Cop30, chiusa la prima settimana: negoziati in stallo e «la grande marcia del popolo» per le strade di Belém
La prima settimana della Cop30 si chiude con negoziati in stallo, con i vertici delle Nazioni Unite che lanciano appelli alle delegazioni governative a «fare» e anche «dare di più», e con l’immagine di attivisti e rappresentanti delle popolazioni dell’Amazzonia che marciano per le strade di Belém per chiedere azioni concrete e non più solo promesse per contrastare la crisi climatica.
In base alle notizie che arrivano dai partecipanti al vertice sul clima Onu, la presidenza brasiliana della Cop30 ha chiesto ai partecipanti ai lavori «flessibilità» in vista dei negoziati della prossima settimana. Dall’apertura di questo appuntamento, infatti, non si sono visti progressi sulle questioni più critiche riguardanti gli impegni per ridurre le emissioni di gas serra e per finanziare i paesi più vulnerabili di fronte all’innalzamento delle temperature. Nel corso della sessione plenaria che ha chiuso la prima settimana della conferenza delle Nazioni Unite, il presidente André Correa do Lago ha lanciato un appello ai negoziatori presenti a Belém affinché «accelerino» il confronto perché «il lavoro da fare è ancora molto».
Anche il segretario esecutivo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici che è alla Cop30, Simon Stiell, ha detto che i governi «devono dare di più»: «La finanza climatica è la linfa vitale dell'azione per il clima. È ciò che trasforma i piani in progressi e l’ambizione in attuazione. E in nessun luogo la sua importanza è più chiara che in questo incontro, che non è una formalità procedurale. È progettata per creare fiducia, fornendo chiarezza e prevedibilità sulle risorse su cui i Paesi in via di sviluppo possono contare per attuare i loro piani nazionali per il clima e l'adattamento. Questa fiducia rimane essenziale. Senza di essa, l'attuazione rallenta, l'ambizione vacilla e il progresso per tutti diventa molto, molto più difficile». segretario esecutivo dell’Unfccc ha anche aggiunto rivolgendosi ai negoziatori: «Se non ci allineiamo e troviamo punti di intesa sui temi più importanti per noi, la Cop30 non produrrà risultati per dimostrare che gli Accordi di Parigi stanno funzionando».
Tagliare le emissioni di gas serra, finanziare la transizione energetica e mettere in campo le necessarie misure per contrastare la crisi climatica sono le tre grandi sfide al centro del vertice Onu in corso a Belém. Allo stato, nessun impegno concreto è stato assunto nel corso di queste giornate dai governi dei Paesi più ricchi per garantire un adeguato aiuto finanziario che consenta di accelerare una transizione energetica in quelli meno sviluppati. Né azioni concrete sono state concordate per mitigare gli effetti della crisi climatica nei Paesi più vulnerabili ed esposti alle alluvioni e alle ondate di calore indotte dall’aumento delle temperature.
Così, mentre all’interno dei palazzi governativi si è assistito a questo stallo, fuori, per le strade di Belém, si è vista quella che gli organizzatori hanno definito «la Grande marcia del popolo». Attivisti e rappresentanti dei popoli dell’Amazzonia hanno sfilato chiedendo un maggior impegno da parte dei negoziatori. «Siamo qui per cercare di fare pressione», ha spiegato all’Afp Txai Suruí, 28 anni, una delle leader indigene più in vista del Brasile. L’obiettivo è impedire «arretramenti» rispetto a quel poco che è stato messo in campo e fare pressione affinché le «promesse» fin qui sbandierate diventino effettivamente azioni concrete. «Siamo venuti qui per difendere il clima. Oggi stiamo vivendo un massacro, con la nostra foresta che sta venendo distrutta. Vogliamo far sentire la nostra voce dall’Amazzonia ed esigere risultati», spiega Benedito Huni Kuin, del popolo indigeno Huni Kuin.
I manifestanti hanno sventolato una bandiera brasiliana con anche la grossa scritta «Amazzonia protetta», mentre altri hanno innalzato figure di bare con le scritte «petrolio», «gas», «carbone», chiedendo di lasciarci alle spalle il consumo di combustibili fossili. A celebrare il funerale dei tre grandi inquinanti, però, dovranno essere i delegati governativi che partecipano ai negoziati fino al 21 novembre. L’aria che tira, al momento, non è delle migliori.