Hanno votato ai referendum 14,1 milioni di persone, il 30,6% degli aventi diritto
I cittadini italiani sono stati chiamati alle urne l’8 e 9 maggio, quando sui cinque referendum sono andati 14,1 milioni di elettori: il 30,6% degli aventi diritto. Quattro di questi referendum riguardavano tematiche e leggi sul lavoro (mentre il quinto la cittadinanza). Inutile ricordarle, qui interessa evidenziare che di questo si trattava: del lavoro e delle sue condizioni maltrattate da decenni.
Un punto di osservazione sul risultato di questi referendum ce lo offrono i dati Istat, che lasciamo alla libera interpretazione dei lettori.
Su 59 milioni e 236mila persone residenti sono 23 milioni e 182mila gli italiani che lavorano, pagano le tasse e mantengono tutti gli altri, ovvero il 39%. Praticamente su dieci persone sono quattro quelle che lavorano. Certo, tra chi non lavora dobbiamo considerare tutte quelle persone o troppo giovani o troppo anziane per “timbrare il cartellino” ma anche una parte (non piccola) di persone in età lavorativa che sono inattive, che sono 12 milioni e 752 mila. Questo vuol dire che il 21,5% della popolazione residente potrebbe lavorare ma non lo fa. Le ragioni sono le più disparate ma il dato non è ignorabile.
Di questi, la grande maggioranza (circa 7 milioni) dichiara di non cercare offerte di lavoro e di non essere disponibile a lavorare: si tratta di coloro che, pur essendo in età lavorativa, se gli venisse offerto anche solo un lavoretto in regola lo rifiuterebbero.
Tra questi, poco meno di 4 milioni ha motivi familiari per non cercare occupazione, come l’assistenza a un anziano o l’accudimento dei figli, mentre 4 milioni e 400 mila circa adducono motivi di studio e formazione.
Infine, ci sono i disoccupati veri e propri, cioè le persone che non hanno un lavoro ma lo cercano. Sono una assoluta minoranza: pari al circa 3,6% dei residenti.
Orbene, ai fini del nostro ragionamento il dato più significativo non è che 6 persone su 10 non lavorano e di fatto sono mantenute da chi lavora, bensì che oltre 9 milioni di lavoratori non sono andati a votare rinunciando di fatto a modificare in meglio le proprie condizioni di lavoro. I guasti di decenni di liberismo evidentemente non si sono fermati ai cancelli delle imprese, come dimostra l’appello di decine di associazioni che hanno evitato di schierarsi. E tutto si può dire e fare, fuorché affibbiare la responsabilità a chi ha provato e prova a contrastarlo, il liberismo. La sostenibilità, è necessario ricordare, non riguarda solo l’ambiente.