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Critiche anche alla rottamazione delle cartelle esattoriali

Bankitalia, Istat, Corte dei conti e anche l’Ufficio parlamentare di bilancio bocciano la manovra: «Favorisce i ricchi»

Le audizioni in Parlamento di tutte le realtà avvezze a far di conto sono una débâcle per il governo. La riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33%, viene sottolineato, premia le fasce di reddito più alte, fino ai 200 mila euro annui. Le stime dell’Upb riguardo i lavoratori dipendenti: il beneficio medio è pari a 408 euro per i dirigenti, 123 per gli impiegati e 23 euro per gli operai
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L’avevano già denunciato le forze parlamentari di opposizione e i sindacati (la Cgil ha appena annunciato uno sciopero generale per il 12 dicembre), ma ora arriva anche un coro unanime che accomuna realtà diverse come la Banca d’Italia, l’Istat, la Corte dei conti e perfino l’Ufficio parlamentare di bilancio. E cosa dice questo coro unanime? Che la manovra messa a punto dal governo favorisce i ricchi, fa aumentare e non diminuire le diseguaglianze, prevede misure regressive, agevola i contribuenti morosi e via infierendo.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti prova a difendersi dicendo che l’obiettivo è «tenere i conti in ordine» e che la riduzione dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% «tutela i contribuenti con redditi medi», ma è una débâcle: tutti i soggetti avvezzi a maneggiare cifre e conteggi che sono stati convocati in audizione in Parlamento hanno bocciato la legge di bilancio.

Il taglio di due punti della seconda aliquota Irpef, quella cioè sui redditi da 28mila a 50mila euro, riguarda circa il 30% dei contribuenti (oltre 13 milioni di persone) e comporta un beneficio annuo medio di circa 230 euro. Ma come per il famoso “pollo di Trilussa”, le medie non raccontano di chi mangia due polli e chi zero per arrivare a un pollo a testa della “statistica”, e anche con questa manovra quel beneficio annuo medio sbandierato da Giorgetti e company non racconta che gli effetti maggiori del taglio Irpef sono di fatto per le fasce di reddito più alte della popolazione.

Ma ora sono arrivate le audizioni di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Oltre l’85% delle risorse sono destinate «alle famiglie dei quinti più ricchi della distribuzione del reddito», sottolinea l’Istat. «In sede di concreta attuazione l’effetto massimo», aggiunge la Corte dei conti, si ha per «i contribuenti con reddito pari o superiore ai 50.000 euro fino ai 200.000 euro». La Banca d’Italia fa notare che le misure che dovrebbero essere a sostegno dei nuclei familiari comportano «variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile equivalente tra le famiglie», e questo quando «dal 2019 al 2023 c’è stata un’ampia perdita di potere d’acquisto del 10%, recuperata solo di 3 punti». Circa la cosiddetta rottamazione delle cartelle esattoriali, poi, Bankitalia ha ricordato che si tratta di uno «strumento che in passato non ha accresciuto l’efficacia nel recupero di gettito», mentre per la Corte dei conti l’erario «può diventare finanziatore dei contribuenti morosi» e «favorisce chi è stato inadempiente».

Ma se la Corte dei conti è già diventata praticamente un nemico agli occhi di Palazzo Chigi, da quando è stato bocciato il progetto del Ponte sullo Stretto, anche un soggetto tutt’altro che tacciabile di ostilità verso il governo come l’Ufficio parlamentare di bilancio punta il dito su evidenti difetti della manovra. In audizione parlamentare, la presidente dell’Upb Lilia Cavallari ha spiegato che la riduzione di due punti dell’Irpef avvantaggia soprattutto i redditi alti: «Circa il 50 per cento del risparmio di imposta va ai contribuenti con reddito superiore ai 48.000 euro, che rappresentano l’8 per cento del totale. Gli effetti della riforma variano considerevolmente fra contribuenti a seconda del loro reddito prevalente. Nell’ambito dei lavoratori dipendenti, il beneficio medio è pari a 408 euro per i dirigenti, 123 per gli impiegati e 23 euro per gli operai; per i lavoratori autonomi è di 124 euro e per i pensionati di 55 euro». Chi ha già di più riceverà di più, insomma. E poi c’è la compensazione dei benefici sui redditi sopra i 200 mila euro, che riguarderà 58 mila persone che avranno ulteriori 188 euro. Spiega infatti sempre la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio che «la sterilizzazione della riduzione delle aliquote per i redditi più elevati produrrà effetti parziali dato che solo 58.000 contribuenti (il 32 per cento di quelli con reddito superiore ai 200.000 euro) ha detrazioni aggredibili che non siano state già tagliate da precedenti interventi normativi».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.