
Cosa sappiamo dell’eruzione dell’Etna, spiegato dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia

Nella mattina di ieri l’Etna è tornato a risvegliarsi con un flusso piroclastico prodotto da un collasso di materiale del fianco settentrionale del cratere di sud-est, da cui si è poi generata fontana di lava.
«Il tremore vulcanico ha raggiunto valori molto alti con localizzazione del centroide delle sorgenti nell'area del cratere di sud-est – spiega l’Osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – Anche l'attività infrasonica risulta elevata con eventi localizzati in corrispondenza del cratere di sud-est».
L'attività esplosiva dal cratere di sud-est ha generato tre colate laviche principali: una si è diretta a sud, una seconda a est (ramificandosi in più bracci) e l'ultima, originatasi alla base del fianco settentrionale del cratere di sud-est, si è diretta a nord. Tutte le colate sono ora in fase di raffreddamento. Il flusso piroclastico si è propagato verso nord-est, raggiungendo la parete nord della Valle del Bove.
«Nei prossimi giorni – continua l’Ingv – verranno effettuati rilievi sul terreno per la mappatura del deposito. Il materiale fine di colore rossastro prodotto dal flusso piroclastico è stato trasportato dai venti in quota disperdendosi a ovest-nord-ovest, con segnalazioni di ricaduta a Cesarò e Bronte».
Dal cratere di sud-est si osservano ancora sporadiche emissioni di cenere che si disperdono in zona sommitale, ma l’allarme appare a ora rientrato: «Al momento il trend deformativo appare esaurito», sottolinea nel merito l’Osservatorio etneo.
