
È italiano il nuovo modello di gestione delle specie aliene

Un nuovo approccio tutto italiano per contrastare l’invasione delle piante aliene ha attirato l’attenzione della Commissione Europea (section Energy, Climate change, Environment). Lo studio, pubblicato sulla rivista Ecological Indicators, è il risultato del lavoro di un team interdisciplinare di esperti provenienti da diverse istituzioni accademiche italiane. Tra questi, la professoressa Iduna Arduini dell'Università di Pisa, botanica del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, che ha avuto un ruolo chiave nella raccolta e nell’analisi dei dati sulle specie vegetali invasive.
Il metodo sviluppato si basa sull'integrazione tra modelli climatici predittivi e dati reali di distribuzione per esaminare la diffusione attuale e futura di 34 specie invasive in Italia.
Il risultato? Una suddivisione chiara e funzionale delle piante in tre categorie di gestione: eradicazione (per specie con alto rischio di invasione, ma ancora in fase iniziale), controllo e contenimento (per specie già diffuse, ma ancora gestibili), e monitoraggio (per specie già ampiamente diffuse o con impatti incerti). Questa strategia permetterà di prevenire danni ambientali e di ottimizzare le risorse destinate alla lotta contro le piante invasive.
«Fortunatamente, non tutte le specie aliene diventano invasive – spiega la professoressa Arduini – Ad esempio, delle 1597 specie vegetali aliene censite in Italia, soltanto il 14% circa ha manifestato un comportamento invasivo. Diventa perciò di cruciale importanza individuare quelle su cui indirizzare le azioni di eradicazione, controllo o semplice monitoraggio. Gli interventi di eradicazione sono raccomandati per le specie potenzialmente invasive ma non ancora ampiamente diffuse. Tra queste compaiono Nelumbo nucifera (fior di loto) e Phyllostachys aurea (bambù dorato), entrambe specie ornamentali il cui rilascio nell’ambiente deve essere assolutamente evitato sia sotto forma di semi che frammenti».
L’approccio adottato dall’Italia potrebbe ora diventare un modello di riferimento a livello europeo, contribuendo a una gestione più efficace e scientificamente fondata delle specie invasive.
