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La Corte suprema cinese ordina pene severe e ripristino ambientale per rafforzare la tutela del fiume Yangtze

Il “fiume madre della Cina” è al centro di pressioni e interessi economici legati al rapido sviluppo industriale e urbano. La legge che lo tutela è la prima dedicata a un bacino fluviale nel Paese
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Di recente, la Corte Suprema del Popolo ha reso noto i casi guida che hanno un focus sulla tutela ambientale. Tra questi si mette in evidenza il procedimento contro Zhang Moushan e altri che ha portato a pene esemplari contro gli accusati di estrazione illegale di sabbia in un tratto molto vasto del fiume Yangtze. Secondo la Corte Suprema, questa è un’attività che ha causato danni gravissimi all’ecosistema fluviale.[1] In particolare, il caso ha introdotto modalità innovative di ripristino ecologico cosiddetto transregionale, coordinando le azioni di diverse amministrazioni locali.

Un fiume sotto pressione

Storicamente, il fiume Yangtze, conosciuto come “中国的母亲河 fiume madre della Cina”, è al centro di pressioni e interessi economici legati al rapido sviluppo industriale e urbano. All’apparenza la sua salvaguardia è cruciale solo per la biodiversità e la sicurezza ecologica, ma in realtà la motivazione centrale è che potrebbe essere a rischio il futuro della Cintura Economica del fiume Yangtze che, ad oggi, costituisce uno degli assi portanti della crescita cinese.[2]

Nel 2021, l’entrata in vigore della Legge sulla protezione del fiume Yangtze rappresenta la vera svolta normativa. Questa è la prima legge in Cina dedicata specificamente alla protezione di un bacino fluviale. Il legislatore cinese ha così introdotto i principi di priorità ecologica, sviluppo verde e responsabilità legale rafforzata, e, al contempo, ha imposto limiti severi all’inquinamento e strumenti di compensazione ecologica.

Il caso Zhang Moushan

Nel caso specifico, gli imputati hanno utilizzato scavatrici illegali per estrarre sabbia in un’area sensibile della Provincia di Anhui. La distruzione dell’habitat e la riduzione delle riserve ittiche sono state le conseguenze negative, dell’attività illegale che ha compromesso, nel lungo periodo, la biodiversità presente nella zona fluviale.

Dunque, ponendo alla base l’idea di una governance unitaria del bacino fluviale e superando divisioni amministrative per garantire un processo efficace ed entro una ragionevole durata, la Corte Suprema ha deciso di affidare il caso a un tribunale della provincia di Jiangsu.[3] Oltre alle condanne penali, il tribunale ha imposto agli imputati la responsabilità civile per il danno ecologico, ordinando che i fondi per il ripristino ambientale fossero destinati direttamente a progetti di riqualificazione del fiume Yangtze, incluse azioni per la protezione della focena senza pinna, specie simbolo e a rischio critico.[4]

Un modello replicabile

Emerge un dato impressionante: dal 2021 a oggi, i tribunali popolari hanno gestito oltre 450.000 casi ambientali nel bacino del fiume Yangtze. Questo dimostra come la giustizia cinese ha tra le sue priorità urgenti la lotta all’inquinamento e la protezione delle risorse naturali. Pertanto, il caso Zhang Moushan si presenta anche come una sorta di modello replicabile avente le seguenti caratteristiche: (i) punizione severa dei reati ambientali, (ii) ripristino ecologico immediato e, in fine, (iii) collaborazione transregionale.

Una sfida di lungo periodo

Di fatto, la protezione del fiume Yangtze resta una questione vitale. Come può essere osservato, solo un sistema giuridico solido, unito a una governance ecologica integrata, potrà assicurare che il fiume madre della Cina continui a essere una fonte di vita per milioni di persone e per le generazioni future.

[1] http://english.court.gov.cn/

[2] https://en.ndrc.gov.cn/

[3] http://english.court.gov.cn/

[4] https://english.mee.gov.cn/

Giuseppe Poderati

Giuseppe Poderati è professore di Lingua e Cultura Italiana presso la Hubei University of Economics in Cina con focus su eco-linguismo. Laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università LUMSA, ha arricchito il suo percorso formativo partecipando a un programma di scambio internazionale presso la SUNY - State University of New York e il Center for Italian Studies. Giuseppe ha proseguito gli studi con corsi post-laurea in Business Internazionale, Politiche Pubbliche nell’Euro-Mediterraneo, ASEAN e Diritto Internazionale e Comparato, frequentando prestigiose istituzioni come il Graduate Institute di Ginevra e la National University of Singapore. Durante la sua carriera accademica, è stato visiting scholar presso il Max Planck Institute e l’Università di Palermo. Autore di numerosi articoli scientifici, Giuseppe ha completato un dottorato di ricerca in Diritto Ambientale presso la Wuhan University, consolidando il suo profilo di studioso internazionale e collaborando con altre università e organizzazioni.