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L'Università di Pisa a caccia della polvere cosmica

Ogni anno atterrano sul pianeta 40mila tonnellate di materiali extraterrestri: si studieranno in Toscana
 |  Scienza e tecnologie

Quarantamila tonnellate l’anno: un «continuo flusso di materia extraterrestre, costituito principalmente da polveri cosmiche», atterra ogni anno sul nostro pianeta; sono «minuscoli frammenti di roccia (1-2000 micrometri) prodotti principalmente da collisioni tra asteroidi o dalla evaporazione e disintegrazione di comete. Si tratta quindi di campioni dei materiali più primitivi del sistema solare da cui si sono formati i pianeti rocciosi, inclusa la Terra», ma poco sappiamo di questi materiali. Studiarli sarà compito del progetto Polvere cosmica: una visione cosmochimica dell'origine e dell'evoluzione del sistema solare, appena presentato dal dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Pisa.

L’Ateneo toscano sarà al centro del progetto, finanziato dal Miur e da condursi in collaborazione con l’Istituto nazionale di astrofisica di Roma, esprimendo anche il coordinatore (nella foto): Luigi Folco, professore associato di Petrologia e Petrografia.

«Analisi cosmochimiche di micrometeoriti, raccolte sulle Montagne Transantartiche, e di polveri cosmiche, campionate nella stratosfera sopra l'Antartide mediante sonde stratosferiche, permetteranno – spiegano dall’Università di Pisa – di discutere la natura di tutti i corpi celesti del sistema solare in grado di produrre polveri come asteroidi e comete - forse pianeti e loro satelliti - nonché di studiare il contributo della materia extraterrestre al budget geochimico della Terra».

Una prospettiva che potrà forse aiutare ad avere cognizione di quanto scarse e (dunque) preziose siano le risorse naturali presenti sulla Terra, un sistema di fatto chiuso. I 40,000,000 kg di polvere che piovono ogni dodici mesi sul pianeta potrebbero sembrare molti, ma sono un’inezia di fronte alla massa della Terra, stimata in circa 5,972,190,000,000,000,000,000,000 kg. A loro volta, i minerali accessibili (e indispensabili) all’uomo rappresentano una minuscola frazione di questo numero ciclopico, e non sono rinnovabili: meglio prendersene cura finché abbiamo gli strumenti per farlo.

Redazione Greenreport

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