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Dazi? Contro i tentativi di estorsione, l’Ue si allei col Sud globale per un diverso modello di sviluppo

È la proposta lanciata via Le Monde da Piketty: l’aggressività di Trump, sottolinea l’economista francese, si spiega con una fragilità finanziaria degli Usa che è senza precedenti. «La risposta giusta sarebbe la creazione di una moneta comune indicizzata alle principali valute, che permetta al mondo di affrancarsi dal dollaro e di migliorare le ragioni di scambio per i Paesi più poveri»
 |  Green economy

I dazi del 30% con cui Donald Trump vuole colpire l’export europeo? Sarebbe soltanto l’ennesimo «abuso di potere» di una potenza dominante che, nonostante gli squilibri alimentati negli ultimi duecento anni, oggi si trova con un debito estero senza precedenti e allora tenta una nuova «estorsione». La narrativa del presidente statunitense secondo cui l’America è stata «derubata per decenni da amici e nemici, allo stesso modo»? Non sta in piedi, perché anzi Oltreoceano si sono approfittati per anni del dollaro come valuta di riserva mondiale e ora, di fronte a un deficit monstre, emergono il «nervosismo dei trumpisti e i loro disperati tentativi di estrarre ricchezze dal resto del mondo, se necessario con la forza».

L’analisi su quel che sta accadendo a livello globale sul fronte degli scambi commerciali viene offerta dall’ultimo scritto di Thomas Piketty su Le Monde. Sotto al titolo “Due secoli di scambi ineguali”, l’economista francese richiama il contenuto di uno studio sugli squilibri commerciali e finanziari globali dal 1800 ad oggi. Una delle conclusioni di quest’indagine che l'idea di un libero scambio spontaneamente equilibrato e armonioso non rispecchia quel che è realmente successo negli ultimi duecento anni. «Dal 1800, si sono verificati squilibri massicci e persistenti e una tendenza ripetuta da parte delle potenze dominanti ad abusare della loro posizione per imporre condizioni commerciali che le favoriscono, a spese dei Paesi più poveri».

Quel che oggi c’è di nuovo, sottolinea però Piketty, è che gli Stati Uniti si trovano in una situazione di fragilità finanziaria senza precedenti: «Questo spiega l'aggressività dell'amministrazione Trump. Tuttavia, cedere alle richieste, come hanno appena fatto gli europei sui bilanci militari (che sono in gran parte trasferimenti all'industria della difesa statunitense) o sulla tassazione delle multinazionali, è la peggiore strategia possibile. È tempo che l'Europa si scrolli di dosso l'autocompiacimento e unisca le forze con le democrazie del Sud globale per ricostruire il sistema commerciale e finanziario a sostegno di un diverso modello di sviluppo».

L’economista francese ricorda che oggi siamo in presenza di flussi commerciali alti come mai nella storia: circa il 30% del prodotto interno lordo globale, di contro al 7% del Pil mondiale nel 1800, al 15% nel 1914 e al 12% nel 1970. Gli Stati Uniti partecipano ampiamente a questi scambi ma, viene sottolineato, le attività all'estero dell’America non hanno mai generato entrate sufficienti a compensare i loro deficit, lasciando il Paese con un livello di debito estero senza precedenti. «La potenza militare dominante del mondo potrebbe presto trovarsi a dover pagare interessi sostanziali e a lungo termine al resto del mondo, cosa mai vista prima nella storia. Questa è la fonte dell'ansia trumpista e dei disperati tentativi dei suoi seguaci di estrarre ricchezza dal resto del mondo, se necessario con la forza. Un argomento utilizzato per giustificare tale estorsione è che il Paese fornisce un bene pubblico globale gratuito: una moneta stabile e un sistema finanziario solido. Il resto del mondo accumula così beni in dollari - debito pubblico e azioni - che fanno salire il valore del biglietto verde e alimentano il deficit commerciale degli Stati Uniti. In realtà, il dollaro ha già portato agli Stati Uniti molto più di quanto avrebbe dovuto. L'argomento merita comunque di essere preso in considerazione, soprattutto perché potrebbe portare a soluzioni molto diverse da quelle propugnate dai trumpisti».

Osserva Piketty che in pratica, i massicci surplus dei Paesi produttori di petrolio negli ultimi decenni si spiegano principalmente con il loro successo nel triplicare i prezzi negli anni '70, mentre il resto del mondo continuava a consumare combustibili fossili senza curarsi delle conseguenze future. I surplus industriali di Cina, Giappone e Germania si spiegano in parte con salari eccessivamente bassi e con la scelta di accumulare ricchezza all'estero, alimentata dal senso di vulnerabilità del sistema finanziario internazionale e dall'assenza di una riserva globale. «Di fronte agli squilibri globali – conclude Pikettuy – la risposta giusta sarebbe la creazione di una moneta comune indicizzata alle principali valute, che permetta al mondo di affrancarsi dal dollaro e di migliorare le ragioni di scambio per i Paesi più poveri, il tutto con l'obiettivo di finanziare un modello di sviluppo più equilibrato e sostenibile. Speriamo che la brutalità di Trump acceleri almeno questa realizzazione».

Redazione Greenreport

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