“Fishing for the Planet”, recuperate dal mare della Sardegna 600 reti abbandonate
L’iniziativa era stata annunciata all’inizio dell’estate e ora, con il cambio di stagione alle porte, viene comunicato il risultato delle operazioni svolte in Sardegna: nel corso di paio di mesi sono state recuperate dal mare circa 600 reti da pesca abbandonate, perse o dismesse. Un buon risultato, ma che viene accompagnato dai promotori dell’impresa da un altro dato: la stima è che quelle ancora incagliate nei fondali dell’Isola siano quasi 5 mila.
Il titolo del progetto è “Fishing for the Planet”, è nato nel 2021 ed è promosso in Sardegna dall'associazione Asd Blue Life. Il problema affrontato non è di poco conto: nelle cosiddette reti fantasma restano intrappolati pesci, tartarughe marine, delfini, squali, mammiferi, uccelli marini e tante specie già a rischio estinzione. Ogni rete e nassa abbandonata rappresenta, dunque, una minaccia per l'intero ecosistema marino. Il tema è stato tra l’altro al centro di una tavola rotonda che si è svolta alla Lega Navale di Cagliari, organizzata da Blue Life con il supporto e patrocinio delle istituzioni locali, di numerosi partner, e alla quale hanno partecipato esponenti del mondo universitario, dei corpi d'arma e delle associazioni di settore. Dall'incontro è emersa la necessità di attuare un'urgente azione condivisa per la tutela dell'ambiente marino e delle risorse ittiche.
Il problema delle reti abbandonate non riguarda, però, solo la Sardegna, ma è di dimensioni globali. Secondo il Ghost Gear Report del Wwf, ogni anno tra le 500 mila e un milione di tonnellate di attrezzature da pesca fantasma finiscono negli oceani. Costituite prevalentemente da fibre sintetiche come nylon e polietilene, queste reti sono estremamente resistenti e possono rimanere attive per decenni, trasformandosi in trappole invisibili. «Il progetto Fishing for the Planet - ha spiegato Simone Mingoia, presidente dell'Asd Blue Life - è nato nel 2021, durante un campionato di pesca. Inizialmente, ci siamo dedicati alla mappatura e alla ricerca, poi l'iniziativa si è evoluta nella vera e propria raccolta di nasse e reti abbandonate». L'iniziativa è proseguita con la collaborazione della Regione Sardegna, dei Comuni di Cagliari e Quartu, della Capitaneria, dei carabinieri, della Marina Militare, con il supporto dei pescatori di Isola Rossa, della Federazione Fipsas e di numerosi volontari. «Lo scorso 18 giugno - ha sottolineato Mingoia - abbiamo recuperato circa 600 nasse, con l'aiuto dei pescatori di Isola Rossa e insieme a Fabio Previti, comandante del Nucleo Sommozzatori dei carabinieri di Cagliari. Un quinto di queste era ancora abitato da polpi e murene: da qui è nata la collaborazione con l'Università di Cagliari».
Il presidente dell'Asd Blue Life stima che «ci siano almeno 5 mila nasse da recuperare, che andranno censite, registrate e datate per poi analizzarne l'impatto, insieme al professor Cau dell'Università di Cagliari. Il recupero viene effettuato con particolari palloni che consentono di staccare le nasse senza danneggiare la posidonia, un aspetto fondamentale anche per la ricerca universitaria. Nei prossimi tre anni lavoreremo per capire quanta biodiversità viene persa ogni anno e in che misura questo influisca sugli stock ittici. Abbiamo già operato in diverse aree, tra Cagliari e Kala e Moru a Quartu, e quest'estate - ha concluso Mingoia - abbiamo avviato anche laboratori didattici con Up School, che hanno coinvolto tanti bambini».