma in tutto sono 473 i componenti dell’equipaggio arrestati da Israele e il ministro di ultradestra Ben Gvir ha minacciato di trattenerli (illegalmente) in prigione per alcuni mesi.
«Sono scesa all’aeroporto di Fiumicino poco fa e adesso devo rimettere a posto i pensieri, perché sono molto frastornata e preoccupata per tutti coloro che sono rimasti lì, al contrario di noi parlamentari: bisogna fare di tutto per farli tornare presto», spiega nel merito l’europarlamentare Corrado, responsabile Conversione ecologica del Pd nazionale.
E pace e diritti e giustizia, oltre alle piazze, le chiedono oltre venti organizzazioni umanitarie alla comunità internazionale di fronte all’accelerazione delle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, che continuano nella totale impunità. Oxfam e altre 22 organizzazioni umanitarie hanno lanciato un appello urgente alla comunità internazionale perché il riconoscimento dello Stato palestinese - su cui l’Italia non ha peraltro compiuto alcun passo concreto - non resti un mero atto simbolico. Si legge: «Il riconoscimento dello Stato palestinese è un passo importante e positivo per garantire il diritto all’autodeterminazione di un intero popolo, ma non può essere trattato come una ricompensa, né solleva la comunità internazionale e i singoli Stati dai propri obblighi giuridici e morali: fermare quello che la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha definito un genocidio perpetrato da Israele a Gaza e mettere fine all'occupazione israeliana nei territori occupati palestinesi. Occupazione che la Corte internazionale di giustizia ha dichiarato illegale. L’escalation della crisi umanitaria in corso è nota ed è ampiamente documentata e non solo a Gaza. In Cisgiordania, negli ultimi due anni, Israele ha realizzato il più grande sfollamento forzato dall’occupazione del 1967, attraverso ordini di sfratto, demolizioni, blocchi alla circolazione, arresti arbitrari e attacchi diretti contro la popolazione palestinese. L’anno scorso è stato ufficialmente approvato il più grande furto di terra degli ultimi trent'anni e la violenza esercitata dai coloni ha raggiunto livelli mai visti prima».
Nelle poche settimane intercorse dal riconoscimento dello Stato palestinese da parte di molti paesi, denunciano le organizzazioni, Israele ha ucciso centinaia di palestinesi e più di 1.500 sono rimasti feriti. «Con la conquista di Gaza City si sono moltiplicati gli attacchi contro tende, abitazioni e edifici pubblici, costringendo all’ennesima fuga decine di migliaia di persone che non hanno più un posto dove andare. Nel frattempo, molte strutture sanitarie nel nord hanno dovuto chiudere, lasciando centinaia di migliaia di persone senza cure mediche. In Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, gli attacchi dei coloni, le incursioni militari e gli arresti si sono intensificati. Decine di strutture palestinesi sono state demolite. La Commissione per la sicurezza nazionale del Parlamento israeliano ha di fatto posto in essere misure per limitare l'accesso umanitario nelle prigioni dove sono detenuti oltre 9.500 palestinesi, approvando una legge che autorizza la pena di morte per i detenuti. Ogni ora di ritardo per un’azione efficace da parte della comunità internazionale significa quindi che un'altra famiglia sarà distrutta, un altro bambino morirà di fame, un'altra casa sarà ridotta in polvere».
Per evitare quindi il risultato di avere uno Stato palestinese senza palestinesi, le organizzazioni firmatarie dell’appello chiedono che vengano messi in campo tutti gli strumenti politici, economici e legali perché:
- si arrivi ad un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza e sia garantito al popolo palestinese di partecipare e guidare il processo di ricostruzione, rispettando il suo diritto inalienabile all'autodeterminazione;
- si metta fine all'occupazione illegale israeliana dei territori occupati palestinesi, garantendo le condizioni necessarie affinché i palestinesi possano rimanere nella loro terra;
- sia garantita la protezione dei civili e l’accesso umanitario senza restrizioni in tutti i territori occupati palestinesi, sotto il coordinamento delle Nazioni Unite, come sancito dal diritto internazionale umanitario;
- si metta fine al commercio con gli insediamenti israeliani illegali;
- cessi la vendita e il trasferimento di armi a Israele;
- chiunque abbia commesso dei crimini, sia chiamato a risponderne;
- venga riaperto un corridoio che colleghi Gaza e la Cisgiordania per gestire le emergenze mediche e umanitarie.
Le organizzazioni firmatarie dell’appello sono:
ActionAid International, Al Awda Health and Community Association, American Friends Service Committee (AFSC), Arab Educational Institute - Pax Christi Palestine, Bystanders No More, Churches for Middle East Peace (CMEP), CIDSE - International Family of Catholic Social Justice Organisations, Emmaus International, Global Centre for the Responsibility to Protect, Global Legal Action Network (GLAN), HelpAge International, Insecurity Insight, Médecins du Monde International Network (MdM), Norwegian People’s Aid, Oxfam, PARC - Agricultural Development Association, Pax Christi International, Palestinian Institute for Climate Strategy (PICS), Plateforme des ONG françaises pour la Palestine, Sabeel-Kairos UK, The Middle East Children's Alliance, Terre des Hommes Italia, United Against Inhumanity.
Ma oggi sono tante le associazioni scese in piazza. «La pace non può aspettare. E il nostro impegno per difendere la dignità umana non può restare chiuso tra le parole», sottolinea Legambiente. «Non possiamo voltare lo sguardo di fronte al dramma disumano che sta accadendo a Gaza: violazioni dei diritti umani, bombardamenti, assedio, vite spezzate ogni giorno. Quando la violenza travolge i civili, quando la sofferenza diventa un grido che attraversa ogni confine, è arrivato il momento di unirsi, alzare la voce e pretendere giustizia. Per questo è importante manifestare pacificamente in piazza il proprio sdegno».
Anche Greenpeace ha portato nelle piazze d'Italia le sue bandiere «contro il genocidio a Gaza e in solidarietà con la Global Sumud Flotilla». Ha scritto l'associazione sul social X: «I governi non hanno avuto finora l’umanità, il coraggio o la convinzione necessari per rispettare i propri obblighi internazionali e prevenire il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità a Gaza. Invece di fermare Israele hanno deciso di fermare la missione umanitaria e pacifica della Flotilla per portare aiuti vitali a Gaza. Come cittadini e cittadine stiamo intervenedo dove i leader hanno voltato le spalle e non possiamo più tollerare l’inazione e la complicità dei nostri governi di fronte a un genocidio. Chiediamo azioni concrete e immediate per mettere fine alla strage della popolazione palestinese. Ora tutti gli occhi devono restare puntati su Gaza. Non dobbiamo distogliere lo sguardo dalle sofferenze del popolo palestinese».