Verdi e Socialisti europei fanno argine contro destre e attacchi di Trump all’Ue, ma intanto il Green deal si annacqua ancora
Da Bruxelles arriva un bollettino meteo-politico da allerta arancione: acque agitate nella regione “maggioranza Ursula”, con sempre più forti venti che soffiano da destra. La corrente atlantica contribuisce a destabilizzare il Vecchio continente, spazzando via antiche consuetudini, convinzioni e convenzioni. E nei territori che confinano a est ci si compiace delle turbolenze vicine e del clima più mite con vecchi nemici più lontani.
Zoomando sulle terre oggetto del bollettino, l’immagine è questa: sull’Europa è piombato un macigno nelle fattezze della nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti firmata Donald Trump, che si occupa anche della «grave questione dell’Ue» e del presunto rischio di una cancellazione della «civiltà europea», del «declino democratico» che sarebbe in corso dalle nostre parti, di «governi di minoranza instabili» e di «aspettative irrealistiche» sulla guerra in Ucraina. La risposta arrivata dai vertici dell’Unione europea, anche dopo che Trump ha continuato a dichiarare contro i «leader deboli» dell’Europa, è stata flebile e per nulla ferma o formale: è arrivata la «presa d’atto» del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, mentre da parte della Commissione Ue sono arrivate sporadiche dichiarazioni da parte di qualche portavoce e un intervento davanti alla commissione Affari esteri del Parlamento europeo dell’Alta rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, che ha detto: «Penso che dovremmo sicuramente essere più sicuri di noi stessi».
Troppo poco, di fronte al cambio di paradigma che, orami è fin troppo chiaro, si è innescato tra le due sponde dell’Atlantico. I Verdi europei chiedono una risposta più forte da parte delle istituzioni comunitarie di fronte alla nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che prende di mira il progetto europeo e non a caso è stata apertamente accolta con favore sia dal Cremlino che dal primo ministro ungherese Orbán. Ciarán Cuffe, copresidente dei Greens, non la mette giù leggera nei confronti della Casa Bianca: «Trump sta tentando di smantellare l’Unione europea, prendendo spunto dal manuale del Cremlino. Gli Stati Uniti si comportano più come un lobbista aziendale che come un difensore della democrazia e dello Stato di diritto. Il mancato sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina si allinea più alla guerra di aggressione di Putin che alla ricerca della pace di Zelensky. L’Europa deve rispondere a questa sfida con coraggio politico». E poi: «Gli europei sono orgogliosi di un’Unione europea che garantisce protezione sociale, diritti dei lavoratori e tutela dell’ambiente a centinaia di milioni di persone. Siamo orgogliosi dei nostri diritti alle ferie, ai giorni di malattia e al congedo parentale. Difendiamo il ruolo dell’Europa nella lotta alla crisi climatica piuttosto che arrenderci agli interessi delle grandi aziende».
E con quest’ultima frase il dirigente dei Verdi europei, volontariamente o meno che sia, mette il proverbiale dito nella piaga. Già, perché mentre da destra e sinistra o, per meglio dire, da est e da ovest, sull’Europa piovono attacchi verbali e non solo, il modello europeo fondato negli ultimi anni sulla tutela dell’ambiente e la lotta alla crisi climatica continua a perdere colpi e il Green deal varato nella scorsa legislatura europea continua a perdere pezzi.
L’ultima bordata all’agenda verde dell’Ue, dopo le tante registrate negli ultimi mesi, è arrivata con il cosiddetto pacchetto Omnibus, che ormai è al traguardo: presentato a febbraio come un insieme di correttivi per semplificare la troppo farraginosa legislazione europea, in verità si è dimostrato sempre più un trampolino di lancio verso una vera e propria deregulation, con il Partito popolare europeo che a ogni passaggio legislativo ha minacciato di allearsi con le destre ogniqualvolta si dovesse decidere se «semplificare» o mantenere fede agli impegni assunti con il Green deal. E ora, per un passaggio chiave tra Bruxelles e Strasburgo, il format si è ripetuto: ieri al Parlamento europeo il Ppe si è mosso insieme ai partiti di estrema destra per imporre la propria posizione al Parlamento europeo e poi, in sede di trilogo, ha fatto sì che venissero escluse oltre l’85% delle imprese dal campo di applicazione della Csrd (Corporate sustainability reporting directive, ovvero la direttiva europea che obbliga le aziende a rendicontare le informazioni sulla sostenibilità) e a ottenere che soltanto 1.500 aziende in tutta l’Ue siano interessate dagli oneri previsti dalla Csddd (Corporate sustainability due diligence directive, direttiva europea sulla dovuta diligenza sulla sostenibilità).
L’esito di questo iter comunitario ha spaccato la cosiddetta “maggioranza Ursula” che all’Europarlamento si regge sui cardini rappresentati dal Partito popolare europeo e dal gruppo dei Socialisti & Democratici. Che non hanno preso bene l’asse formato dal Ppe con i gruppi di estrema destra per annacquare ulteriormente il Green deal. «Il Ppe e l’estrema destra hanno unito le forze per minare le norme sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese e sulla due diligence, non accetteremo mai questa agenda ispirata da Trump», ha detto la vicepresidente del gruppo S&D Ana Catarina Mendes. E René Repasi, coordinatore S&D per la commissione Affari legali e relatore ombra per l’Omnibus, ha aggiunto: «Razionalizzare le sovrapposizioni e i requisiti di rendicontazione è ragionevole, ma indebolre una legge prima ancora che sia stata attuata no. Rimandare questi standard non rende l’Europa più competitiva, ma ci rende dipendenti da regole scritte altrove».
Ecco perché quando il capogruppo del Ppe ha postato su X una foto con le mani a cuoricino, la bandiera comunitaria e la scritta «l’Europa è nei nostri cuori, orgoglioso di essere europeo», la presidente del gruppo dei Socialisti & Democratici Iratxe Garcia Perez ha risposto sulla stessa piattaforma social: «Manfred, il modo migliore per difendere l’Ue, la sua bandiera e soprattutto il suo popolo, non è collaborare con chi vuole smantellarla. Sai dove siamo». Inutile dirlo: non a destra e non dove si lavora per affossare il progetto europeo.