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Appalti pubblici, secondo il Consiglio di Stato una gara senza Criteri Ambientali Minimi è un atto illegittimo

La mancanza dei CAM non può essere compensata introducendo criteri premiali o punteggi aggiuntivi per le offerte più “green”
 |  Green economy

È una decisione destinata a lasciare il segno nel mondo degli appalti pubblici e della sostenibilità, quella arrivata con la sentenza n. 7898 dell’8 ottobre 2025: il Consiglio di Stato ha stabilito che l’assenza dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) negli atti di gara non è una semplice dimenticanza, ma un vizio insanabile che travolge l’intera procedura e rende inefficace il contratto stipulato.

Il caso nasce a Napoli, dove l’Azienda Ospedaliera dei Colli aveva bandito una gara “ponte” per la manutenzione degli impianti tecnologici. L’impresa Siram S.p.A., seconda classificata, aveva contestato l’aggiudicazione alla Getec Italia S.p.A. sostenendo che la lex specialis non recepisse i criteri ambientali fissati dal Ministero dell’Ambiente. Il TAR Campania aveva però respinto il ricorso, ritenendo che l’errore fosse sanato dal fatto che la stessa Siram, nella propria offerta, aveva comunque rispettato gli obiettivi di sostenibilità.

A Palazzo Spada la ricostruzione non ha convinto. Per i giudici della Terza Sezione l’inserimento dei CAM negli atti di gara è un obbligo inderogabile previsto dall’articolo 57 del nuovo Codice dei contratti pubblici e non può essere sostituito da comportamenti virtuosi delle imprese. Nel testo della sentenza, redatta dal consigliere Giovanni Tulumello, si legge che «non può condividersi la conclusione del primo giudice secondo la quale la condotta della ricorrente avrebbe in qualche modo “sanato” la genericità (rectius: invalidità per carenza di un elemento normativamente necessario) del richiamo della lex specialis alla disciplina dei criteri ambientali».

Il Consiglio di Stato aggiunge che la violazione non può essere coperta dai principi del risultato o della fiducia, sottolineando che «la disciplina dei princìpi del risultato e di buona fede non può comunque tradursi nell’imposizione all’operatore privato di un onere tendente a superare il vizio del provvedimento prima dello svolgimento della gara». In sostanza, non si può chiedere alle imprese di rimediare alle mancanze della pubblica amministrazione, né far leva su principi generali per legittimare un bando privo di un requisito obbligatorio.

Nel caso concreto il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di Siram, annullato l’aggiudicazione e dichiarato inefficace il contratto già firmato con l’aggiudicatario. I giudici hanno precisato che la mancanza dei CAM non può essere compensata introducendo criteri premiali o punteggi aggiuntivi per le offerte più “green”, perché ciò equivarrebbe a relegare un elemento obbligatorio tra i fattori discrezionali della valutazione, in contrasto con la legge.

Il messaggio è netto: la sostenibilità ambientale non è un principio astratto ma un vincolo giuridico che permea la materia dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti devono prevedere i CAM sin dalla fase di progettazione e redazione della documentazione di gara, assicurando che gli obiettivi ambientali non restino sulla carta ma diventino parte integrante del procedimento amministrativo.

Come ricordano i giudici di Palazzo Spada, i principi del risultato e della fiducia non servono a “salvare” atti illegittimi, ma a orientare l’azione pubblica verso un risultato effettivo e conforme all’interesse collettivo. In questa prospettiva la tutela dell’ambiente assume un ruolo centrale e diventa misura stessa della legittimità dell’azione amministrativa.

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Redazione Greenreport

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