Skip to main content

Un incremento che si è concretizzato soprattutto fino al 2014

Istat, i costi per la gestione dei rifiuti italiani sono cresciuti del 16,3% dal 2010

Dati trainati «dagli acquisti di beni e servizi (+22,1%), a fronte di andamenti più contenuti per le spese del personale (+6,7%) e del costo d’uso del capitale (+1,3%)»
 |  Green economy

Tenere pulita casa propria costa, come tutti sanno, in termini di tempo e/o denaro: occorre raccogliere i rifiuti e magari recuperare prima qualche risorsa evitando sprechi inutili, lavare, riassettare. Il che a sua volta significa comprare di tutti gli strumenti necessari per farlo (cestini per la spazzatura, detersivi per i pavimenti, etc), impiegare una fetta della propria giornata nelle operazioni o – per i pochi che se lo possono permettere – pagare qualcun altro che lo faccia, traendone a sua volta almeno un minimo profitto. Tramite una semplice e semplicistica analogia, non è difficile immaginare che tenere pulito un territorio più esteso di quello dove sorge un appartamento, magari allargando lo sguardo a un intero Paese, non sia un’operazione a costo zero.

Ma se tener conto delle spese legate alla pulizia della propria casa non è una missione così difficile, altrettanto non si può dire per l’Italia intera. A provarci adesso è l’Istat, dopo aver preso atto della «assenza di fonti informative rilevanti per la produzione di indici di prezzo alla produzione per il settore della gestione dei rifiuti». A partire da oggi l’Istituto nazionale di statistica aggiornerà dunque ogni anno i suoi nuovi indici dei costi di gestione dei rifiuti con base di riferimento 2015=100, il cui campo d’osservazione «riguarda, in termini di Ateco 2007, le attività economiche della divisione 38, raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero dei materiali, gruppi 381, 382 e 383 (si veda la fotogallery in pagina, ndr)».

Come spiega l’Istat, gli indici dei costi di gestione dei rifiuti si riferiscono alle attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e al recupero dei materiali, e misurano l’andamento nel tempo dei costi di produzione delle attività di gestione dei rifiuti, con riferimento all’acquisto di beni e servizi (che pesano per il 67,1% all’interno dell’indice complessivo), al costo del personale dipendente (23,9%) e al costo d’uso del capitale (9%).

Dai dati raccolti sappiamo dunque che in Italia «tra il 2010 e il 2017 l’indice di costo della gestione dei rifiuti aumenta del 16,3%, trainato dagli acquisti di beni e servizi (+22,1%), a fronte di andamenti più contenuti per le spese del personale (+6,7%) e del costo d’uso del capitale (+1,3%)». Una crescita che è risultata particolarmente sostenuta fino al 2014, mentre «negli ultimi tre anni la crescita dell’indice complessivo è più contenuta (+0,8%) e relativamente più omogenea tra le diverse componenti dei costi: +1,6% per l’acquisto di beni e servizi; -1,3% per le spese per il personale; +0,8% per il costo d’uso del capitale».

Costi che non si ritrovano naturalmente anche nell’ambito del recupero materiali vero e proprio, dove anzi stanno crescendo più rapidamente: «Rispetto ai due sotto-settori economici che compongono l’indice totale (raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti il primo, recupero dei materiali il secondo), l’andamento dei costi si dimostra sostanzialmente simile, ad eccezione – conclude infatti l’Istat – di un più accentuato incremento nel settore del recupero di materiali nell’ultimo anno».

L. A. 

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.