Skip to main content

Approvato il decreto Clima, un pannicello caldo contro la crisi climatica in corso

Alla fine dell’iter parlamentare nel provvedimento rimangono molte misure positive, ma tutte di portata limitata. E nel mentre le emissioni nazionali di gas serra continuano a crescere
 |  Green economy

Il decreto Clima, annunciato in pompa magna a settembre, è stato approvato ieri in via definitiva dalla Camera: con 261 sì, 178 no e 5 astenuti l’Aula ha dato il via libera con un voto di fiducia – dopo le modifiche apportate dal Senato – alla conversione in legge del dl 14 ottobre 2019, n. 111. «Con questo provvedimento diciamo a tutti i Paesi del mondo riuniti a Madrid per la Cop25 sul clima che l’Italia c’è e farà fino in fondo la sua parte nella difficile battaglia contro l’emergenza climatica – commenta il leader del M5S Luigi Di Maio – La direzione è quella giusta: dopo questo primo importante passo (anche culturale) verso un nuovo modello virtuoso, siamo pronti a mettere l’ambiente al centro dell’agenda di Governo e del Parlamento».

L’auspicio condiviso è infatti che il decreto Clima rappresenti solo un “primo passo”, perché la falcata è assai corta. Nel corso dei mesi il provvedimento ha perso larga parte della propria spinta propulsiva, a cominciare dall’atteso taglio dei sussidi ambientalmente dannosi (19,3 miliardi di euro all’anno, secondo il ministero dell’Ambiente) che dopo i primi annunci è rimasto chiuso nel cassetto. Ad essere sopravvissute all’iter parlamentare sono molte misure positive, ma dalla portata assai limitata: tra le principali novità spiccano i 255 milioni di euro previsti in un arco pluriennale per erogare incentivi fino a 1.500€ legati alla rottamazione dei veicoli, da spendere poi in abbonamenti per i mezzi pubblici, bici e mobilità condivisa;  un fondo di 40 milioni di euro per la realizzazione di corsie preferenziali destinate al trasporto pubblico; 20 milioni di euro per sostenere forme di trasporto scolastico con mezzi ibridi o elettrici; 30 milioni di euro per la creazione di foreste urbane; 27 milioni di euro dedicati all’installazione di eco-compattatori per bottiglie di plastica; 6 milioni di euro per l’introduzione dei “caschi verdi per l’ambiente”; 40 milioni di euro per incoraggiare la vendita di prodotti  alimentari  edetergenti sfusi o alla spina;  la trasformazione del Cipe nel Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess). Specificamente mirato al contrasto del riscaldamento globale è invece il “Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e  il  miglioramento  della qualità dell'aria”: previsto all’art. 1, al momento si sa solo che la data prevista per l’approvazione è prevista “entro 90 giorni” dall’entrata in vigore del decreto Clima.

Com’è evidente, il confronto con quanto messo in campo ad esempio dalla Germania è impietoso: al proposito è sufficiente ricordare che il Klimaschutzprogramm tedesco prevede l’introduzione di una carbon tax – desaparecida nel dibattito politico nostrano, nonostante i positivi impatti che avrebbe non solo sul clima ma anche sull’economia nazionale –, 54 miliardi di euro in investimenti da qui al 2023 e il taglio delle emissioni tedesche di gas serra del 55% rispetto al 2030 (al momento l’obiettivo italiano contenuto nel Pniec è fermo al 37% circa).

Nel mentre le emissioni italiane di gas serra continuano a salire, mentre sul fronte della performance climatica – misurata da Germanwatch – il nostro Paese perde posizioni e scende al 26° posto, perdendo terreno anche rispetto a Paesi emergenti e in via di sviluppo. «Si capisce allora perché servono ambizione e coraggio per affrontare questa sfida – commenta la deputata LeU ed ex presidente di Legambiente Rossella Muroni – Perché dopo questo primo passo dovranno seguire un Piano energia e clima rafforzato negli impegni e nelle ambizioni e un’accelerazione sulle politiche per la conversione ecologica. Mi auguro quindi le misure suggerite si possano introdurre a breve con altri provvedimenti, insieme all’atteso avvio del taglio dei sussidi ambientalmente dannosi. Perché fatto il primo passo bisogna iniziare a correre».

L. A. 

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.