Skip to main content

Paradosso italiano: i carichi fiscali sull’elettricità sono più alti di quelli sui combustibili fossili

In uno studio del think tank Ecco vengono analizzati i motivi di questa «incoerenza» e proposte quattro azioni per cambiare rotta. La prima: allineare la fiscalità gravante sui vari prodotti energetici al loro contenuto energetico e alle emissioni di CO2, nonché alle loro prestazioni ambientali, in linea con il principio «chi inquina paga»
 |  Green economy

Ne abbiamo già parlato: fare il pieno all’auto elettrica non a tutti conviene, a causa della fiscalità vigente in Italia. E ora uno studio ad hoc appena pubblicato dal think tank italiano per il clima Ecco mette in luce con ricchezza di dettagli non solo quello che è un paradosso tutto italiano, ma anche le possibili soluzioni per lasciarcelo alle spalle. Il titolo è «Tassazione energetica e sussidi fossili in Italia» e in una quarantina di pagine evidenzia perché la tassazione dell’energia, che rappresenta quasi il 5% della tassazione totale dei paesi dell’Ue e il 5% di quella italiana, riveste un ruolo cruciale nell’attuale situazione geopolitica internazionale e nel contrasto della crisi climatica. Il perché è presto detto: «Oltre a contribuire ad aumentare le entrate, può promuovere obiettivi ambientali e sociali e garantire che i consumatori finali (famiglie e industrie) siano incoraggiati ad adottare soluzioni in linea con gli obiettivi climatici e di sicurezza nazionale, efficienti dal punto di vista energetico ed economico. È anche uno strumento potente per evitare incongruenze tra obiettivi ambientali e sociali, nonché un eccessivo carico fiscale su famiglie, consumatori e industrie». Peccato che l’Europa, e soprattutto il nostro Paese, si portano dietro un problema che impedisce un opportuno percorso verso l’indipendenza energetica e il ricorso sempre più imponente all’energia pulita.

Il problema di fondo, viene spiegato nello studio Ecco, è che c’è stata a livello comunitario una storica tendenza a tassare i prodotti energetici per settore, il che ha portato a tassare i prodotti energetici separatamente e in maniera non correlata, in base ad unità di misura legate al loro rispettivo volume (gas in €/Sm3; diesel e benzina in €/l; elettricità in €/kWh) piuttosto che al loro contenuto energetico, all'impatto ambientale e sociale e alle emissioni di CO2. «Ciò è in contrasto con l'attuale obiettivo di integrare i sistemi energetici – spiegano i ricercatori del think tank – creando reti interconnesse in cui le fonti rinnovabili rispondano a diversi bisogni degli utenti e migliorino l’efficienza complessiva». Questo sistema, o questa «incoerenza», come viene detto nello studio, può portare a «livelli proporzionalmente più elevati di tassazione sull'elettricità, rendendo le soluzioni elettriche più costose per i consumatori rispetto a quelle fossili e necessitando ulteriori interventi (e risorse) pubblici per incoraggiare scelte in linea con la transizione». I ricercatori sottolineano anche che sebbene una tassazione più gravosa sull'elettricità possa essere stata storicamente giustificata da un punto di vista ambientale, quando l'elettricità era prodotta principalmente a partire da fonti fossili, questa logica è sempre meno valida. Oggi, e sempre più in futuro, l'elettricità è il vettore energetico più decarbonizzato, prodotto attraverso fonti rinnovabili».

L’Italia, in questo contesto, è un caso esemplare: gli attuali carichi fiscali e parafiscali sull'elettricità nel nostro Paese sono infatti più elevati di quelli sui combustibili fossili. Lo studio realizzato da Ecco evidenzia che «tale trattamento fiscale e parafiscale preferenziale a favore dei prodotti fossili costituisce un sussidio ambientalmente dannoso implicito». E mostra che l’entità di questo sussidio è tutt’altro che marginale: la stima è di diversi miliardi di euro all'anno. «Tuttavia, rimane in gran parte invisibile nei resoconti ufficiali e non viene adeguatamente considerato dai responsabili politici».

Il documento non presenta però solo un quadro dello stato attuale. Nel testo vengono proposte anche le potenziali opzioni politiche per la revisione della tassazione energetica, «con l'obiettivo di integrare meglio gli obiettivi ambientali e sociali, garantendo al contempo flussi di entrate per il bilancio italiano». Queste proposte includono in particolare quattro azioni.

La prima prevede di allineare la fiscalità gravante sui vari prodotti energetici al loro contenuto energetico e alle emissioni di CO2, nonché alle loro prestazioni ambientali, in linea con il principio «chi inquina paga», e al loro contributo alla sicurezza energetica nazionale. Un primo passo, spiegano i ricercatori, potrebbe essere quello di riequilibrare le accise sul gas e quelle sull'elettricità, aumentando le prime e riducendo in maniera speculare le seconde. La seconda azione prevede di garantire che gli oneri di sistema elettrico parafiscali siano distribuiti sui diversi vettori energetici in modo coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione e non gravino esclusivamente sul vettore elettrico. Ciò, sottolinea lo studio, potrebbe essere realizzato trasferendo tali oneri dal vettore elettrico alla fiscalità generale oppure ridistribuendoli in modo più equo su tutti i vettori energetici. La terza proposta è quella di riformare i sussidi dannosi per l'ambiente per garantire che le risorse pubbliche non sostengano misure regressive contrarie alla decarbonizzazione, mentre la quarta è quella di sviluppare scenari a lungo termine per analizzare l'evoluzione del gettito fiscale derivante dalla tassazione dell'energia in Italia, come strumento per aiutare i decisori politici a considerare la tassazione dell'energia come un mezzo per bilanciare la stabilità delle entrate a lungo termine con la necessità di garantire risorse per finanziare la transizione e le politiche sociali.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.