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Il ministero dell’Ambiente sta rischiando di bloccare l’intera gestione dei fanghi di depurazione

Le imprese di settore rappresentate da Utilitalia chiedono «l’immediato ritiro dell’emendamento» sostenuto dal Mase, che porterebbe a fermare il riutilizzo in agricoltura
 |  Green economy

Come ogni processo industriale, anche quello (necessario) per la depurazione delle acque esita nuovi rifiuti, che poi siamo chiamati a gestire: la produzione annua di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione delle acque reflue urbane è pari a circa 3,2 milioni di tonnellate, destinata a salire man mano che verranno realizzati nuovi depuratori.

Oltre la metà dei fanghi urbani prodotti è avviata ad operazioni di smaltimento – che dovrebbero invece essere un’opzione residuale – mentre per i fanghi avviati a recupero l’utilizzo in agricoltura resta oggi l’opzione prevalente. Ma il ministero dell’Ambiente potrebbe cambiare (in peggio) le cose.

«La proposta di modifica del decreto legislativo 27 gennaio 1992 sui fanghi di depurazione, avanzata dal Masein sede europea, rischia di portare a un sostanziale blocco del loro utilizzo in agricoltura, creando al contempo un effetto fortemente distorsivo della concorrenza, nonché un disallineamento rispetto alla strategia nazionale sull’economia circolare e sugli investimenti del Pnrr legati al recupero di materia dai fanghi».

È questa la posizione di Utilitalia – la Federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici operanti nei settori acqua, ambiente, elettricità e gas –, che evidenzia come la modifica della disciplina parta da un presupposto del tutto condivisibile: ovvero la necessità di valutare la stabilità dei fanghi biologici di depurazione destinati al recupero agronomico al fine di minimizzare l’impatto odorigeno che può essere generato durante le attività di distribuzione al suolo.

Tuttavia, dal punto di vista tecnico, l’emendamento prevede l’applicazione di parametri e metodiche, contemplate dal Regolamento 2019/1009/UE sui fertilizzanti, a matrici differenti da quelle previste nel Regolamento stesso: ciò può fornire dati fortemente dissonanti, pur in presenza di materiale adeguatamente stabilizzato. Appare quindi limitata e potenzialmente fuorviante l’attribuzione automatica di valori e metodi specifici di determinazione della stabilità all’intera varietà di trattamenti attuabili sui fanghi senza una preventiva indagine scientifica, con la conseguenza di forti criticità nella gestione di quantità molto rilevanti di fanghi destinati all’agricoltura ed una possibile emergenza del settore.

«Ciò causerà anche un effetto fortemente distorsivo della concorrenza perché diverse aziende, solo per avere impiegato sino ad oggi trattamenti del tutto leciti ed efficaci, potrebbero trovarsi immediatamente escluse dal mercato – sottolinea la Federazione – Utilitalia, pertanto, chiede l’immediato ritiro dell’emendamento e l’avvio di un confronto con gli operatori per rivedere, nel suo complesso e in modo organico, la normativa di riferimento per l’utilizzo dei fanghi in agricoltura, in particolare il D.lgs 99/92, continuando a garantire l’efficacia ambientale del processo e la continuità operativa degli impianti esistenti».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.