
Non solo contrari: sindaci in campo per un 5G "sostenibile" in Toscana

Nel corso dei mesi scorsi centinaia di sindaci italiani hanno messo ordinanze contro l’implementazione di impianti 5G nei territori da loro amministrati, tanto che è dovuto intervenire il Governo col decreto Semplificazione per porre un freno all’immotivata escalation, ma fortunatamente non tutti i primi cittadini sono entro la barricata anti-scienza e alcuni promuovono uno sviluppo socialmente sostenibile del 5G. Lo testimonia l’iniziativa patrocinata da Anci Toscana con un seminario di cui dà conto oggi l’Arpat, ovvero l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana.
Il tema del 5G è un tema centrale perché rappresenta il passaggio fondamentale dall’internet delle persone a quello degli oggetti interconnessi, si tratta di un’innovazione di grande portata, spiega Emiliano Fossi – sindaco di Campi Bisenzio – in qualità di responsabile Partecipazione e beni comuni Anci Toscana. Fossi sottolinea che il tema della sicurezza per la salute ambientale legata al 5G si fa sempre più forte e stridente, eppure dal punto di vista scientifico la situazione è piuttosto rassicurante: «Sappiamo, continua Fossi, che l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e l’Iss (Istituto superiore di sanità) affermano che date le conoscenze ad oggi disponibili, non ci sono prove di pericolosità e che comunque il 5G è meno pericoloso del 4G. Di conseguenza, continua Fossi, in generale la scienza è d’accordo che il 5G è sicuro e non comporta rischi. Inoltre è noto che il Comitato scientifico della Commissione europea Salute ed ambiente manifesta alcuni dubbi di fondo sul fatto che non esistono prove di “assoluta sicurezza” e che occorre tenere tali affermazioni in giusta considerazione in modo da permettere ai Sindaci di affrontare anche aspetti della salute sul tema», di cui peraltro si è occupata anche Arpat per non parlare di associazioni ambientaliste come Legambiente.
Del resto il successo del metodo scientifico si basa sulla falsificabilità e continua messa alla prova delle proprie conquiste, dunque parlare di “assoluta” anziché ragionevole sicurezza, in quest’ambito, appare di per sé fuorviante. Non a caso l’impiego diffuso del 5G – che rappresenta semplicemente la quinta generazione di tecnologie mobili o wireless, come quelle impiegate da anni per cellulari, tablet etc – è preceduto da una robusta campagna di sperimentazioni, anche in Toscana, come testimoniano i casi di Prato e del porto di Livorno (dove l’impiego del 5G ha permesso anche di ridurre le emissioni di CO2).
La naturale incertezza che accompagna la crescita di ogni percorso d’analisi scientifica, sommata soprattutto alle comprensibili ma irrazionali paure suscitate nel grande pubblico dalla massiccia esposizione alle fake news – quelle sì dannose per la salute – ha dato vita «non solo a derive complottiste, ma ad elementi di preoccupazione ed a conseguenti atteggiamenti delle amministrazioni locali che hanno emesso ordinanze per bloccare i gestori nell’installazione delle antenne. Si è prodotto un corto circuito per cui i Comuni non possono andare contro le leggi dello Stato che sviluppano e promuovono le reti di telecomunicazione».
«Il paradosso è che molte di queste ordinanze sono state rese dalle amministrazioni di quei territori più isolati ed interni che invece trarrebbero maggior beneficio dalla nuova tecnologia. È necessario – continua Fossi – un tessuto di fiducia tra cittadini ed istituzioni per la costruzione di un riconoscimento reciproco ed evitare che la transizione digitale diventi un elemento di divisione e di scontro. L’introduzione della tecnologia 5G occorre che sia accompagnata con processi partecipativi e di confronto per la formazione e per l’informazione perché deve essere offerta e proposta la possibilità a tutti di conoscere quali sono gli effettivi rischi ma anche le grandi potenzialità che abbiamo di fronte.
Occorre infatti avviare processi di avvicinamento piuttosto che di divaricazione, invece che lo scontro, creare un tessuto di confronto e di “connettività” per generare meccanismi di fiducia ed attenuare conflitti istituzionali creando circuiti virtuosi. In questo senso afferma Fossi, l’Autorità regionale per la partecipazione (App) deve svolgere un ruolo determinante per evitare quelle derive che sono iniziate ma che è ancora possibile riprendere e riorientare». Dopo la partecipazione, il momento delle decisioni arriva però sempre per le istituzioni e coloro che sono chiamati a rappresentarle.
L. A.
