Skip to main content

Torna a Castalia il servizio nazionale d’antinquinamento marino, ma senza lotta al marine litter

Il Mase ha (ri)aggiudicato il bando al monopolista di fatto del settore, ma espungendo un servizio fondamentale alla collettività
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Dopo aver disertato lo scorso ottobre la procedura di gara bandita dal ministero dell’Ambiente, la società consortile Castalia – che rappresenta un monopolista di fatto, assembrando 31 delle principali aziende italiane specializzate nel settore marittimo ambientale – è ritornata ad aggiudicarsi la gara comunitaria per il servizio di antinquinamento marino, indetta da trent’anni a questa parte dal ministero. Già oggi la stessa società risulta l’attuale appaltatrice del servizio in parola, in base ad un contratto prorogato lo scorso gennaio e che scadrà a fine agosto.

Castalia ha ottenuto l’appalto del servizio con un’offerta che ha previsto un ribasso dello 0,04785% sul prezzo a base d’asta, ovvero per circa 41,78 milioni di euro (su 41,8 milioni a budget) per effettuare un servizio pubblico per la durata di 24 mesi. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che si tratta di un costo inferiore al budget proposto nella precedente gara (43,4 milioni di euro).

Nel bando di gara ad evidenza comunitaria, il Ministero richiamava che “anche in considerazione delle limitate disponibilità di bilancio”, veniva stralciato il servizio dedicato di pattugliamento periodico delle piattaforme offshore presenti lungo le coste italiane. Va da sé che questo “piccolo grande” stralcio ha importanti positive ricadute economiche sulla società, che risparmierà un bel po’ sulle spese per il carburante. Anche l’attività di raccolta del marine litter (i rifiuti solidi abbandonati in mare e composti principalmente da plastiche), che venne introdotta durante il governo “Conte due” – ricordiamo che fu il ministro Sergio Costa a volerlo introdurre nel bando per l’assegnazione del servizio antinquinamento – è stato eliminato perché, testualmente, “non ha dato i risultati attesi” (sic).

Dunque, stando alle valutazioni dei tecnici del ministero, invece di potenziare un servizio ritenuto dalla comunità scientifica di tutto il mondo quale servizio essenziale – il contenimento dell’inquinamento da plastiche – per mantenere la salubrità dei mari, è stato deciso di eliminarlo in modo di abbassare sensibilmente i costi per la società aggiudicataria del bando e rendere più interessante (lucroso?) il servizio medesimo che, ricordiamolo, in trent’anni di attività è costato ai contribuenti più di un miliardo di euro.

Fin qui il dato della cronaca ministeriale, al quale, dal nostro punto di vista, aggiungeremo alcune osservazioni in linea con l’attività antinquinamento che il ministero è tenuto ad assolvere su preciso mandato della legge 979/82 che, a distanza di 43 anni, costituisce l’architrave sul quale poggia l’intero sistema di tutela del mare cui è dotato il nostro Paese.

La prima fondamentale domanda, anche se scomoda per la classe armatoriale che, rimarchiamolo, in tutti questi anni non ha rinnovato le proprie unità, tra le quali molte hanno già superato i 40 anni di attività operativa e qualcuna ha già salutato il mezzo secolo di vita. Domandiamoci: sono ancora da ritenere mezzi affidabili in caso di emergenza marine pollution?

L’Italia ricorda molto bene il dramma ambientale conseguente all’esplosione della petroliera Haven nel Golfo di Genova (1991) e della collisione avvenuta qualche mese dopo tra la Moby Prince e la petroliera Agip Abbruzzi per non sapere, per esperienza diretta e dolorosa, quanto sia importante avere un servizio, magari composto da meno navi (pazienza se si scontenterà qualche armatore), ma che sia all’altezza di espletare al massimo delle potenzialità e al meglio delle moderne tecniche operative le funzioni collegate con l’antinquinamento marino, di cui ci piace sottolineare che il recupero delle plastiche costituisce il fattore più rilevante ed urgente da combattere, come espressamente richiamato dalla direttiva 2008/56/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, meglio nota come Marine strategy.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.