Un mondo in depressione. Oggi la salute mentale è un problema per oltre 1 miliardo di persone
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato oggi in contemporanea due nuovi rapporti – World mental health today e Mental health atlas – da cui emerge che oltre 1 miliardo di persone vive con disturbi mentali: in particolare, condizioni come ansia e depressione infliggono ormai enormi costi umani ed economici in tutto il mondo, rappresentando la seconda principale causa di disabilità a lungo termine. Ansia e depressione sono i tipi di disturbi mentali più comuni, sia tra gli uomini che tra le donne, mentre il suicidio resta un esito devastante con una stima di 727.000 vite perse solo nel 2021. È una delle principali cause di morte tra i giovani in tutti i paesi e contesti socioeconomici.
L’impatto economico dei disturbi mentali è «sconcertante» secondo l’Oms. Sebbene i costi sanitari siano consistenti, i costi indiretti – in particolare quelli legati alla perdita di produttività – sono molto più elevati. Solo depressione e ansia costano all’economia globale una stima di 1.000 miliardi di dollari all’anno. Eppure la spesa pubblica mediana per la salute mentale rimane al 2% dei budget sanitari totali – invariata dal 2017. Le disparità tra paesi sono evidenti: mentre i paesi ad alto reddito spendono fino a 65 dollari per persona per la salute mentale, i paesi a basso reddito spendono appena 0,04 dollari. Il numero mediano globale di operatori di salute mentale è di 13 ogni 100.000 persone, con carenze estreme nei paesi a basso e medio reddito.
«Trasformare i servizi di salute mentale è una delle sfide più urgenti per la sanità pubblica – commenta Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms – Investire nella salute mentale significa investire nelle persone, nelle comunità e nelle economie, un investimento che nessun paese può permettersi di trascurare. Ogni governo e ogni leader hanno la responsabilità di agire con urgenza e garantire che l’assistenza per la salute mentale sia trattata non come un privilegio, ma come un diritto fondamentale per tutti».