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L’adattamento contro il rischio alluvioni sta funzionando in Europa, ma da solo non basta

Frieler (Potsdam Institute): «È importante ridurre rapidamente le emissioni globali di gas serra, per mantenere gli effetti del cambiamento climatico entro limiti gestibili»
 |  Crisi climatica e adattamento

Su Science advances è stato appena pubblicato un nuovo studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), in cui si prendono in esame le 1.729 alluvioni avvenute in Europa tra il 1950 e il 2020, confrontandole in scenari con e senza cambiamenti climatici e socioeconomici in questi settant’anni.

Dalla ricerca emerge che le perdite economiche in Europa dovute alle alluvioni e il numero di persone colpite sono aumentate di circa l’8% dal 1950 a causa del cambiamento climatico rispetto a scenari ipotetici che non lo ricomprendono, ma anche che le misure di mitigazione del rischio messe finora in campo hanno prodotto importanti risultati: le misure non strutturali (come sistemi di allerta, pianificazione d’emergenza, norme edilizie, preparazione individuale, ecc) hanno ridotto le perdite del 63% e i decessi del 52% rispetto a un controfattuale senza tali miglioramenti.

«La protezione dalle alluvioni e altre misure di adattamento hanno in gran parte compensato l’aumento del rischio di alluvione dovuto all’espansione nelle pianure alluvionali e ai cambiamenti climatici in tutto il continente dal 1950 – spiega Dominik Paprotny, l’autore principale dello studio – La vulnerabilità è stata significativamente ridotta, ma i progressi nell’adattamento sono stati più lenti negli ultimi 20 anni, il che indica la necessità di ulteriori sforzi per prevenire un aumento delle perdite da alluvione dovute ai cambiamenti climatici in futuro».

«Possiamo ridurre i danni attraverso l’adattamento, ma l’adattamento ha i suoi limiti. Con l’aumento del riscaldamento, ci stiamo avvicinando a questi limiti – aggiunge nel merito la co-autrice Katja Frieler – È importante monitorare continuamente i progressi nell’adattamento e gli impatti del cambiamento climatico, e ridurre rapidamente le emissioni globali di gas serra per mantenere gli effetti del cambiamento climatico entro limiti gestibili».

Eppure l’Italia non è affatto pronta. Sia sul fronte della mitigazione – con le nuove installazioni di impianti rinnovabili che stanno rallentando a causa delle ampie difficoltà normative, anziché accelerare –, sia su quello dell’adattamento. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è di fatto fermo al palo: approvato nel gennaio 2024 dal Governo Meloni dopo lunghissima gestazione, ha individuato 361 azioni settoriali da mettere in campo ma manca di fondi e governance per attuarle; per fare davvero i conti con l’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Redazione Greenreport

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