
Trump, narcisismo al potere: «Tutti mi chiamano per baciarmi il culo». L'Ue risponde coi primi controdazi, in vigore dal 15 aprile

Il più importante indice azionario statunitense, lo Standard & Poor’s 500, segna -17,6% rispetto al 20 gennaio, il peggior dato di sempre nei primi 77 giorni di un presidente Usa. Merito delle politiche tariffarie di Donald Trump, che ha appena alzato i dazi sull’import dalla Cina al 104% e confermato – tra gli altri – quelli generalizzati al 20% sulle importazioni da tutti gli Stati membri dell’Ue (insieme a dazi del 25% su acciaio, alluminio e automobili già in vigore).
Oggi l’Ue ha dato il via libera a un primo pacchetto di dazi mirati: si va dalle moto Harley-Davidson ai jeans Levi’s, dalla soia al burro d’arachidi, dai prodotti per il trucco al mais, progettati per colpire con più forza gli Stati a maggioranza repubblicana. Soltanto l'Ungheria ha votato contro. si stima che la ritorsione colpisca, al momento, prodotti statunitensi per soli 21 miliardi di euro circa. «L'Ue ritiene che i dazi statunitensi siano ingiustificati e dannosi, in quanto arrecano danni economici a entrambe le parti e all'economia globale - commenta la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen - L'Ue ha dichiarato la sua netta preferenza per la ricerca di soluzioni negoziate con gli Stati Uniti, che siano equilibrate e reciprocamente vantaggiose. I dazi inizieranno a essere riscossi a partire dal 15 aprile: tali contromisure possono essere sospese in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino un esito negoziato equo ed equilibrato».
Sullo sfondo, per ora, resta la possibilità di usare anche il cosiddetto “bazooka” nella guerra commerciale, ovvero lo Strumento anti coercizione applicabile per ampi interventi contro le Big tech statunitensi, limitando fortemente l’accesso al ricco mercato unico europeo coi suoi 450 milioni di consumatori. Le possibilità che prossimamente venga dispiegato prossimamente crescono, dato che Trump non sembra al momento incline a trattative realistiche. Ieri ha chiesto all’Ue di acquistare 350 miliardi di dollari di beni energetici statunitensi – quando il valore dell’intero import europeo di combustibili fossili vale 375,9 mld di euro –, mentre oggi stanno facendo il giro del mondo le sue dichiarazioni al National Republican Congressional Committee in cui si vanta affermando «questi Paesi ci stanno chiamando per baciarmi il culo».
Un’escalation in cui interviene adesso anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, avvertendo che quando si tratta di guerre commerciali «nessuno vince» e «tutti tendono a perdere».
«Le guerre commerciali sono estremamente negative», sottolinea Guterres, aggiungendo di essere «particolarmente preoccupato» per l'impatto che l'aumento dei dazi potrebbe avere sui paesi in via di sviluppo vulnerabili, avvertendo che potrebbe essere «devastante». «Spero sinceramente che non ci sarà alcuna recessione, perché una recessione avrebbe conseguenze drammatiche, soprattutto per le persone più povere del mondo», evidenzia Guterres. Ma a perderci sono anche i Paesi industrializzati, a partire dagli Usa. Perché dunque Trump lo sta facendo?
Nessuno ha davvero la risposta a questa domanda, anche perché non c’è alcuna solida teoria economica che supporti il dispiegamento di dazi generalizzati come quelli in corso. È certo che Trump consideri i dazi un’arma negoziale ad ampio raggio, ma è più probabile che il motivo di fondo sia il semplice sfoggio di potere personale – come nelle peggiori autocrazie –, senza escludere i margini di arricchimento a medio termine che i crolli di Borsa possono comportare per investitori ben informati sulle politiche del presidente. Nel merito, la risposta offerta dal premio Nobel per l’economia Paul Krugman è caustica quanto semplice: ci troviamo di fronte a un mix di malvagità e incompetenza.
