
La donna è ancora ai margini della nostra società, anche nel mondo scientifico

Solo uno scienziato su tre è donna. Mi correggo, nel mondo scientifico troviamo una scienziata ogni due scienziati. Il sostantivo al femminile è ancora raro e inusuale. È necessaria una piccola rivoluzione anche nel linguaggio: usare più spesso il femminile.
Vorrei partire da questo stereotipo linguistico per introdurre il recente report dell’Unesco che fornisce il dato sull’attuale divario di genere nella scienza: un terzo di chi fa ricerca è rappresentato da donne. Tradotto, nei paesi meno attenti alla condizione femminile la proporzione si riduce drasticamente.
La Call to action to close the gender gap in science dell’Unesco è un appello che punta a sollecitare governi, università, istituzioni e società civile tutta affinché le donne non siano più spettatrici ma protagoniste dello sviluppo scientifico e tecnologico.
L’organizzazione delle Nazioni Unite sottolinea che l’uguaglianza di genere nella scienza non è solo una questione di giustizia ed equità, ma una necessità per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la gestione dell’intelligenza artificiale, il superamento della povertà. Tuttavia, il progresso resta lento; le donne costituiscono appena il 28% dei laureati in ingegneria o il 22% dei professionisti dell’IA. Soltanto il 12% dei membri delle accademie nazionali delle scienze sono donne.
Le percentuali della presenza femminile nel mondo scientifico varia tra i diversi Paesi, senza che vi sia una correlazione tra la ricchezza di un Paese e il suo successo nel raggiungere la parità di genere. Il problema è, quindi, globale e storico.
Il problema non nasce da una mancanza di talento. A pesare sono i pregiudizi radicati nella società, la mancanza di modelli femminili positivi e di successo, e ambienti lavorativi spesso ostili in maniera criptica. Potremmo parlare di barriere invisibili. Cosicché molte donne, inconsciamente, si scoraggiano sin dai primi anni di scuola, senza investire su sé stesse.
L’Unesco evidenzia la necessità di smantellare stereotipi, e di promuovere i contributi delle scienziate nei libri di testo, nei media e nei programmi educativi, dando un peso alla positività piuttosto a ciò che è negativo e disilludente.
Per invertire la rotta, servono interventi precoci e un’istruzione inclusiva. Il report suggerisce raccomandazioni concrete, come l’introduzione della scienza fin dalla scuola dell’infanzia.
Apprendere contenuti scientifici, infatti, in una fase scolastica precoce contribuisce a far fare scelte sulla propria istruzione e carriera in linea con le proprie passioni, che vengono da subito stimolate. Siamo in un momento storico dove la presenza scolastica delle piccole donne è la più alta mai registrata. L'educazione primaria può avere un ruolo fondamentale affinché il percorso verso una carriera scientifica appaia attraente e accessibile.
Insieme alle politiche sociali comunemente adottate per supportare l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro, formazione degli insegnanti su parità e inclusione, premi e borse di studio per le ragazze, e programmi extra-scolastici che mettano in contatto studentesse con mentori femminili sono altre proposte del documento.
L’Unesco non dimentica di agire contro le violenze basate sul genere, incluso il sessismo e le molestie sessuali, un nodo alquanto complesso e, purtroppo, attuale, che nell’ambiente di lavoro si traduce nel più ampio abuso di potere.
Le donne già attive nel mondo scientifico si scontrano con il cosiddetto “tetto di cristallo”; è dimostrato che più si avanza nella carriera, meno donne si incontrano nelle posizioni apicali. Siamo di fronte a un momento di consapevolezza che ci suggerisce altre azioni rispetto le consuete politiche sociali e un impegno su diversi livelli della società, sia puntuale che globale.
Il documento si chiude con un appello chiaro: passare dalle parole ai fatti. Servono dati reali, un monitoraggio costante e la collaborazione tra istituzioni pubbliche e private per costruire una scienza senza confini di genere. La scienza prospera grazie alla diversità delle voci e delle menti, e contestualmente il benessere della nostra società.
