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Puntata 15

Aiuto! Si è ristretto il Ponte sullo Stretto! Il No della Corte dei Conti al visto di legittimità della delibera Cipess ferma l’iter del ponte, finanziamenti e cantieri

 |  Speciale Ponte sullo Stretto

Non c’era un solo motivo in grado di convincere il 29 ottobre scorso, la Sezione di controllo della Corte dei Conti sugli atti del governo in seduta collegiale, a negare il visto di legittimità e la registrazione della delibera n. 41 tramessa dal CIPESS - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile - il 6 agosto 2025, che autorizzava il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto con la mega-assegnazione di 13,5 miliardi di euro di finanze pubbliche. Non c’era una sola ragione in grado di convincere e indirizzare i rigorosi magistrati contabili verso il No alla bollinatura dell’atto che avrebbe concesso il via libera anche alla spesa della prima tranche di 4,2 miliardi di euro per lavori accessori di collegamenti stradali, ferroviari e dando IL via anche agli espropri sulle due sponde di Messina e Reggio Calabria. Non c’era un solo motivo, e non c’era una sola ragione per fermare il riavvio dell’iter, perché c’erano una marea di fondati motivi e fondate ragioni, messe nero su bianco dalla Corte dei Conti, presieduta da Guido Carlino, con precisione giuridica e di prassi amministrativa.

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Con la Corte dei Conti non si scherza. Doveva essere chiaro a tutti in partenza che non funzionano i bluff o le raccomandazioni e né tantomeno ragioni di tattica politica che in quella sede devono valere e valgono zero. Ed è toccato ai magistrati contabili far venire a galla dalle acque dello Stretto superficialità, anomalie procedurali a partire dall’incredibile assenza di un firma in calce alla documentazione inviata dal governo in forma “figlia di nessuno”, reticenze a richieste di chiarimenti, cifre e calcoli inattendibili, spese non giustificate, chiarimenti e pareri obbligatori non pervenuti soprattutto dai ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Economia e Finanze su appalti e gare e su tariffe di pedaggio e violazioni di norme europee e norme ambientali. Chi ha pensato di potersela cavare, sperando di passare indenni sotto le forche caudine dell’alta magistratura contabile, si è ritrovato con un progetto smontato pezzo dopo pezzo, crollato come il fragile puzzle che era.

A 56 anni dal 12 maggio del 1969, giorno in cui venne bandito dall’allora Ministero dei lavori pubblici il primo concorso internazionale di idee per un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Calabria e la Sicilia, ancora una volta siamo di fronte a fondati dubbi sulla correttezza dell’iter, all’incompletezza e all’inattendibilità di scelte annunciate per essere rinviate, e al nuovo blocco del progettone.  I magistrati contabili, non avendo bollinato la delibera sul Ponte, l’hanno resa impubblicabile in Gazzetta Ufficiale, facendola ritornare al mittente - Palazzo Chigi, Consiglio dei Ministri - con un boomerang che fa parecchio male agli sponsor del Ponte perché un atto di quella natura e di quel peso politico e finanziario, privo del visto della Corte dei Conti vale zero.  E la magistratura contabile si è limitata a svolgere il suo prezioso lavoro di organo costituzionale con funzioni di controllo sulla corretta gestione delle risorse pubbliche e con funzioni giurisdizionali in materia di contabilità pubblica, con la riconosciuta autonomia e indipendenza da ogni altro potere dello Stato. Erano e sono obbligati al ruolo di controllori della legalità dell'azione amministrativa e della legittimità degli atti del Governo e delle amministrazioni pubbliche, per prevenire sprechi e cattive gestioni. E anche se a caldo sono stati accusati di “ingerenza politica”, “invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, “capziosità”, “intollerabile invadenza”  e persino messi in guardia per la “riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all'approvazione”, dopo 24 ore tutti hanno abbassato i toni. Oggi, da Palazzo Chigi e dai ministeri, tutti fanno sapere che: “Le motivazioni della deliberazione della Corte dei conti saranno oggetto di attento approfondimento da parte del Governo, in particolare delle amministrazioni coinvolte, che da subito sono state impegnate a verificare gli aspetti ancora dubbi…in un confronto che intende essere costruttivo”.

Ma la realtà è che la stazione appaltante, la Spa pubblica Stretto di Messina, non può indire le gare promesse all’inizio di gennaio se vuole evitare danni erariali e conseguenze penali. La mancata registrazione le impedisce di sottoscrivere l’accordo di programma con il Mit e il Mef per la definizione degli impegni finanziari, e deve rimettere in conto l’ennesimo flop. Tutti hanno capito che il ritorno della stessa delibera in Consiglio dei ministri ri-motivata e ri-deliberata in nome dell’interesse pubblico superiore, comporterebbe altissimi rischi giudiziari senza il nullaosta della Corte dei Conti. Che procedere con l’apertura di qualche cantiere esporrebbe eventuali firmatari-kamikaze a ricorsi al TAR, a ricorsi costituzionali, a istanze alle corti europee e ad assumersi responsabilità soprattutto finanziarie.

Vedremo cosa accadrà. Intanto, quel che è chiaro è l'addio alla posa della prima pietra del Ponte sullo Stretto nel 2026. Il governo ha infatti deciso di riscrivere la delibera Cipess continuando a immaginare che tutto possa filare liscio evitando soprattutto una nuova gara, come chiedono anche i magistrati contabili della Corte di Centi. La nuova gara ucciderebbe il sogno dei pontieri dell’apertura dei primi cantieri: «Rifare il bando significa non fare più il Ponte», ammette Salvini. Tutto ciò è emerso dalla riunione tecnica, alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mantovano, e dei dirigenti del Dipartimento per la programmazione e dei ministeri dell'Economia, degli Affari europei, delle Infrastrutture e dell'Ambiente, e con l'ad della Stretto di Messina, Pietro Ciucci.

La soluzione immaginata è di non chiedere la registrazione con riserva da parte della Corte dei Conti della delibera bocciata - altra ipotesi immaginaria - e di lavorare ad una nuova delibera Cipess, accogliendo qua e là qualche rilievo dei magistrati. Ma intanto passerà anche il prossimo anno senza i cantieri promessi, e dovranno di nuovo superare l’altissima asticella della Corte dei Conti per evitare un nuovo bando di gara. Missione praticamente impossibile.

Vale la pena di fare un riepilogo, leggere l’intera delibera della Corte dei Conti con l’elenco impietoso delle maggiori debolezze che reggevano il Ponte, per capire i tanti perché della bocciatura.


LE CLAMOROSE FALLE DEL PIANO MESSO A PUNTO DALLA SPA STRETTO DI MESSINA

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PERCHÉ NESSUNO HA ALZATO LA PENNA PER FIRMARE LA DELIBERA CIPESS INVIATA ALLA CORTE DEI CONTI?

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La relazione e la delibera IROPI - acronimo di “Imperative Reasons of Overriding Public Interest” ovvero Motivazioni Imperative di Rilevante Interesse Pubblico -, approvata dal Consiglio dei Ministri il 6 agosto scorso che definiva la costruzione del Ponte sullo Stretto come un’opera “urgente e di necessità per lo Stato", con la certezza di poter bypassare vincoli e impatti ambientali e norme nazionali e Ue per motivi di “interesse pubblico” considerati “preponderanti” e privi di alternative”, aveva in sé un grosso baco sia di forma che di sostanza che già la esponeva al rischio di bocciatura. Reggetevi forte! L’atto di Stato è stato inviato alla Corte dei Conti senza firma. Nessun ministro o viceministro o sottosegretario di Stato o alto dirigente dello Stato, un vicepresidente o la stessa Presidente del Consiglio ha ritenuto di apporre il suo nome e il suo cognome assumendosi le responsabilità dell’avvio delle procedure speciali per la realizzazione del Ponte. È ciò che innanzitutto fanno rilevare i magistrati contabili, scrivendo che “La delibera approvata in Cdm si basa su un parere non firmato da nessuno e solo trasmesso dal Mit. Mancano inoltre le spiegazioni tecniche sulle deroghe alle norme chieste dalla procedura straordinaria cosiddetta Iropi e con un report sul quale non c'è una firma”. 

L’anomalia dell’assenza formale di un mittente sa tanto di fuga da eventuali responsabilità presenti e future. Lo spazio della firma non è stato lasciato per caso in bianco su una delibera ritenuta “fondamentale” e approvata dal Consiglio dei Ministri. Come avranno sussurrato ai potenziali firmatari i loro bravi esperti e consulenti, la magistratura contabile avrebbe contestato al firmatario o ai firmatari tutti i rilievi e i rischi in questo caso sono personali. Chiunque firmi un atto di spesa pubblica senza una delibera registrata dalla Corte dei Conti, risponde anche con il proprio patrimonio. E nessun politico e nessun dirigente pubblico era disposto a firmare la trasmissione della delibera alla Corte dei Conti, ed a maggior ragione lo sarà oggi.

 
PERCHÉ È NECESSARIA UNA NUOVA GARA?

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Il vicepremier Salvini, intervistato sabato scorso dal direttore de l’Altravoce-Il Quotidiano, Alessandro Barbano, nel corso di un convegno a Reggio Calabria, spera ancora nel 2026 di aprire i cantieri e, sulla necessità di indire una nuova gara per il Ponte, ha risposto: “Assolutamente no. La gara è stata fatta…fare una nuova gara lo escludo in maniera assoluta. Il progetto non è cambiato strutturalmente. Rifare un'altra gara vuol dire che non si vuole fare il ponte”. Ma il punto è parecchio dolente.

COME SONO AUMENTATI I COSTI DEL PONTE SULLO STRETTO

  PROGETTO 2005

4,3 MILIARDI DI EURO

  COSTI AL 2009

6,4 MILIARDI DI EURO

  PROGETTO 2011

8,4 MILIARDI DI EURO

  COSTI AL 2012

8,5 MILIARDI DI EURO

  COSTI AL 2023

11 MILIARDI E 630 MILIONI DI EURO

  PROGETTO 2025

13,5 MILIARDI DI EURO
14,7 CON OPERE ACCESSORIE

Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che senza una nuova gara fare il Ponte è una mission impossible. Rimettere in pista la vecchia gara bandita nel lontano 2003 e aggiudicata nel 2005 al Consorzio Eurolink per un importo di 4,3 miliardi di euro, tutti a carico dei privati, che in cambio avrebbero poi avuto la gestione dei pedaggi, anche per la Corte dei Conti sarebbe un azzardo e porta a sbattere.

Il vincitore della gara, l’allora Consorzio Eurolink oggi guidato da Webuild Group, come General Contractor fu incaricato della costruzione del Ponte. È composto da diverse società, tra cui la spagnola Sacyr e la giapponese IHI, Condotte d'Acqua, CMC e il Consorzio ACI. Riesumare la vecchia gara significa andare a sbattere contro regole e norme europee Ue che impongono nuove gare quando i costi delle opere superano del 50% quello iniziale, e cioè l’appalto allora da 4,3 miliardi di euro, poi aggiornato nel 2011 a 8,4 miliardi, poi salito a 11,6 miliardi nel 2023 e oggi lievitato ancora a 13,5 miliardi e a 14,7 miliardi con le opere complementari.

Come per l’Autorità Nazionale Anticorruzione, anche per la Corte dei Conti l’unica procedura possibile e realistica sarebbe quella di indire una nuova gara considerando lo sforamento del tetto del 50%. Ma il fatto è che siamo sempre al progetto definitivo, e manca il progetto esecutivo con i costi definitivi e i costi delle varianti e delle riserve, con nodi tecnici tutti da sciogliere se anche il CIPESS chiede adeguamenti a "151 prescrizioni", e 68 "raccomandazioni" sono arrivate dal “Comitato tecnico scientifico” della Stretto di Messina.

Procedere poi per "fasi esecutive" senza un quadro completo è un azzardo e un rischio oltreché un’anomalia. Il Presidente dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busìa, chiarì il concetto nell’audizione alle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera il 9 giugno 2025: “L’aver deciso di non svolgere una nuova gara in coincidenza della riattivazione del percorso per la costruzione del Ponte sullo Stretto pone dei vincoli sui costi dell’opera: questi infatti non possono crescere oltre il 50% del valore originariamente messo a gara. Ciò in base alla direttiva europea, che in certi casi consente di non attivare una nuova procedura concorrenziale, ma entro tali limiti. Ora, l’articolo 1 del decreto legge Infrastrutture stabilisce che il valore a cui fare riferimento sul quale calcolare il 50% aggiuntivo non è quello originario della gara, ma quello successivo e molto più alto, indicato nel Documento di economia e finanza 2012″. Per Busìa, dovevano essere chiariti molti aspetti oscurati. E rilevava stime di costi ancora non “stabili” in assenza di un progetto esecutivo: “L’esigenza di non superare il limite di costi si lega all’ulteriore problema che ad oggi non esiste un progetto esecutivo che aiuti ad individuare puntualmente gli oneri economici. Inoltre, si è previsto che il progetto esecutivo sarà approvato non unitariamente, ma per fasi, con riferimento a diverse componenti dell’opera. Questo rende ancora meno facile prevedere quali siano i costi e, se anche venisse accolta l’interpretazione della direttiva più favorevole, non avremmo oggi sufficienti elementi per rassicurare sul mancato superamento della soglia di costo calcolata sulla base del 2012. Per tale ragione sarebbe fondamentale predisporre il progetto esecutivo in modo unitario. Sappiamo che spesso i costi crescono anche dopo l’approvazione del progetto esecutivo, ma evidentemente, se non si ha neanche questo, l’incertezza sul quadro finanziario è molto superiore”.


LA SPESA DEL PONTE DAI PRIVATI È OGGI TUTTA A CARICO DELLO STATO

CARATTERISTICHE TECNICHE DEL PONTE SULLO STRETTO

 

 

Lunghezza totale

3.666 metri

Campata centrale

3.300 metri record mondiale

Larghezza carreggiata

60 metri

Corsie

3 per senso di marcia (auto) e

2 binari ferroviari centrali

Altezza piloni

Circa 380 metri

Altezza ponte sul mare

Circa 65 metri

Resistenza sismica

Progettato per area

ad alto rischio

Velocità vento

Progettato per resistere

a raffiche oltre 270 km/

 

COSTO COMPLESSIVO STIMATO

 13,5 MILIARDI DI EURO  di cui circa 1,3 miliardi già stanziati nei bilanci pluriennali MIT 2024–2026

Fase

Periodo previsto

Progettazione definitiva

2023–2024

Valutazione impatto ambientale

2024

Inizio lavori preliminari

Estate/autunno 2024

Inizio lavori strutturali

2025

Conclusione e collaudo

2032


La concessione del 2003, scrivono i magistrati contabili, “non prevedeva garanzie a carico dello Stato”, e se “con la legge di bilancio 2023 si è deciso di finanziare l’opera solo con risorse dello Stato”, come ha chiarito la magistrata Carmela Mirabella in udienza ricordando che “non prevedeva garanzie a carico dello Stato. Con la legge di bilancio 2023 si è deciso di finanziare l'opera solo con risorse dello Stato. Ma è chiaro che sono cambiati i termini della gara: magari se un operatore economico avesse saputo che la spesa era a carico dello Stato avrebbe partecipato”.

Non fare una nuova gara, aprirebbe quindi le porte ad una sicura procedura di infrazione europea. Le norme Ue, sono chiare. Obbligano a indire nuove gare se cambiano i termini, e se il costo aumenta oltre il limite del 50%. Così è, con la delibera CIPESS che stanzia 13,5 miliardi per l'opera. Non procedere ad una nuova gara, rimettendo in piedi il vecchio appalto con costi molto più bassi, non solo non rispetta le norme europee sui contratti ma favorirebbe esclusivamente il privato vincitore della gara 2003, ledendo anche la concorrenza e le norme europee, come rilevano i magistrati nel dispositivo di bocciatura: “Risultano, invero, verificate condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero attratto ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione, essendo intervenute nell’originario programma contrattuale modificazioni, oggettive e soggettive, di favore per i soggetti aggiudicatori, talché l’operazione economica entro cui si collocano i rapporti negoziali differisce, in maniera significativa, da quella originaria”.

Busìa, già il 3 settembre del 2023, intervenendo al Festival organizzato a Roma dall’Associazione Antimafie da Sud, sul tema della gara mise in guardia la Spa Stretto di Messina dal “rischio di un regalo a un'impresa privata", spiegando: “Noi avevamo chiesto di fare una gara...una legge ha fatto un gran regalo a un’impresa privata…esisteva un progetto vecchio realizzato sulla base di una gara del 2004 che è partito da un costo di oltre 4 miliardi di euro, che poi è raddoppiato a 8 miliardi nel 2011. Su quel progetto c’è un contenzioso. Conveniva andare dall’impresa e dire chiaramente: è un progetto senza speranza, chiudiamo questo contenzioso, compro il progetto e poi lo metto a gara. Il fatto di non aver fatto questo, e di aver detto voglio fare il Ponte, non importa che il progetto sia vecchio, e quindi valutarlo e dando un regalo all’impresa, è qualcosa di estremamente rischiosola parte pubblica finirebbe per prendere su di sé rischi che non le competono”.  Tra gli stessi tecnici di Palazzo Chigi e dei ministeri c'è preoccupazione per la lesione della concorrenza e della direttiva Ue sugli appalti, per il ripescaggio di una gara di 22 anni fa fatta rivivere tal quale con il costo quasi raddoppiato e tutto a carico dello Stato, e non come nel 2003 in capo ai privati in cambio della gestione dei pedaggi. E questa contestazione apre a danni erariali, rischi di contenziosi oltreché a procedure di infrazione europea.

Nella delibera della Corte dei conti si evidenzia che nel 2012, la realizzazione dell'opera venne è interrotta proprio per l'impossibilità di “reperire idonei capitali sul mercato”. Insomma, una nuova gara anche per la Corte dei Conti “è di tutta evidenza”.  

Per i magistrati contabili i costi del Ponte restano un rebus. La spesa tutta pubblica è destinata a crescere ancora con l’approvazione di sempre nuove delibere CIPESS, correggendo le cifre precedenti e fino al progetto esecutivo, e poi chissà? E i criteri di appalto sono oggi tutti a favore dei privati, al contrario del 2003 quando il costo era in gran parte a loro carico. Ormai è interamente sulle spalle dello Stato. Ricordano che: “La delibera Cipe del 2003 nell’approvare il progetto preliminare, disponeva, altresì, che la copertura del costo complessivo dell’opera fosse assicurata per il 40% dall’aumento di capitale della società Stretto di Messina e per il rimanente 60% con finanziamenti da reperire sui mercati internazionali, senza garanzie da parte dello Stato. La significatività delle modificazioni recate sulle modalità di finanziamento appare, peraltro, di tutta evidenza ove si abbia riguardo alla circostanza che, nel 2012, la realizzazione dell’opera – con le inevitabili conseguenze sui rapporti contrattuali – è stata interrotta proprio per l’impossibilità di reperire idonei capitali sul mercato”. E ancora: “…il rispetto del vincolo del 50% risulta, allo stato, condizionato dall’incerta definizione dei costi dell’opera…si osserva come detti costi sono in parte meramente stimati e, comunque, non includono alcuni oneri i quali, pur se ricompresi nel quadro economico dell’opera, non sono stati contrattualizzati; tra questi ultimi, rientrano, tra gli altri, i costi dei lavori indicati nella relazione del progettista per 787 milioni di euro.

Le schede allegate al Piano economico finanziario per i magistrati risultano poi incomplete: Come ha spiegato la magistrata Mirabella: "Il ministero ci ha detto quando abbiamo fatto rilevare che c'erano schede non chiare per la quantificazione dei costi, che ci avevano fornito per errore le schede non aggiornate. Questo è davvero un fatto singolare: come possiamo approvare una delibera di questa portata con documenti errati. Parliamo di una opera tutta a carico dello Stato, e per questo la nostra analisi deve essere attentissima".

MANCANO I PARERI DI AUTORITÀ E DEL CONSIGLIO SUPERIORE LLPP

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Tra le numerose criticità, oltre l’attribuzione di competenza al solo CIPESS - per la Corte dei Conti un “organismo dal carattere politico” -, e le incongruenze del quadro economico, risulta la mancata consultazione e partecipazione di enti e organismi tecnici qualificati dello Stato quali il Consiglio superiore dei lavori pubblici e l'Autorità di Regolazione dei Trasporti anche per un parere sul piano delle tariffe. Considerano una grave mancanza il loro mancato coinvolgimento: "Sono cambiate dal 2003 molte norme e manca una relazione del progettista sul rispetto delle nuove norme, e poi l'ultimo parere dato al progetto dal Consiglio dei lavori pubblici risale al 1999…ha subito innumerevoli varianti, e quindi occorreva un nuovo parere". Governo e società Stretto di Messina non possono procedere senza il parere favorevole dell’Autorità di Regolazione dei trasporti su pedaggi e piano economico e finanziario, e senza il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sul piano ingegneristico e tecnico dell’opera progettata. È stata contestata la scelta della Spa di procedere con il solo parere di un Comitato Scientifico nominato per l'opera. I magistrati contabili scrivono: “…non appare fondata la dedotta fungibilità delle valutazioni del Comitato scientifico….anche il mancato coinvolgimento della Autorità dei trasporti per un parere sul piano delle tariffe è una grave mancanza”.


IL MANCATO RISPETTO DI PRESCRIZIONI E NORME EUROPEE

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Il rinvio del rispetto delle prescrizioni e di valutazioni di impatto ambientale ad un documento che ancora non c'è è un altro vulnus per la Corte dei Conti. Per la Valutazione di Impatto Ambientale ci sono oltre 60 tra prescrizioni e raccomandazioni alle quali mancano risposte concrete. La valutazione Ue di incidenza ambientale sulle aree protette non è poi positiva, e non potrà essere superata da "Imperativi motivi di interesse pubblico" o dichiarando il Ponte "opera militare ai fini Nato".

Sul mancato rispetto delle direttive ambientali e sugli appalti dell’Ue come la violazione della direttiva CE HABITAT del 21 maggio 1992 sulla “conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”, il governo ha provato ad aggirarlo definendo l’opera strategica con procedura IROPI, inserendola anche come infrastruttura militare nell’ottica della difesa Nato. Ma non si può derogare dal rispetto della direttiva, e anche il parere del Ministero dell’Ambiente prevedeva prescrizioni. Scrive la Corte dei Conti: “Il parere della commissione del ministero dell’Ambiente Via Vas si limita soltanto a riportare la descrizione delle alternative ragionevoli prevista nell’ambito dello studio di fattibilità che il proponente deve presentare unitamente all’istanza di Via. Né maggiori, e più circostanziate, valutazioni sull’assenza di soluzioni alternative alla costruzione del Ponte – tali da integrare adeguata motivazione – sono rinvenibili nella relazione IROPI, che, in modo estremamente sintetico e assiomatico, peraltro snaturando il carattere preventivo dell’anzidetto requisito, rimarca che “date le motivazioni imperative di sicurezza e di sviluppo economico solo il Ponte sullo stretto, a campata unica, riesce a soddisfare le necessità minimizzando gli impatti ambientali””. E sottolinea anche che la Commissione Ue ha acceso più di un faro su tentativo del governo di andare in deroga alle norme ambientali sul Ponte.


MIGLIAIA IN CORTEO E L’AVVOCATA AUTORA NOTARIANNI DEL WWF:
SE INSISTONO VANNO A SBATTERE CONTRO TAR E CONSULTA

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Per Aurora Notarianni, avvocata messinese del Wwf, esperta in diritto euro-unitario e della giurisprudenza delle Alte Corti e alla tutela dei diritti fondamentale e materie penali, che da anni segue l’iter del Ponte, dopo l’ennesimo corteo No Ponte a Messina annuncia che la battaglia legale continua, e rileva che:

"Se registreranno la delibera del Cipess senza il visto di legittimità della Corte dei Conti, noi chiederemo al Tar che venga sospesa e sollevata la questione di incostituzionalità delle norme del decreto Ponte. Certamente i motivi di ricorso al Tar Lazio contro i pareri della Commissione ambiente e la delibera Iropi trovano un importante sostegno nei rilievi della Corte dei Conti e, auspico, nelle motivazioni del provvedimento che rifiuta il visto di legittimità. Stiamo già lavorando sulle questioni di incostituzionalità. Noi avevamo scritto delle osservazioni molto corpose, trasmesse in agosto, ritenendo che ci fossero svariati aspetti non conformi, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo della direttiva Concorrenza e appalti, ovvero l’articolo 72. Hanno presentato un progetto vecchio, mantenendo lo stesso general contractor, cioè la società che all’epoca vinse l’appalto. Per farlo però ci sono dei limiti: partiamo dal fatto che il costo dell’opera non può superare del 50% il costo del progetto originario. Ci sono ancora una serie di accertamenti, monitoraggi, studi e verifiche che rendono il costo finale ancora più incerto, ma non è l’unico profilo e forse neanche il più grave: per mantenere il vecchio progetto si doveva mantenerlo senza alterazioni dell’equilibrio contrattuale anche per quel che riguarda la società. Che invece è cambiata? La Stretto di Messina Spa adesso è una società a totale partecipazione pubblica. E se prima in questa partecipazione pubblica non c’era il ministero dell’Economia, adesso c’è. E vuol dire che adesso adesso il peso - e i rischi - sono totalmente a carico dello Stato, mentre prima la Stretto Spa doveva fare ricorso anche a capitali privati. Ma c’è dell’altro: la società aggiudicataria dell’opera pubblica deve mantenere requisiti per tutto il tempo necessario della realizzazione dell’opera. E non è questo il caso. Eurolink, il contraente che si era aggiudicata l’appalto, ha subìto modifiche dei soci del consorzio, sia con Condotte Spa sia con Cementiere Ravenna. Entrambe in questi anni sono state soggette a procedure concorsuali e hanno perso i requisiti. Mentre la Stretto dichiara di avere sottoscritto un contratto con il monitor ambientale, che adesso non esiste più. Si trattava di Fenice, che adesso è stata acquisita da Edison Next Environment, che è nata da poco e non era quella che aveva stipulato il contratto. Secondo il governo, però, è tutto legittimo. Forse a mente fredda si sono resi conto che forzare la mano espone il governo, ma anche Cipess e Stretto di Messina Spa, al rischio di responsabilità amministrativa e contabile. Se dai un incarico a una società per realizzare un progetto senza fare una gara, senza che abbia i requisiti, a un prezzo non congruo potrai essere chiamato a rispondere del danno erariale causato. Cioè si sono ammorbiditi perché temono di dovere rispondere in prima persona, a dare appalti in questo modo c’è il rischio di danno erariale”.


OPERA STRATEGICA PER LA DIFESA EUROPEA E DELLA NATO?

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Per accelerare le procedure autorizzative il Governo ha dichiarato l'attraversamento dello Stretto sul Ponte come necessario e urgente per motivi anche militari da inserire all'interno delle strategie di difesa della Nato come “propedeutico alla mobilità militare” dell’alleanza. Il dossier Ponte sullo Stretto è stato aperto il 13 giugno scorso a Palazzo Chigi. Quel giorno, di fronte alla premier Giorgia Meloni e ai suoi vice presidenti Salvini e Tajani, c’era un’ospite di riguardo: il Segretario Generale della Nato, Mark Rutte. Il colloquio era stato organizzato in vista del vertice a l’Aja dal 24 al 26 giugno. Gli Usa chiedevano ai partner dell’alleanza nuovi target di spesa per la difesa e il riarmo fissati allora da Donald Trump con un aumento al 3,5% del Pil delle spese militari più un 1,5% di investimenti per Defence and security-related expenditures.

Furono definite le risorse da investire per Esercito, Carabinieri, Fiamme Gialle, Aeronautica, Servizi Meteo. Nella tabella flessibilità, accanto ai finanziamenti per il contrasto alle minacce ibride, la sicurezza dei confini, la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine e nello spazio, la preparazione civile, i contributi all’Ue, gli aiuti all’Ucraina, entrarono le spese per la sicurezza per “infrastrutture civili propedeutiche alla mobilità militare”, e la più importante opera “propedeutica alla mobilità militare”: il Ponte sullo Stretto, che il governo aveva già chiesto all’Ue di classificare come “opera strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato” per eventuali “evacuazioni” in caso di “attacchi dal fianco Sud”.

LA DELIBERA DELLA CORTE DEI CONTI

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VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto del 12 luglio 1934, n. 1214;

VISTA la legge 21 marzo 1953, n. 161, contenente modificazioni al predetto testo unico;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, come successivamente modificata ed integrata, ed in particolare l’art. 3, commi 1, 2 e 2-bis;

VISTA la legge 24 novembre 2000, n. 340, ed in particolare l’art. 27;

VISTO il “Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti”, approvato con deliberazione delle Sezioni riunite n. 14/DEL/2000;

VISTO il decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 maggio 2023, n. 58;

VISTO il decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73 convertito in legge, con modificazioni 1dall’art. 1, comma 1, della legge 18 luglio 2025, n. 105;

VISTA la direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, c.d. direttiva Appalti;

VISTA la direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, c.d. direttiva Habitat;

VISTA la delibera CIPESS n. 41/2025, seduta del 6 agosto 2025 “Collegamento Stabile tra la Sicilia e la Calabria: assegnazione risorse FSC ai sensi dell’articolo 1, comma 273-bis, della legge n. 213 del 2023 e approvazione, ai sensi dell’articolo 3, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 35 del 2023, del progetto definitivo e degli atti di cui al decreto-legge n. 35 del 2023” trasmessa per il controllo preventivo di legittimità con nota della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE), n. 9820, del 10 settembre 2025, acquisita in pari data dalla Sezione a prot. n. 52360;

VISTA la documentazione trasmessa a corredo della delibera CIPESS n. 41/2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 52361 del 10 settembre 2025;

VISTA la prima integrazione documentale acquisita dalla Sezione a prot. n. 52373 del 10 settembre 2025;

VISTA la seconda integrazione documentale trasmessa con nota del DIPE, n. 10091, del 17 settembre 2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 52635 in data 18 settembre 2025;

VISTA la terza integrazione documentale trasmessa con nota del DIPE, n. 10192, del 19 settembre 2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 53986;

VISTO il rilievo istruttorio formulato dall’Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dell’economia e delle finanze e ritualmente inoltrato all’Amministrazione emittente l’atto con nota n. 54387 del 23 settembre 2025;

VISTA la nota di risposta al rilievo istruttorio da parte dell’Amministrazione n. 11129 del 10 ottobre 2025, acquisita a protocollo in pari data con n. 58074, unitamente ai relativi atti allegati;

VISTA la nota integrativa di precisazione alla risposta al rilievo istruttorio da parte dell’Amministrazione n. 11194 del 13 ottobre 2025, acquisita a protocollo in pari data con n. 58460, e l’ulteriore documentazione allegata;

VISTA la relazione in data 22 ottobre 2025 con la quale il Magistrato istruttore, esaminati gli atti, ha proposto il deferimento della fattispecie al vaglio collegiale di legittimità e la conseguente richiesta di convocazione di adunanza di questa Sezione centrale di controllo di legittimità, formulata dal Consigliere delegato, Cons. Carmela Mirabella, in pari data e su concorde avviso;

VISTA l’ordinanza del Presidente della Sezione in data 22 ottobre 2025, con la quale è stata disposta la convocazione, per la data odierna, della Sezione stessa ai fini dell’esame del summenzionato provvedimento, ritualmente comunicata per l’integrazione del contraddittorio alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alle altre Amministrazioni interessate nello stesso giorno con nota di Segreteria n. 60281;

VISTA la nota del DIPE, n. 11803, del 27 ottobre 2025, acquisita dalla Segreteria della Sezione con prot. n. 61182 del 28 ottobre 2025, con la quale sono state prodotte memorie per l’adunanza e sono stati trasmessi ulteriori atti;

VISTO il documento ricevuto dalla Segreteria della Sezione al termine dell’adunanza del 29 ottobre 2025, siccome richiamato durante lo svolgimento dell’adunanza pubblica, acquisito dalla Sezione a prot. n. 62345 del 3 novembre 2025;

PRESENTI per la Presidenza del Consiglio dei ministri: il Cons. Marco Villani - Vicesegretario generale, la dott.ssa Lorella Di Gioia Capo dell'Ufficio di Segreteria del Consiglio dei ministri, la Cons. Bernadette Veca Capo del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE), il Cons. Luca Einaudi - Coordinatore dell’Ufficio investimenti infrastrutturali del DIPE, la dott.ssa Benedetta Stratta - Dirigente del Servizio servizi di pubblica utilità in concessione dell’Ufficio investimenti infrastrutturali del DIPE, l’Avv. Alessandro Iodice – Esperto del Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica (NTPE), in veste di uditore, il Cons. Ermenegilda Siniscalchi - Capo di Gabinetto del Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, l’Avv. Angela Guerrieri - Vice Capo di Gabinetto. Per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT): l’Avv. Paolo Grasso - Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri Sen. Matteo Salvini, il Cons. Alfredo Storto - Capo di Gabinetto, l’Avv. Pasquale Pucciarello – Vice Capo di Gabinetto, il Cons. Elena Griglio - Capo dell'Ufficio legislativo, il dott. Enrico Puja - Capo del Dipartimento per le infrastrutture e le reti di trasporto; il dott. Felice Morisco - Direttore generale della Direzione per le strade e la sicurezza delle infrastrutture stradali, la dott.ssa Maria Giovanna Sgariglia - Direttore generale della Direzione per lo sviluppo del territorio e i progetti internazionali, la dott.ssa Carlotta Riggi - Dirigente presso gli Uffici di diretta collaborazione. Per il Ministero dell’economia e delle finanze: la dott.ssa Nunzia Vecchione - Ispettore Generale Capo dell’Ispettorato Generale per gli affari economici (IGAE), l’Avv. Stefano Varone – Capo di Gabinetto, la dott.ssa Silvia Tossini - Dirigente dell’Ufficio di Gabinetto. Per il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica: la dott.ssa Barbara Luisi – Capo di Gabinetto, il Gen. Massimiliano Conti -Vice Capo di Gabinetto, l’Arch. Gianluigi Nocco - Direttore Generale della Direzione valutazioni ambientali;

UDITA la relatrice, Consigliere delegato Carmela Mirabella;

UDITI per la Presidenza del Consiglio dei ministri: il Cons. Marco Villani - Vicesegretario generale, la dott.ssa Lorella Di Gioia - Capo dell'Ufficio di Segreteria del Consiglio dei ministri, il Cons. Bernadette Veca - Capo del DIPE; il Cons. Luca Einaudi - Coordinatore dell’Ufficio Investimenti infrastrutturali del DIPE. Per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: l’Avv. Paolo Grasso - Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri Sen. Matteo Salvini, il Cons. Elena Griglio - Capo dell'Ufficio legislativo, il dott. Enrico Pujia - Capo del Dipartimento per le infrastrutture e le reti di trasporto, il dott. Felice Morisco - Direttore generale della Direzione per le strade e la sicurezza delle infrastrutture stradali, la dott.ssa Maria Giovanna Sgariglia - Direttore generale della Direzione per lo sviluppo del territorio e i progetti internazionali. Per il Ministero dell’economia e delle finanze: la dott.ssa Nunzia Vecchione - Ispettore Generale Capo dell’Ispettorato Generale per gli Affari Economici (IGAE). Per il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica: la dott.ssa Barbara Luisi - Capo di Gabinetto, l’Arch. Gianluigi Nocco – Direttore Generale della Direzione valutazioni ambientali; Con l’assistenza della dott.ssa Virginia Battistelli, in qualità di segretario verbalizzante;

RITENUTO IN FATTO

In data 10 settembre 2025 è pervenuta all’Ufficio di controllo sugli atti del MEF, per l’esame di legittimità ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la delibera n. 41/2025 con la quale il CIPESS, nella seduta del 6 agosto 2025, ai sensi dell’art. 3, comma 7, del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni:

- il progetto definitivo del “Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria – Ponte sullo Stretto di Messina” approvato il 29 luglio 2011 dal Consiglio di amministrazione della società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. (SdM) e la “Relazione del progettista del 20 gennaio 2024” di cui all’art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 35/2023 attestante la rispondenza del progetto stesso al progetto preliminare e alle prescrizioni dettate dalla deliberazione del CIPE n. 66 del 2003;

- le osservazioni, le richieste e le prescrizioni acquisite nella conferenza di servizi e ritenute assentibili dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) nonché le prescrizioni formulate, all’esito della valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), incluse in specifico “Quadro prescrittivo”, allegato quale parte integrante e sostanziale alla delibera;

- il Piano economico-finanziario (PEF) contenuto nell’allegato F del III Atto aggiuntivo alla convenzione fra il MIT e la SdM, sottoscritto dalle parti il 1° agosto 2025, e assentito con decreto del 1° agosto 2025 del MIT, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), sentite la Regione siciliana e la Regione Calabria;

- la relazione istruttoria del MIT che indica l’integrale copertura finanziaria dei costi di realizzazione dell’intervento, pari a 13.532 milioni di euro;

- l’elenco delle opere compensative e sociali;

- la modifica del soggetto aggiudicatore da Rete ferroviaria italiana (RFI) a SdM relativamente all’intervento denominato “Variante di Cannitello” e

all’assegnazione di 7 milioni di euro già disposta con precedenti delibere CIPE;

- le varianti al progetto preliminare approvato dal CIPE con delibera n. 66 del 2003 ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio;

- il programma di risoluzione delle interferenze, di cui all’art. 170, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Con la medesima deliberazione, tra l’altro:

- è stata attestata la copertura dei costi di progettazione e realizzazione dell’opera, pari a 13.532 milioni di euro, in considerazione delle risorse statali previste dall’art. 1, commi 272, 273 e 273-bis della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), come modificata dalla legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di Deliberazione n. SCCLEG/19/2025/PREV

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE CENTRALE DEL CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ SUGLI  ATTI DEL GOVERNO E DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO NELL’ADUNANZA DEL 29 OTTOBRE 2025

ponte stretto quindicesima puntata 10

VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto del 12 luglio 1934, n. 1214;

VISTA la legge 21 marzo 1953, n. 161, contenente modificazioni al predetto testo unico;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, come successivamente modificata ed integrata, ed in particolare l’art. 3, commi 1, 2 e 2-bis;

VISTA la legge 24 novembre 2000, n. 340, ed in particolare l’art. 27;

VISTO il “Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti”, approvato con deliberazione delle Sezioni riunite n. 14/DEL/2000;

VISTO il decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 maggio 2023, n. 58;

VISTO il decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73 convertito in legge, con modificazioni, 1dall’art. 1, comma 1, della legge 18 luglio 2025, n. 105;

VISTA la direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, c.d. direttiva Appalti;

VISTA la direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, c.d. direttiva Habitat;

VISTA la delibera CIPESS n. 41/2025, seduta del 6 agosto 2025 “Collegamento Stabile tra la Sicilia e la Calabria: assegnazione risorse FSC ai sensi dell’articolo 1, comma 273-bis, della legge n. 213 del 2023 e approvazione, ai sensi dell’articolo 3, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 35 del 2023, del progetto definitivo e degli atti di cui al decreto-legge n. 35 del 2023” trasmessa per il controllo preventivo di legittimità con nota della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE), n. 9820, del 10 settembre 2025, acquisita in pari data dalla Sezione a prot. n. 52360;

VISTA la documentazione trasmessa a corredo della delibera CIPESS n. 41/2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 52361 del 10 settembre 2025;

VISTA la prima integrazione documentale acquisita dalla Sezione a prot. n. 52373 del 10 settembre 2025;

VISTA la seconda integrazione documentale trasmessa con nota del DIPE, n. 10091, del 17 settembre 2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 52635 in data 18 settembre 2025;

VISTA la terza integrazione documentale trasmessa con nota del DIPE, n. 10192, del 19 settembre 2025, acquisita dalla Sezione a prot. n. 53986;

VISTO il rilievo istruttorio formulato dall’Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dell’economia e delle finanze e ritualmente inoltrato all’Amministrazione emittente l’atto con nota n. 54387 del 23 settembre 2025;

VISTA la nota di risposta al rilievo istruttorio da parte dell’Amministrazione n. 11129 del 10 ottobre 2025, acquisita a protocollo in pari data con n. 58074, unitamente ai relativi atti allegati;

VISTA la nota integrativa di precisazione alla risposta al rilievo istruttorio da parte dell’Amministrazione n. 11194 del 13 ottobre 2025, acquisita a protocollo in pari data con n. 58460, e l’ulteriore documentazione allegata;

VISTA la relazione in data 22 ottobre 2025 con la quale il Magistrato istruttore, esaminati gli atti, ha proposto il deferimento della fattispecie al vaglio collegiale di legittimità e la conseguente richiesta di convocazione di adunanza di questa Sezione centrale di controllo di legittimità, formulata dal Consigliere delegato, Cons. Carmela Mirabella, in pari data e su concorde avviso;

VISTA l’ordinanza del Presidente della Sezione in data 22 ottobre 2025, con la quale è stata disposta la convocazione, per la data odierna, della Sezione stessa ai fini dell’esame del summenzionato provvedimento, ritualmente comunicata per l’integrazione del contraddittorio alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alle altre Amministrazioni interessate nello stesso giorno con nota di Segreteria n. 60281;

VISTA la nota del DIPE, n. 11803, del 27 ottobre 2025, acquisita dalla Segreteria della Sezione con prot. n. 61182 del 28 ottobre 2025, con la quale sono state prodotte memorie per l’adunanza e sono stati trasmessi ulteriori atti;

VISTO il documento ricevuto dalla Segreteria della Sezione al termine dell’adunanza del 29 ottobre 2025, siccome richiamato durante lo svolgimento dell’adunanza pubblica, acquisito dalla Sezione a prot. n. 62345 del 3 novembre 2025;

RITENUTO IN FATTO

In data 10 settembre 2025 è pervenuta all’Ufficio di controllo sugli atti del MEF, per l’esame di legittimità ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la delibera n. 41/2025 con la quale il CIPESS, nella seduta del 6 agosto 2025, ai sensi dell’art. 3, comma 7, del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni:

- il progetto definitivo del “Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria – Ponte sullo Stretto di Messina” approvato il 29 luglio 2011 dal Consiglio di amministrazione della società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. (SdM) e la “Relazione del progettista del 20 gennaio 2024” di cui all’art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 35/2023 attestante la rispondenza del progetto stesso al progetto preliminare e alle prescrizioni dettate dalla deliberazione del CIPE n. 66 del 2003;

- le osservazioni, le richieste e le prescrizioni acquisite nella conferenza di servizi e ritenute assentibili dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) nonché le prescrizioni formulate, all’esito della valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), incluse in specifico “Quadro prescrittivo”, allegato quale parte integrante e sostanziale alla delibera;

- il Piano economico-finanziario (PEF) contenuto nell’allegato F del III Atto aggiuntivo alla convenzione fra il MIT e la SdM, sottoscritto dalle parti il 1° agosto 2025, e assentito con decreto del 1° agosto 2025 del MIT, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), sentite la Regione siciliana e la Regione Calabria;

- la relazione istruttoria del MIT che indica l’integrale copertura finanziaria dei costi di realizzazione dell’intervento, pari a 13.532 milioni di euro;

- l’elenco delle opere compensative e sociali;

- la modifica del soggetto aggiudicatore da Rete ferroviaria italiana (RFI) a SdM relativamente all’intervento denominato “Variante di Cannitello” e all’assegnazione di 7 milioni di euro già disposta con precedenti delibere CIPE;

- le varianti al progetto preliminare approvato dal CIPE con delibera n. 66 del 2003 ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio;

- il programma di risoluzione delle interferenze, di cui all’art. 170, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Con la medesima deliberazione, tra l’altro:

- è stata attestata la copertura dei costi di progettazione e realizzazione dell’opera, pari a 13.532 milioni di euro, in considerazione delle risorse statali previste dall’art. 1, commi 272, 273 e 273-bis della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), come modificata dalla legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio 2025), per 13.162 milioni di euro, e di quelle di pertinenza di SdM, pari a 370 milioni di euro, acquisite in esito all’operazione di aumento del capitale sociale effettuata dal MEF ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto-legge n.35/2023;

- è stato disposto, ai sensi dell’art. 4, comma 9-bis, del d.l. n. 35/2023, il finanziamento degli oneri, pari a complessivi 6 milioni di euro per il periodo 2025-2030, non ricompresi nel quadro economico dell’opera, correlati all’attuazione da parte di SdM di un piano di comunicazione avente ad oggetto iniziative permanenti per l’informazione e la sensibilizzazione della cittadinanza sullo stato di avanzamento dell’opera;

- sono state assegnate al MIT le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2021-2027;

- è stata formulata raccomandazione al MIT di adoperarsi per il conseguimento di un finanziamento europeo, anche in considerazione dell’inclusione dell’opera nella rete TEN-T.

Al deliberato veniva apposta una condizione sospensiva subordinandone l’efficacia alla registrazione del decreto del MIT, di concerto con il MEF, sentite la Regione siciliana e la Regione Calabria recante, tra l’altro, il nuovo PEF della concessione oggetto di approvazione con il provvedimento all’esame.

Da ultimo la delibera assegnava al MIT il compito di assicurare, per conto del CIPESS, la conservazione dei documenti relativi al progetto in esame. La delibera in esame costituisce atto conclusivo del procedimento volto al riavvio delle attività di programmazione e di progettazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. La stessa si inscrive in una più ampia e complessa operazione - che appare opportuno, seppur brevemente, richiamare - sviluppatasi in un arco temporale di circa 57 anni e che trova il suo incipit nelle previsioni della legge 28 marzo 1968, n. 384 con la quale, tra l’altro, è stato indetto un concorso di idee cui ha fatto seguito la pubblicazione di un bando internazionale, con la partecipazione di oltre cento concorrenti e la premiazione di sei ex aequo.

In vista della realizzazione dell’opera, venne approvata la legge 17 dicembre 1971, n. 1158 e, in attuazione della stessa, fu istituita la Società Stretto di Messina S.p.a. che, in forza di successiva convenzione, si obbligava a effettuare studi e ricerche esitati nella scelta del “ponte sospeso a luce unica” quale soluzione da sviluppare in fase progettuale e nel progetto di massima definitivo, presentato, per quanto di competenza, agli enti concedenti e al Consiglio Superiore dei lavori pubblici che, nell’adunanza del 10 ottobre 1997 (voto n. 220), lo approvava con osservazioni e prescrizioni.

L’opera stessa veniva, quindi, inserita tra le infrastrutture di preminente interesse nazionale ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. legge obiettivo), con delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001; successivamente, con il decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, la SdM veniva qualificata come organismo di diritto pubblico, nonché, con il decreto legislativo 24 aprile 2003, n. 114, concessionaria ex lege della progettazione, realizzazione e gestione dell’opera.

Il 30 dicembre 2003 veniva sottoscritta la convenzione di concessione tra il MIT e SdM, avente ad oggetto la progettazione, la realizzazione e la gestione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, su cui intervenivano successive modificazioni e integrazioni disposte con due Atti aggiuntivi, del 25 febbraio 2004 e del 30 novembre 2009: veniva, così, fissata a ottobre 2018 la data di entrata in esercizio dell’opera e prorogata al 31 dicembre 2047 la durata della concessione.

Il 1° agosto 2003, il CIPE con delibera n. 66 approvava il progetto preliminare, con prescrizioni, raccomandazioni e indicazioni afferenti alle opere e alle misure mitigatrici e compensative dell’impatto ambientale, territoriale e sociale. La delibera prevedeva, altresì, che la copertura del costo complessivo di costruzione dell’opera fosse assicurata per il 40% dall’aumento di capitale della società SdM, già deliberato dagli azionisti, e per il rimanente 60% con finanziamenti da reperire sui mercati internazionali, senza garanzie da parte dello Stato.

Nel 2004 la società concessionaria dava corso all’espletamento delle gare internazionali per l’individuazione del Contraente generale (cui affidare la progettazione definitiva, quella esecutiva e la realizzazione dell’infrastruttura), del Project Management Consultant (cui affidare l’attività di controllo e verifica della progettazione definitiva, di quella esecutiva e della realizzazione dell’infrastruttura) e del Monitore ambientale (cui demandare l’attività di monitoraggio ambientale, territoriale e sociale in relazione alle aree interessate dalla realizzazione dell’intervento); nel 2006 si perfezionavano i relativi affidamenti.

Dopo una battuta d’arresto, nel 2010 veniva redatto il progetto definitivo, integrato con le varianti medio tempore adottate in forza dei diversi accordi integrativi e atti aggiuntivi e, all’esito di un’attività di verifica e validazione, il progetto veniva approvato, in data 29 luglio 2011, dal Consiglio di amministrazione di SdM.

Sul progetto definitivo così approvato venivano avviate la Conferenza di servizi, nonché le prescritte procedure in materia ambientale, archeologica e paesaggistica, che, tuttavia, non trovavano compiuta definizione a seguito dell’adozione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221. Detto provvedimento all’art. 34-decies, in considerazione della “condizione di tensione dei mercati finanziari internazionali e delle conseguenti particolari esigenze di cautela nella verifica della sostenibilità dell’operazione”, richiedeva specifici adempimenti relativi al finanziamento dell’opera e all’approvazione del progetto definitivo, fissando, a tal fine, termini perentori il cui mancato rispetto comportava la caducazione di ogni rapporto, convenzionale e contrattuale, stipulato da SdM e la messa in liquidazione della stessa.

Dopo circa 10 anni, il legislatore è recentemente intervenuto al fine di riavviare le attività volte alla realizzazione dell’infrastruttura.

La legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), nel confermare il rilievo del collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente, quale opera prioritaria e di preminente interesse nazionale, ha, tra l’altro, revocato lo stato di liquidazione della SdM, rafforzandone il patrimonio con un aumento di capitale di 50 milioni di euro.

Ancor più significative le modifiche recate dal d.l. n. 35/2023, che ha dettato specifiche norme per far rivivere la concessione e i contratti caducati, introducendo profili innovativi nella procedura per la realizzazione dell’opera. In primo luogo, il citato decreto ha fatto riacquistare efficacia alla concessione affidata a SdM, ricostituita quale società in house del MIT, partecipata in misura non inferiore al 51% dal MEF, disponendo la sottoscrizione da parte di quest’ultimo delle azioni corrispondenti all’aumento di capitale previsto a favore della concessionaria e di uno o più atti aggiuntivi alla concessione medesima, da assentire con decreto del MIT, di concerto con il MEF, sentite la Regione siciliana e la Regione Calabria. Ha, inoltre, dettato la disciplina per il riavvio dell’attività di programmazione e progettazione dell’opera, disponendone l’inserimento nell’Allegato infrastrutture del Documento di economia e finanza, con l’indicazione del costo stimato. Successive modifiche sono state introdotte con il decreto-legge 29 giugno 2024, n. 89, recante “Disposizioni urgenti per le infrastrutture e gli investimenti di interesse strategico, per il processo penale e in materia di sport”, che ha fissato, come limite al costo complessivo dell’opera, le risorse disponibili a legislazione vigente per la realizzazione della stessa, ivi incluse quelle acquisite dalla società, a titolo di aumento di capitale sociale,nel corso del 2023. Nella medesima prospettiva le leggi di bilancio, per il 2024 e 2025, hanno individuato le risorse a copertura, come dettagliatamente indicate dalla delibera CIPESS in esame. La legge di conversione (legge 26 maggio 2023, n. 58) ha integrato il testo del d.l. n. 35/2023 inserendo, tra l’altro, specifici criteri di rideterminazione del costo complessivo dell’opera, assumendo come parametro generale di detta operazione, in relazione ai sottostanti rapporti contrattuali, l’art. 72 della direttiva 2014/24/UE, c.d. direttiva Appalti.

Alla luce del rinnovato quadro normativo, sono stati avviati i prescritti adempimenti: la relazione del progettista sul progetto definitivo, il parere del Comitato scientifico e, in data 15 febbraio 2024, l’approvazione del progetto da parte del Consiglio di amministrazione di SdM.

Contestualmente si è dato corso alle procedure relative alla compatibilità ambientale del progetto definitivo, esitate nel parere n. 19/2024, in data 13 novembre 2024, con il quale la competente Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA- VAS presso il MASE è pervenuta a conclusioni differenziate. La stessa ha espresso parere positivo, seppur condizionato all’ottemperanza di molteplici prescrizioni, in ordine alla compatibilità ambientale del progetto definitivo e parere negativo con riferimento alla valutazione di incidenza appropriata ambientale (“VIncA”) per tre Zone Speciali di Conservazione, facenti parte della “Rete Natura 2000”: ZPS ITA030042 (Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina Stretto), ZPS IT9350300 (Costa Viola) e ZSC IT9350172 (Fondali da Punta Pezzo a Capo dell’Armi).

Il MIT, in data 4 aprile 2025, ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri la cosiddetta relazione IROPI (Imperative Reasons of Overriding Public Interest). Il Consiglio dei ministri, in data 9 aprile 2025, ha deliberato:

- di approvare la relazione IROPI;

- di prendere atto dell’assenza di idonee alternative progettuali, così come meglio esplicitate nella relazione IROPI;

-“di dichiarare la sussistenza di motivi imperativi di interesse pubblico legati alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o relative conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, con adozione di ogni misura compensativa necessaria, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE”;

- di disporre la trasmissione, per il tramite del MASE, alla Commissione europea, della relazione IROPI, unitamente all’inerente documentazione.

La competente direzione del MASE, a seguito del parere n. 72 in data 21 maggio 2025 della Commissione tecnica VIA-VAS, ha provveduto, in data 11 giugno 2025, alla trasmissione degli atti alla Commissione europea.

Alla luce del quadro normativo e fattuale sopra descritto, l’Ufficio di controllo competente ha avviato la disamina della delibera e della copiosa documentazione inviata dal DIPE attraverso il Sistema Informativo per il controllo di Legittimità Atti della Corte dei conti (SILeA).

Avviato l’iter istruttorio, l’esame della già menzionata documentazione ha evidenziato l’assenza di taluni atti oggetto di controllo, tra i quali il progetto definitivo e il programma di risoluzione delle interferenze, ivi inclusi gli espropri, di cui all’art. 170, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006.

L’esigenza di celerità più volte manifestata dall’Amministrazione e documentata anche dalla richiesta, da parte del MIT, di iscrizione urgente della pratica all’ordine del giorno del CIPESS, ha indotto l’Ufficio di controllo a chiedere le integrazioni necessarie per le vie brevi, nella considerazione dell’importanza strategica dell’opera.

Il DIPE, in riscontro alla richiesta, rappresentava che l’intera documentazione attinente all’opera era accessibile tramite un collegamento telematico indicato nella nota di trasmissione della documentazione medesima dal MIT al DIPE in vista della seduta del CIPESS del 6 agosto 2025. Allo stesso tempo precisava che erano state avviate le operazioni di pubblicazione di tutta la documentazione progettuale all’interno della sezione Amministrazione trasparente del sito web istituzionale del MIT.

In ragione del tempo decorso dall’approvazione del progetto, dell’allocazione dei file su un supporto informatico, nella disponibilità di un soggetto diverso dalle pubbliche amministrazioni interessate, della presenza di diverse versioni consultabili mediante il collegamento telematico fornito e dei molteplici passaggi intercorsi tra i diversi soggetti coinvolti nella procedura, sono state necessarie, oltre alle ordinarie attività di controllo, anche una preliminare selezione degli atti di interesse, nonché verifiche circa l’avvenuta adozione degli accorgimenti tecnici indispensabili a garantire il pieno rispetto dei principi di integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità e immodificabilità degli atti medesimi, di cui l’Amministrazione ha dato successivamente rassicurazione.

Conclusa la disamina della documentazione, l’Ufficio di controllo, con nota prot. n. 54387 del 23 settembre 2025, ha formulato rilievo istruttorio con il quale, rilevato, in generale, un difetto di motivazione anche rinforzata della delibera, venivano chiesti chiarimenti in ordine ai punti di seguito riportati, cui il DIPE e i ministeri, per quanto di rispettiva competenza, fornivano riscontro, partitamente, riportato.

a) Sotto il profilo procedurale venivano espresse perplessità in merito alle modalità di trasmissione e di acquisizione della documentazione oggetto di controllo e della documentazione a corredo, nonché in merito all’apposizione alla delibera di una condizione sospensiva di efficacia. Chiarimenti venivano, inoltre, chiesti in ordine alle valutazioni svolte dal Comitato in relazione all’assoggettabilità della delibera del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2025, approvativa della relazione IROPI, al controllo preventivo di legittimità e in merito alla compatibilità della stessa con l’art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE, anche in relazione all’interlocuzione avviata sull’argomento con la Commissione europea, rispetto alla quale si chiedevano aggiornamenti.

Perplessità sono emerse, altresì, con riferimento alla mancata preventiva acquisizione dell’avviso del Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS) e dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) avuto riguardo alla classificazione dei tratti di rete, oggetto della concessione, quale “strada extraurbana di categoria B”. Al riguardo veniva fornito riscontro rilevando, in via generale, l’adeguatezza della motivazione e la mancanza di un espresso obbligo di motivazione rinforzata, e deducendo, in particolare, quanto alla trasmissione degli atti, l’affidabilità delle modalità osservate in ragione del collegamento a “repository documentale sicuro, tuttora attivo, predisposto su supporto cloud messo a disposizione da SdM”.

Con riferimento alla apposizione della condizione sospensiva veniva richiamato il parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato, nonché più generali esigenze di celerità dell’iter approvativo dell’infrastruttura, evidenziandosi, in ogni caso, la possibilità di un coordinamento interno degli Uffici di controllo della Corte dei conti.

In relazione alla deliberazione IROPI, l’Amministrazione ne escludeva la assoggettabilità a controllo preventivo di legittimità, deducendone la natura di atto “per il quale sia prescritto o il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga opportuna la deliberazione consiliare” ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. q) della legge 23 agosto 1988, n. 400 e, pertanto, non ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Nel merito attestava, altresì, la conformità di detta deliberazione sia alla direttiva 92/43/CE che alle linee guida VIncA, mentre, di fatto, inevasa rimaneva la richiesta di elementi informativi circa l’interlocuzione con le istituzioni comunitarie.

In ordine alla mancata preventiva acquisizione dell’avviso del NARS, il DIPE rimarcava la natura speciale e derogatoria del d.l. n. 35/2023 per escludere la possibilità di applicazione dell’art. 143, commi 8 e 8-bis, del d.lgs. n. 163/2006 evidenziando, peraltro, come, ai sensi dell’art. 3, comma 8, del predetto decreto-legge, la delibera del CIPESS “sostituisca ogni altra autorizzazione, approvazione e parere, comunque, denominato”.

b) Quanto al contenuto del progetto definitivo, in considerazione del rilevante apparato prescrittivo che correda la delibera, sono stati chiesti chiarimenti in ordine alle valutazioni svolte con riguardo alla adeguatezza del progetto approvato rispetto al dichiarato carattere definitivo dello stesso, tenuto conto delle pertinenti disposizioni del d.lgs. n. 163/2006. Nella medesima prospettiva, oggetto di approfondimento sono stati i criteri adottati ai fini della quantificazione degli oneri correlati al complessivo quadro prescrittivo, anche in considerazione del fatto che le “osservazioni, richieste e prescrizioni acquisite nella conferenza di servizi e ritenute assentibili dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le prescrizioni formulate all’esito del procedimento di valutazione di impatto ambientale incluse nel Quadro prescrittivo di cui all’allegato 1 della delibera” costituiscono oggetto di approvazione da parte del CIPESS. Medesimi chiarimenti sono stati chiesti anche in ordine alla quantificazione dei costi correlati alle raccomandazioni formulate dal Comitato scientifico.

In sede di risposta al rilievo istruttorio, è stata dedotta la conformità del progetto definitivo al livello di dettaglio proprio della specifica fase, mentre nessuna considerazione è stata svolta con riguardo alle prescrizioni dettate dalla delibera CIPESS n. 41/2025, oggetto di esame, talché sono rimaste, di fatto, inevase le richieste di chiarimento in merito alla compatibilità delle stesse con il livello definitivo di progettazione dell’opera.

Con riferimento alle prescrizioni, richiamati gli esiti dell’iter procedurale che ha portato alla loro approvazione, l’Amministrazione ha assicurato che è stata valutata la ricaduta delle stesse sul progetto in termini di maggiore onerosità e che i relativi costi trovano evidenza nel quadro economico sotto la voce “Oneri derivanti dal quadro prescrittivo nonché agli interventi di natura ambientale e sui beni culturali”. Con riguardo alle raccomandazioni del Comitato scientifico è stato, di contro, rappresentato che le stesse non integrano richieste di modifiche al progetto – in quanto verifiche e approfondimenti da recepire nella progettazione esecutiva – e che, comunque, i relativi oneri sono già ricompresi nel corrispettivo da riconoscere, per detta fase, al contraente generale.

c) Quanto ai contenuti del PEF, chiarimenti sono stati richiesti, previamente, in merito alle verifiche svolte dal CIPESS circa la permanenza dei requisiti di gara in capo al Contraente generale, al Project Management Consultant e al Monitore ambientale. Ulteriori approfondimenti venivano svolti in ordine a specifiche voci del quadro economico dell’investimento allegato a detto piano, con particolare riferimento agli esiti delle interlocuzioni intercorse tra la società KPMG – incaricata di asseverare l’aggiornamento del corrispettivo da riconoscere al Contraente generale – il Committente, il Contraente generale medesimo ed il MIT anche in considerazione del disallineamento tra l’importo asseverato dalla suddetta società, in data 25 luglio 2025, e quello attestato nel quadro economico. In tale contesto elementi informativi sono stati, altresì, richiesti in ordine agli esiti dello studio redatto dalla TPlan Consulting per l’elaborazione del piano tariffario posto a fondamento della sostenibilità del PEF. L’Amministrazione ha reso le delucidazioni richieste. Con riferimento alle verifiche sulla permanenza dei requisiti di gara, il DIPE, richiamando l’art. 4 del d.l. n. 35/2023, ha escluso che fosse demandata allo stesso alcuna valutazione in merito trattandosi di una attività di competenza del concessionario e, comunque, successiva in quanto subordinata all’adozione della delibera. In ogni caso rilevava che, come attestato nella relazione di SdM, dette verifiche risultavano svolte. In merito alle stime di traffico rappresentava che le stesse costituiscono uno sviluppo del precedente studio e offriva, quanto al rilevato disallineamento, dati di dettaglio afferenti alle attività definite successivamente all’approvazione del progetto definitivo.

d) Quanto alla normativa eurounitaria, ferme le richieste formulate sui profili ambientali, specifici approfondimenti sono stati effettuati dall’Ufficio di controllo competente in merito al rispetto dell’art. 72 della direttiva 2014/24/UE, individuato dal d.l. n. 35/2023 come parametro di legittimità della complessiva operazione. Al riguardo il DIPE, riproducendo i contenuti del contributo del MIT, ha rappresentato che “la Relazione generale della società Stretto di Messina S.p.A., acquisita agli atti e sottoposta alle valutazioni del CIPESS, dà puntuale conto degli approfondimenti e delle verifiche effettuate in costante aggiornamento con le competenti strutture ministeriali”. Il MIT, d’altro canto, ha precisato che “l’aggiornamento del contratto è finalizzato pressoché esclusivamente ad adeguare l’originario prezzo all’evoluzione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, in una prospettiva di conservazione dell’equilibrio contrattuale”, aggiungendo che “l’unica componente di adeguamento imputabile ad aggiornamenti progettuali risiede nei lavori previsti nella relazione del progettista la cui definitiva quantificazione richiede, tuttavia, il completamento dei computi metrici che saranno definiti solo in fase esecutiva”. In tal senso, ha evidenziato che “detta componente non risulta ricompresa nell’importo aggiornato del corrispettivo ma dovrà essere contrattualizzata in sede di approvazione del progetto esecutivo” e che, nel quadro economico, è previsto un accantonamento per 787 milioni di euro stimato in via presuntiva. In merito all’interlocuzione in atto con la competente Direzione della Commissione europea è stata confermata la richiesta di chiarimenti relativamente al rapporto negoziale intercorso con il Contraente generale e in ordine alle modalità di aggiornamento del relativo corrispettivo, ma non sono stati forniti ulteriori elementi informativi.

Il Magistrato istruttore, a conclusione dell’attività di competenza, ha analiticamente riportato in apposita relazione i chiarimenti forniti dall’Amministrazione e le proprie corrispondenti osservazioni e, ritenendo non pienamente superati i dubbi emersi, ha prospettato l’opportunità di deferire alla competente sede collegiale la valutazione della delibera CIPESS n. 41/2025 e della sua conformità al quadro normativo di riferimento oltre che ai principi eurounitari. Nel condividere pienamente le conclusioni del Magistrato istruttore, il Consigliere delegato ha provveduto a rimettere la questione al Collegio.

In vista dell’odierna adunanza è stato assicurato un effettivo contraddittorio al DIPE e alle Amministrazioni interessate, che hanno ampiamente controdedotto in ordine alle osservazioni formulate e condivise dal Consigliere delegato nell’ambito della relazione di deferimento. In sede di adunanza, i rappresentanti delle Amministrazioni hanno confermato le considerazioni già svolte nel corso dell’istruttoria e hanno fornito ulteriori chiarimenti.

Ai fini di maggiore chiarezza nell’esposizione, le controdeduzioni riportate dalle Amministrazioni nelle note di riscontro alla relazione di deferimento e le conclusioni dalle stesse Amministrazioni esposte in sede di adunanza pubblica, anche mediante produzione di documentazione integrativa, sono di seguito riportate per singoli punti in ordine agli aspetti rilevanti ai fini della decisione di questo Collegio. Per completezza, con riferimento al decreto MIT-MEF del 1° agosto 2025 con il quale è stato assentito il III Atto aggiuntivo ed integrativo della convenzione sottoscritta il 30 dicembre 2003 – rispetto al quale era stata rimarcata dall’Ufficio di controllo di legittimità la stretta interconnessione con la delibera all’esame – preme evidenziare come, alla data dell’adunanza, non risulti ancora completato il procedimento di controllo preventivo e sia, pertanto, privo di definitività il contenuto di detto provvedimento, rilevante ai fini della valutazione di questo Collegio.

DIRITTO

Il Collegio è chiamato a pronunciarsi in ordine alla legittimità della delibera n. 41/2025 adottata dal CIPESS il 6 agosto 2025.

Appare opportuno, in via preliminare, evidenziare che l’art. 100 della Costituzione assegna alla Corte dei conti – quale organo magistratuale terzo e indipendente – il controllo preventivo a tutela dell’interesse generale alla legittimità dell’attività pubblica, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 226/1976). Detta funzione, nel caso in cui abbia ad oggetto provvedimenti relativi a investimenti pubblici infrastrutturali, è esercitata anche al fine di intervenire, preventivamente, su aspetti procedurali suscettibili di incidere, negativamente, sulla realizzazione dell’opera, una volta avviata. In tale contesto si collocano le valutazioni del Collegio che, avuto altresì riguardo all’importanza strategica dell’opera e alle risorse pubbliche alla stessa destinate, ha ritenuto di assegnare prioritario rilievo alle violazioni della normativa eurounitaria – che si impone all’osservanza anche da parte dell’autorità amministrativa – nonché alle illegittimità maggiormente significative, come di seguito specificate, ritenendo gli ulteriori profili, pur confermati nella loro valenza fattuale, non dirimenti ai fini delle proprie valutazioni conclusive.

1
Violazione della direttiva 92/43/CE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (c.d. direttiva Habitat).

La delibera all’esame risulta adottata, pur a fronte della valutazione di incidenza resa, negativamente, dalla competente Commissione tecnica di impatto ambientale con il parere n. 19/2024, in considerazione della deliberazione con cui il Consiglio dei ministri, in data 9 aprile 2025, ha approvato la c.d. relazione IROPI. Trattasi di un passaggio procedurale di particolare rilevanza che ha consentito di superare la valutazione di incidenza ambientale negativa e di proseguire l’iter volto all’approvazione del progetto definitivo senza necessità di acquisire il previo parere della Commissione europea essendo sufficiente, ai predetti fini, la mera informativa. In ragione di ciò si è ritenuto di svolgere specifici approfondimenti, in punto di legittimità, sia con riguardo all’assoggettabilità della predetta delibera a controllo preventivo di legittimità, sia con riguardo alla conformità della stessa alla c.d. direttiva Habitat e alle correlate linee guida nazionali per la VIncA, delle quali la stessa Amministrazione, in sede istruttoria, ha assicurato il rispetto.

Quanto al primo profilo, nel fare rinvio agli esiti dell’istruttoria intercorsa come in fatto ricostruita, ritiene il Collegio che la deliberazione di cui trattasi non sia ascrivibile alla categoria degli atti previsti dall’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 20/1994 assoggettati ex se a controllo preventivo di legittimità. Nondimeno, ad avviso del Collegio, la legittimità del medesimo atto può essere incidentalmente valutata in quanto atto endoprocedimentale che si inserisce nel segmento procedurale volto all’approvazione del progetto definitivo. In senso analogo concludeva, peraltro, lo stesso DIPE laddove “riteneva possibile un controllo ora per allora della delibera del Consiglio dei ministri facendo la stessa, comunque, parte del pacchetto procedimentale della delibera CIPESS del 6 agosto 2025”.

Tanto premesso, al fine di perimetrare l’ambito di cognizione di questo Collegio anche alla luce delle deduzioni svolte dall’Amministrazione, sia in istruttoria che in adunanza pubblica, circa il carattere politico dell’atto, giova richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui le valutazioni di incidenza ambientale – entro cui si colloca la procedura IROPI – sono espressione di esercizio di discrezionalità tecnica, oltre che amministrativa, sindacabile nell’ipotesi in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 marzo 2024, n. 2044).

Ciò posto, ritiene il Collegio che, in via generale, l’iter procedurale osservato non risulti coerente con il riparto di competenze e la doverosa distinzione tra attività di indirizzo politico e attività amministrativa. In tal senso, pur nella considerazione del valore formale della deliberazione del Consiglio dei ministri e dell’intento – dichiarato dall’Amministrazione – di supportare la valutazione dei motivi imperativi di preminente interesse pubblico con una decisione dell’intero Governo, resta il fatto che l’attestazione contenuta nella relazione c.d. IROPI costituisce espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa da esercitare entro limiti tassativi e secondo criteri predeterminati imposti dalla direttiva Habitat, i quali, peraltro, attenendo ad una procedura in deroga, quella di cui all’art. 6, comma 4, sono da considerarsi stringenti.

Un ordinato esercizio delle diverse competenze, da parte dei rispettivi soggetti coinvolti nella vicenda, avrebbe richiesto l’adozione separata della deliberazione del Consiglio dei ministri e di un atto amministrativo, espressione della discrezionalità necessaria a valutare e comporre gli interessi pubblici sottesi, alla luce delle conoscenze tecniche richieste dal caso. Nell’ambito di detta cornice, il Consiglio dei ministri avrebbe potuto adottare una scelta politica consapevole, in quanto supportata da una previa decisione amministrativa, ovvero, nel caso la deliberazione avesse preceduto detta valutazione tecnica, avrebbe potuto fornire la linea da seguire nell’adozione dell’atto amministrativo.

Nel caso in esame, invece, per quanto sia stato rappresentato che la relazione è stata predisposta a seguito di un confronto con tutte le Amministrazioni competenti per materia, finalizzato alle valutazioni relative ai motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, non è stato prodotto altro atto istruttorio, oltre la relazione medesima (peraltro mancante di qualsiasi elemento identificativo quali data e sottoscrizione), da cui possa desumersi quali amministrazioni, oltre al MIT, siano state coinvolte in dette valutazioni nell’ambito di adeguata attività istruttoria. Del resto, lo stesso MIT, per quanto consta dalla documentazione in atti, si è limitato a trasmettere la relazione senza acquisirla alla propria competenza e responsabilità con atto formale, nemmeno con una dichiarazione postuma resa, in adunanza, dai propri rappresentanti. Né può ritenersi, a tal fine, sufficiente, come affermato in adunanza, il rapporto che lega il MIT con SdM: in disparte la circostanza che non si tratta di competenze, ratione materiae, riferibili al MIT, ma più correttamente al MASE, appare opportuno, in ogni caso, evidenziare come gli atti posti in essere dalla società partecipata, ancorché in house, non esauriscano l’esercizio di attività discrezionale propria dell’amministrazione di riferimento.

I fatti così ricostruiti inducono, dunque, a ritenere che la deliberazione costituisce l’involucro formale nel quale sono ricomprese anche valutazioni sostanzialmente di natura amministrativa.

1.1

Quanto all’adeguatezza dell’istruttoria svolta in vista dell’adozione della relazione IROPI giova, preliminarmente, evidenziarsi che la procedura in deroga di cui trattasi sconta la mancanza di una specifica procedura interna normata, talché ancora maggiore rilevanza assume la stessa direttiva quale unico, imprescindibile, parametro di riferimento. Utili indicazioni sono, inoltre, rinvenibili nel d.p.r. n. 357/1997 e ss.mm.ii, nonché nelle linee guida nazionali per la VlncA, predisposte, su impulso del già Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in raccordo con le regioni e le province, nell’ambito dell’attuazione della Strategia nazionale per la biodiversità 2011-2020 e per ottemperare agli impegni assunti dall’Italia in relazione al contenzioso comunitario, avviato in data 10 luglio 2014 con l’EU Pilot n. 6730/14, in merito alla necessità di produrre un atto di indirizzo per la corretta attuazione dell’art. 6, paragrafi 2, 3, 4, della direttiva 92/43/CEE Habitat. Tali linee guida, elaborate a partire dai principi espressi dalla Corte di giustizia europea, sommamente di quello di precauzione che permea l’intero impianto della direttiva, rappresentano un documento di indirizzo – di carattere interpretativo e dispositivo (cui lo stesso MASE ha fatto riferimento) – nonché lo strumento finalizzato a rendere omogenea, a livello nazionale, l'attuazione dell'art. 6, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva Habitat. A tal fine individuano quali momenti fondamentali delle valutazioni di competenza dell’Amministrazione, da un lato, l’assenza di soluzioni alternative a progetti che incidono su zone speciali di conservazione e, dall’altro, la sussistenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

1.2

Quanto al primo profilo relativo all’assenza di soluzioni alternative, secondo dette linee guida, nell’ambito di un processo decisionale che si svolge in maniera progressiva su tre livelli, la verifica dell’assenza di soluzioni alternative costituisce un prerequisito del livello III (misure di compensazione della procedura in deroga ex art. 6.4); a detta verifica si dà corso laddove, nonostante una valutazione negativa, si ritenga di non respingere un piano o progetto, ma di darvi, comunque, esecuzione. In ogni caso, per quanto detta valutazione possa essere integrata anche nel livello II, quello relativo alla valutazione appropriata o di incidenza ex art. 6.3 – come prospettato dal MASE nella memoria inviata in vista dell’adunanza pubblica – la stessa deve, comunque, rispondere a precisi criteri sostanziali, afferenti ai siti interessati, che, ad avviso del Collegio, non risultano soddisfatti. Al riguardo le medesime linee guida (cfr. cap. 4 Valutazione soluzioni alternative: prerequisito alla deroga dell’art. 6.4) prevedono che, su ogni soluzione alternativa proposta, debba essere svolta un’analisi basata sui criteri di valutazione appropriata. A tal fine gli unici criteri da prendere in considerazione devono essere quelli ambientali e le varie alternative vanno confrontate alla luce dei loro effetti sugli habitat e sulle specie, presenti in misura significativa nel sito, e sui relativi obiettivi di conservazione, nonché sull'integrità del sito e sulla sua importanza per la coerenza ecologica della Rete Natura 2000. Le incidenze individuate di ogni alternativa devono essere descritte e quantificate in modo completo e preciso, talché “in assenza di una valutazione adeguata di tutte le alternative ragionevoli disponibili, non si può concludere che non vi siano soluzioni alternative”.

È di tutta evidenza la complessità delle verifiche, degli approfondimenti, degli studi e, delle conseguenti valutazioni, che sono demandate alle amministrazioni competenti in coerenza allo speciale valore ambientale che connota i siti della Rete Natura 2000. Il parere CTVA n. 19/2024 si limita, invece, soltanto a riportare la descrizione delle alternative ragionevoli prevista nell’ambito dello studio di fattibilità che il proponente deve presentare unitamente all’istanza di VIA, così come inserita nei formulari predisposti dalla SdM ai sensi dell’art. 23 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Né maggiori, e più circostanziate, valutazioni sull’assenza di soluzioni alternative alla costruzione del Ponte – tali da integrare adeguata motivazione – sono rinvenibili nella relazione IROPI, che, in modo estremamente sintetico (cfr. pag. 36) e assiomatico, peraltro snaturando il carattere preventivo dell’anzidetto requisito, rimarca che “date le motivazioni imperative di sicurezza e di sviluppo economico solo il Ponte sullo stretto, a campata unica, riesce a soddisfare le necessità minimizzando gli impatti ambientali”.

D’altro canto, il MASE, successivamente alla deliberazione del Consiglio dei ministri, si è limitato a valutare le misure di compensazione, rinviando, peraltro, alle considerazioni conclusive della Commissione ambientale (parere n. 72/2025), che ha recepito le scelte della SdM, senza alcuna considerazione propria o motivazione della scelta. Nel parere, infatti, è riportato, pedissequamente, il contenuto dei formulari predisposti da SdM quale proponente, in vista dell’assolvimento dell’informativa alla Commissione europea, e sono tratte conclusioni positive esclusivamente in relazione alle misure di compensazione, ritenendo che “la documentazione trasmessa evidenzi che è verificata la coerenza delle misure di compensazione con la necessità di garantire la tutela degli obiettivi di conservazione dei siti Natura” e che “i formulari predisposti da SdM possono consentire alla Commissione europea di valutare in che modo saranno compensati gli effetti pregiudizievoli”.

1.3

Parimenti, sotto il profilo delle ragioni di interesse pubblico che, secondo quanto affermato in adunanza, costituiscono oggetto proprio della valutazione della deliberazione del Consiglio dei ministri, pur nella consapevolezza della particolare natura della decisione assunta e dell’organo emanante, ritiene il Collegio che le “considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica” – che consentono di prescindere dall’acquisizione di formale parere della Commissione europea e di far ricorso a mera informativa in favore della stessa – siano prive di adeguata istruttoria svolta dalle strutture tecnico-amministrative dei ministeri competenti. Dalla disamina della relazione di cui trattasi emerge che la stessa ha, piuttosto, carattere descrittivo della situazione di fatto su cui va ad incidere l’opera. Le assunzioni relative ai diversi “motivi di interesse pubblico” non risultano validate da organi tecnici e corroborate da adeguata documentazione. Carattere residuale – non coerente con il chiaro dettato della direttiva – assumono le attestazioni inerenti ai motivi di tutela della salute dell’uomo anch’esse prive di adeguate e circostanziate valutazioni.

La relazione si sofferma, di contro, ampiamente sugli effetti economici dell’aumentata accessibilità, che risultano inconferenti ai fini della procedura in deroga, che, ai sensi del paragrafo 4 dell’art. 6 della direttiva Habitat e, in considerazione delle peculiarità ambientali del sito ascrivibile alla Rete Natura 2000, come già detto, può trovare giustificazione unicamente in ragioni connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o relative a conseguenze di primaria importanza per l’ambiente, richiedendosi, nelle altre ipotesi, tra le quali possono ascriversi quelle economiche, il previo parere della Commissione europea.

1.4

Le considerazioni che precedono assumono maggiore consistenza ove si abbia riguardo ai contenuti del dialogo in corso con la Commissione europea e, segnatamente, alla corrispondenza intercorsa che, pur sollecitata in fase istruttoria, è stata trasmessa solo in vista dell’adunanza pubblica. Dalla lettura della nota in data 15 settembre 2025 della Direzione generale Environment della Commissione europea – nella quale si fa riferimento, altresì, a precedenti interlocuzioni del 2023 e del 2024 – emerge, in maniera significativa, l’esigenza di un confronto al fine di garantire che il progetto, siccome incidente su siti della Rete Natura 2000, sia conforme al diritto dell’UE, con particolare riguardo alle valutazioni di cui all’art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva Habitat. Sul punto la Commissione rimarca la necessità di definire, in modo corretto e completo, sia gli impatti sui siti protetti, sia l’interesse pubblico prevalente, riferendo di aver individuato ambiti su cui sono necessari chiarimenti, nonché ulteriori misure che dovrebbero aiutare le autorità italiane a garantire che eventuali carenze vengano affrontate preventivamente (“prior to granting development consent or initiating works”).

A tale richiesta il MASE ha dato riscontro, con nota del 15 ottobre 2025, i cui contenuti, di fatto, riproducono i pareri della Commissione VIA-VAS 2024 e 2025 e non aggiungono alcuna ulteriore informazione: ciò sul presupposto, riferito in adunanza pubblica, che la richiesta della Commissione europea risulterebbe generica. Né appare persuasiva l’interpretazione minimale del principio di precauzione, sostenuta nella medesima occasione dal MIT, laddove è stato evidenziato che “lo stesso si applica esclusivamente alle cantierizzazioni che incidono sui siti di interesse prioritario senza precludere la libertà di attività economica”.

Conclusivamente il Collegio ritiene che la delibera all’esame debba considerarsi illegittima per violazione dell’art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva europea Habitat, la cui osservanza si impone agli Stati membri e alle sue articolazioni e fra queste anche al CIPESS, nella cui mission istituzionale rientra la tutela, nell’ambito delle politiche di investimento pubblico, dello sviluppo sostenibile (cfr. art. 1-bis, decreto-legge 14 ottobre, 2019 n. 111), di recente elevato a rango costituzionale.

2
Violazione dell’art. 72 della direttiva n. 2014/24/UE (c.d. direttiva Appalti).

Rileva, preliminarmente, il Collegio che la delibera CIPESS n. 41/2025, oggetto di esame, approva il piano economico e finanziario che, tra l’altro, contiene “il costo complessivo dell’opera e le voci di spesa che lo compongono”. A detto titolo nel predetto piano confluiscono – in ragione dei contratti e degli atti aggiuntivi di cui l’art. 4 del d.l. n. 35/2023 ha disposto la ripresa d’efficacia – i corrispettivi riconosciuti al Contraente generale (pari a euro 10.508.820.773,00), al Project Management Consultant (pari a euro 289.474.195,00) e al Monitore ambientale (pari a euro 43.763.671,00). Ne consegue che, ai fini delle proprie valutazioni in punto di legittimità, il Collegio debba farsi carico di verificare la conformità di detti affidamenti e dei relativi oneri – che, per la prima volta, pervengono all’attenzione dell’Ufficio di controllo e della Sezione del controllo preventivo di legittimità – alla previsione di cui all’art. 72 della citata direttiva richiamata dal d.l. n. 35/2023 quale parametro generale di riferimento per il riavvio delle attività volte alla realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. In tal senso rileva l’art. 2 del citato decreto, che, nel disciplinare il rapporto di concessione e i contenuti del relativo piano economico e finanziario, al comma 8-bis regola la rideterminazione del costo complessivo dell’opera includendovi i prezzi dei contratti caducati, aggiornati secondo i criteri ivi previsti in conformità al citato art. 72. Coerentemente l’art. 4, comma 5, del d.l. n. 35/2023 ribadisce che agli atti aggiuntivi, alla cui stipulazione è subordinata la ripresa degli effetti dei contratti caducati, si applicano le disposizioni di cui all’art. 72 della direttiva Appalti.

Rientra, pertanto, nella piena cognizione di questo Collegio l’approfondito scrutinio delle questioni afferenti al rispetto della previsione di cui al richiamato art. 72 e dei sottesi principi, anche in considerazione delle conseguenze che potrebbero riconnettersi a una loro violazione. Ciò, peraltro, in difetto di analoga valutazione rinvenibile nell’ambito della delibera CIPESS che, di contro, si limita a prendere atto, sotto l’aspetto finanziario, del costo totale dell’opera, ma non svolge alcuna considerazione in ordine alla procedura di aggiornamento dei costi, con particolare riguardo al compiuto rispetto dei presupposti di cui all’art. 72 della direttiva 2014/24/UE. In tal senso non soccorrono neanche le note congiunte, predisposte in vista delle riunioni del CIPESS, e la relazione istruttoria del MIT, dalle quali non risulta evidenza di una dedicata attività istruttoria.

D’altro canto, nella relazione della SdM, sottoposta all’attenzione del CIPESS, sono rinvenibili unicamente attestazioni di conformità dei corrispettivi alla stregua di una teorica disamina dell’articolo 72 della direttiva, asseritamente supportata da un parere legale non allegato in atti, e in assenza di dati finanziari di riferimento. In tale contesto si inseriscono le verifiche svolte dall’Ufficio di controllo dapprima con il rilievo e, successivamente, visto l’esito infruttuoso dell’interlocuzione istruttoria, con la relazione di deferimento, in risposta alla quale le Amministrazioni interessate hanno svolto considerazioni oggetto di ulteriore approfondimento in occasione della adunanza pubblica.

I riscontri hanno avuto particolare riguardo alla verifica dei presupposti ai quali l’art. 72 della direttiva Appalti subordina la possibilità di modificare il contratto senza necessità di nuova procedura concorrenziale, e alla conformità della complessiva operazione, nonché delle modifiche medio tempore intervenute, alla predetta disposizione nella duplice prospettiva della natura sostanziale delle stesse e del contenimento dei rispettivi costi nel limite del 50%. Sul punto il Collegio ritiene di non condividere le prospettazioni e le deduzioni svolte dal MIT – soprattutto in sede di adunanza pubblica – siccome fondate su una interpretazione minimale del più volte citato art. 72, in quanto circoscritta al solo aggiornamento del corrispettivo, secondo quanto previsto dal richiamato art. 2, comma 8-bis, del d.l. n. 35/2023.

Prendendo le mosse da una più ampia lettura dell’intero articolato della disposizione in esame – coerente, peraltro, con le finalità di trasparenza delle procedure e di parità di trattamento degli offerenti sottese alla direttiva (Corte di giustizia dell’Unione europea, X Sezione, sentenza 7 dicembre 2023, punto 61) – ritiene, di contro, il Collegio che debbano valorizzarsi i plurimi elementi fattuali emersi dall’ampia attività istruttoria alla stregua dei quali possono ritenersi integrati i presupposti di cui al combinato disposto del paragrafo 1, lett. e) e del paragrafo 4 dell’art. 72 da cui discende la necessità di un nuovo confronto concorrenziale.

Risultano, invero, verificate “condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero attratto ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione”, essendo intervenute nell’originario programma contrattuale modificazioni, oggettive e soggettive, di favore per i soggetti aggiudicatori, talché l’operazione economica entro cui si collocano i rapporti negoziali differisce, in maniera significativa, da quella originaria. In tal senso depongono, in primo luogo, le nuove modalità di finanziamento dell’opera – a valere, ex lege, integralmente su risorse pubbliche (le uniche possibili per come evidenziato nel DEF 2023) – del tutto diverse da quelle previste nell’originario contratto del 2006, che all’art. 5.2 prevedeva che “il soggetto aggiudicatore, la SdM, avrebbe dovuto ricorrere alla tecnica della finanza di progetto”. Ciò in coerenza con la delibera CIPE n. 66 del 2003, che, a sua volta, nell’approvare il progetto preliminare, disponeva, altresì, che la copertura del costo complessivo dell’opera fosse assicurata per il 40% dall’aumento di capitale della società Stretto di Messina e per il rimanente 60% con finanziamenti da reperire sui mercati internazionali, senza garanzie da parte dello Stato, nonché in aderenza con il contenuto, pressoché pedissequo, dell’art. 16 della convenzione di concessione del 30 dicembre 2003.

La significatività delle modificazioni recate sulle modalità di finanziamento appare, peraltro, di tutta evidenza ove si abbia riguardo alla circostanza che, nel 2012, la realizzazione dell’opera – con le inevitabili conseguenze sui rapporti contrattuali – è stata interrotta proprio per l’impossibilità di reperire idonei capitali sul mercato. Analogamente alla fattispecie di cui al paragrafo 4) sono, inoltre, riconducibili, ad avviso del Collegio, le novità recate agli indici di aggiornamento dall’accordo del 2009, aggiuntivo del contratto originario, che, all’art. 2, ha modificato la clausola di indicizzazione prendendo a riferimento principale il costo di costruzione di un tratto stradale con galleria o con viadotto, corretto per il differenziale tra questo e l’IFOI. Ciò a fronte della previsione dell’originario contratto in forza della quale “il corrispettivo come determinato con l’approvazione del progetto definitivo da parte del CIPE, verrà aggiornato tenendo conto della variazione dei prezzi intervenuta tra la data della delibera di approvazione del contratto preliminare, il 1° agosto 2003 e la data di adozione della delibera con cui il CIPE approva il progetto definitivo” sulla base del tasso di inflazione valutato secondo l’indice ISTAT relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Medesimo carattere innovativo, rispetto all’originario programma negoziale, deve riconoscersi, altresì, alla previsione di cui all’art. 2, comma 8-bis, del d.l. n. 35/2023 che, nel prevedere il criterio di aggiornamento del corrispettivo, introduce una ulteriore clausola “di indicizzazione” secondo la qualificazione prospettata dal MIT. Ulteriore modifica, ritenuta dal Collegio essenziale nei sensi sopra precisati, è quella apposta al contratto con riferimento alle percentuali di prefinanziamento dell’opera. A tal riguardo, si osserva che il bando di gara prevedeva il prefinanziamento, a carico del Contraente generale, per una quota pari almeno al 10%, e non superiore al 20%, assegnando a detto requisito un punteggio pari a 5 punti; il Contraente generale si è aggiudicato il contratto proponendo per tale requisito il 15%. L’accordo integrativo del 2009 lo ha ridotto al 10% e ha assegnato a SdM la possibilità di ridurre ulteriormente la quota fino al limite del 5%.

Non risulta, peraltro, condivisibile l’obiezione mossa dai rappresentati del MIT in merito alla impossibilità di applicare la direttiva 24/2014/UE alle modifiche precedenti il 2014.

Al di là della possibilità di ricondurre la caducazione di un contratto ed i suoi effetti a istituti giuridici noti, è da rilevare che detto contratto “riprende vita”, e non solo efficacia, non automaticamente sulla base dell’intervento del legislatore, come previsto per la concessione, ma a seguito di una nuova manifestazione di volontà delle parti contrattuali – consacrata nell’atto aggiuntivo reso inter partes ai sensi del disposto di cui all’art. 4 del d.l. n. 35/2023 – la cui validità deve, pertanto, essere vagliata alla luce dell’attuale quadro normativo di riferimento, nazionale ed eurounitario. In ogni caso, preme rimarcare come le disposizioni della direttiva 2014/24/UE costituiscano declinazione di principi di portata generale – quelli di trasparenza e di concorrenza come sopra richiamati – in quanto tali già previsti nella direttiva 2004/18/CEE, nella cui vigenza gli atti di cui trattasi sono stati assunti.

Conclusivamente, ritiene il Collegio che le evidenze istruttorie depongano nel senso che risulta integrata la fattispecie di cui al richiamato paragrafo 4 e, in particolare, la sussistenza delle condizioni che, in forza della previsione di cui alla lett. a) del medesimo paragrafo, “avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione”. Del resto, gli stessi rappresentanti del MIT, nel corso dell’adunanza pubblica, hanno concluso espressamente che l’operazione prevista dal comma 8-bis dell’art. 2 del d.l. n. 35/2023 costituisce una modifica sostanziale del contratto, ritenendo, tuttavia, che, ai sensi del combinato disposto della lett. e) del paragrafo 1 e del paragrafo 4, se le modifiche sono sostanziali si impone una nuova competizione concorrenziale solo in caso di superamento del limite del 50%.

Ebbene, ritiene il Collegio che, pur volendo accedere a detta diversa rappresentazione sostenuta dall’Amministrazione, la stessa non è stata accompagnata dall’enucleazione di alcun elemento di calcolo idoneo a rendere esplicita la relativa operazione e il risultato ottenuto, sul presupposto, riferito in adunanza, che si tratti di “elaborazioni endoprocedimentali mai formalizzate in un provvedimento, effettuate ai fini dell’interlocuzione con la Commissione europea”.

Sotto tale ultimo profilo deve evidenziarsi che la compatibilità dell’operazione con la previsione dell’art. 72 della direttiva Appalti è stata oggetto di particolare attenzione da parte della competente Direzione generale della Commissione europea (DG Grow), sin dal “Package Meeting” dell’ 1-2 luglio 2024, cui hanno fatto seguito ulteriori interlocuzioni solo parzialmente documentate all’Ufficio di controllo pur a fronte di richieste istruttorie, in quanto asseritamente inquadrabili nell’ambito di un “dialogo caratterizzato dall’informalità dei rapporti attinenti ad una pluralità di dossier, incluso il Ponte, con contributi non prodotti per le consuete regole di cortesia istituzionale che non consentono di trasmettere documenti di lavoro e scambio di note non protocollate”.

Per completezza ricostruttiva, da ultimo, osserva il Collegio come ogni valutazione in merito al rispetto del vincolo del 50% risulti, allo stato, condizionata dall’incerta definizione dei costi dell’opera. Sotto tale profilo si osserva come detti costi, anche per quanto previsto dal d.l. n. 35/2023, sono, in parte, meramente stimati e, comunque, non includono alcuni oneri i quali, pur se ricompresi nel quadro economico dell’opera, non sono stati contrattualizzati; tra questi ultimi, rientrano, tra gli altri, i costi dei lavori indicati nella relazione del progettista per 787 milioni di euro.

Nella stessa prospettiva deve riconnettersi rilievo alla mancata inclusione degli oneri afferenti all’importante quadro prescrittivo allegato, quale parte integrante alla delibera, nella sua dimensione fisica e finanziaria, e la cui quantificazione il Collegio non ha potuto apprezzare in ragione della mancata allegazione delle schede relative alle prescrizioni ritenute assentibili dal MIT, messe a disposizione nella versione non aggiornata.

3
Violazione degli artt. 43 e 37 del d.l. n. 201/2011 – Esclusione dell’Autorità regolazione dei Trasporti dalla procedura di approvazione del Piano Economico-Finanziario.

La delibera CIPESS all’esame esclude, espressamente, la necessità di acquisire, nell’ambito della procedura di approvazione del piano economico-finanziario, e con specifico riguardo al sistema tariffario posto a fondamento dello stesso (elaborato sulla base dello studio redatto da una società privata individuata dalla società concessionaria), il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART), sul presupposto che la SdM “gestirà in regime di concessione ex lege tratti di rete classificati, tenuto conto delle caratteristiche strutturali, tecniche e funzionali, come strada extraurbana di categoria B”, con conseguente inapplicabilità dell’art. 43 del d.l. n. 201/2011.

Ritiene il Collegio che le conclusioni del DIPE debbano essere disattese, poiché si basano su una lettura parziale del d.l. n. 201/2011 di cui richiamano il solo art. 43. L’art. 37 del detto decreto, di contro, assegna all’ART una più ampia competenza generale nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture, con compiti specifici relativi, tra l’altro, alla definizione “dei criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni, dei pedaggi, tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'equilibrio economico delle imprese regolate, l'efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese, i consumatori” (comma 2, lett. b).

Tale lettura trova conforto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5/2021 laddove è evidenziato che “le attribuzioni dell’ART comprendono, in ampiezza, l’intero settore dei trasporti e dell’accesso alle infrastrutture”. In tal senso depongono, altresì, i principi desumibili dalla direttiva (UE) 2022/362, che, al fine di radicare la competenza delle autorità nazionali di regolazione, valorizza non già la natura e la tipologia della strada, ma la circostanza che sia previsto il pagamento di una tariffa. D’altro canto, per come emerso dall’istruttoria e confermato in adunanza pubblica, le ragioni della classificazione del tratto di rete oggetto di concessione quale strada extraurbana di categoria B, non appaiono univoche e dirimenti. Per come sostenuto in istruttoria e confermato in adunanza dal MIT, le stesse rinvengono fondamento in una ricostruzione, per approssimazione, basata sulla circostanza che, per “la particolare specificità e il carattere di eccezionalità pacificamente riconosciuti, il ponte non è direttamente riconducibile a categorie stradali già contemplate dalla disciplina regolatoria in vigore”.

In tal senso, l’Amministrazione ha riferito di aver adottato una classificazione “quanto più vicina possibile” ad una delle categorie previste dal Decreto ministeriale 5 novembre 2001 – avente ad oggetto le «Norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi» – piuttosto che tenere conto dei criteri di cui all’art. 2 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) che fissa la “Definizione e classificazione delle strade”, criteri che apparirebbero riferibili al collegamento viario così come progettato. In ogni caso, osserva il Collegio che non consta l’adozione di un provvedimento amministrativo di classificazione formale del medesimo collegamento, né può ritenersi, a tal fine, idonea la qualificazione, quale strada extraurbana, rinvenibile nel 28III Atto aggiuntivo, attesa la natura convenzionale dello stesso e vista la sua inefficacia, non essendo, allo stato, completato il procedimento di controllo preventivo. Deve, peraltro, evidenziarsi che nel parere reso nel 1997 (cfr. Par. tracciati – pag. 194), il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, considerate le caratteristiche geometriche e prestazionali, ha qualificato il sistema di attraversamento come “autostrada" e lo stesso PEF, nel quantificare gli importi dei costi per la manutenzione ordinaria, utilizza anche il benchmark di operatori nazionali come ANAS per l’Autostrada A18, in tal modo caratterizzando il tratto viario di attraversamento del ponte.

In vista e nel corso dell’adunanza, a sostegno dell’esclusione della competenza dell’ART – e ad integrazione della motivazione sul punto – è stato introdotto dal MIT un ulteriore, e diverso, argomento, valorizzando la peculiare “natura giuridica del sistema di pedaggiamento in esame, diversa dalla funzione sinallagmatica tipica delle concessioni di costruzione e gestione”. È stato osservato che “nel caso di specie, in cui l’infrastruttura è finanziata integralmente da fondi pubblici, il PEF non è strutturato per assicurare l’ammortamento del costo complessivo dell’investimento”. Ad avviso del MIT, il pedaggio sarebbe, dunque, sprovvisto della sua funzione remunerativa del capitale, essendo configurato esclusivamente quale provvista finanziaria volta ad assicurare la sostenibilità della fase di gestione e come uno strumento di governance pubblica e di attuazione di politiche di coesione territoriale e sociale. Osserva, al tal riguardo, il Collegio che si tratta di argomentazioni non rinvenibili nella delibera CIPESS, introdotte per la prima volta nella fase finale dell’interlocuzione istruttoria, che, in ogni caso, non appaiono coerenti con la previsione di cui all’art. 2, comma 8, lett. c), n. 2, del d.l. n. 35/2023 che, nel definire i contenuti del PEF, prevede che i ricavi complessivi previsti e le tariffe di pedaggio per l’attraversamento del collegamento stabile, pur idonei a promuovere la continuità territoriale tra la Sicilia e la Calabria, siano “in misura tale da perseguire la sostenibilità economica e finanziaria dell’opera”. Ne consegue che il d.l. n. 35/2023 non assegna né al PEF né alle tariffe una natura peculiare, o difforme, da quella ordinariamente prevista dalle norme generali. In questa prospettiva non fondate appaiono le deduzioni svolte in sede di adunanza laddove è stata confermata la provvisorietà del piano tariffario – ponderato sulle stime di traffico attuale – e la sua natura necessariamente “sfumata”, in quanto non coerente con le finalità del PEF come ribadite dal già citato art. 2, comma 8, lett. c), n. 2, del d.l. n. 35/2023.

Alla luce delle considerazioni che precedono, osserva il Collegio come la lettura parziale, non condivisibile, del d.l. n. 201/2011, calibrata esclusivamente sulla tutela della concorrenza, prospettata dal proponente e recepita dalle Amministrazioni, nonché dal DIPE, abbia precluso la partecipazione al procedimento di ART, quale soggetto autonomo e indipendente (cfr. art. 37, d.l. n. 201/2011) istituzionalmente preposto, altresì, alla tutela dell’utenza. In un contesto connotato da profili di novità, specialità e – da fisiologica – incertezza, l’apporto partecipativo dell’Autorità avrebbe fornito all’istruttoria sul piano economico-finanziario, oggetto di approvazione con la delibera all’esame, un doveroso contributo tecnico.

4

Ferme le considerazioni che precedono in relazione alle illegittimità ritenute dal Collegio di immediata e decisiva rilevanza, ai fini delle proprie valutazioni, si rimettono, comunque, all’attenzione del DIPE – e, in via mediata, di tutte le Amministrazioni, a diverso titolo, coinvolte – le seguenti osservazioni, in relazione agli ulteriori profili attenzionati e confermati in punto di fatto, all’esito dell’adunanza, anche con finalità conformativa della successiva azione amministrativa.

4.1. Quanto alla mancata acquisizione dell’avviso preventivo del NARS, nell’ambito delle verifiche volte all’approvazione del PEF, previsto dall’art. 143, commi 8 e 8-bis, del d.lgs. n. 163/2006 e dall’art. 1, comma 1, del dpcm 26 settembre 2023, le Amministrazioni hanno ritenuto non applicabile la norma non ravvisando un “aggiornamento del PEF”. Il Collegio, attesa la valenza dirimente delle illegittimità rilevate e il carattere inedito della normativa e della complessiva operazione, si limita a osservare come, in punto di adeguatezza, l’istruttoria svolta soffra il mancato apporto delle specifiche competenze del NARS, che il dpcm 26 settembre 2023 qualifica, tra l’altro, come organo consultivo del CIPESS in materia tariffaria. In ogni caso, il Collegio ritiene, altresì, che alla delibera del CIPESS non possa riconoscersi valenza sostitutiva assoluta rispetto a ogni altra autorizzazione, approvazione e parere, comunque denominato ai sensi dell’art. 3, comma 8, del medesimo decreto.

In tal senso rimane, invero, ferma la costante interpretazione sull’omologa e sovrapponibile disposizione di cui all’art. 166, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 (che riconnette analoga efficacia sostitutiva all’approvazione del progetto definitivo), come riferibile esclusivamente ai passaggi procedimentali successivi all’adozione della delibera approvativa.

4.2. Quanto alle verifiche relative alla permanenza dei requisiti di gara in capo al Contraente generale, al Project Management Consultant e al Monitore ambientale, tenuto conto delle attestazioni dell’Amministrazione, comunque non documentate, appare necessario richiamare il principio generale di continuità in forza del quale il possesso dei requisiti di gara, generali e speciali, deve essere verificato per tutta la durata del contratto e durante l’esecuzione dello stesso senza soluzione di continuità (Cons. di Stato, Ad. Plen. n. 8/2015, Cons. di Stato, Ad. Plen. n. 7/2024).

4.3. Quanto all’assolvimento dell’obbligo di motivazione, osserva il Collegio come la possibilità di una integrazione postuma, cui il DIPE ha fatto ricorso in adunanza, vada, comunque, contemperata con l’esigenza di garantire effettività al principio di trasparenza dei processi decisionali e valutativi che caratterizza, in particolare, le grandi opere infrastrutturali e a cui assolve, tra l’altro, la prescritta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Tale esigenza è stata, peraltro, costantemente evidenziata dall’Ufficio di controllo e, da ultimo, anche da questa Sezione (cfr. del. SCCLEG 14/2025/PREV).

4.4. Quanto al Consiglio Superiore dei lavori pubblici rileva il Collegio che la delibera in esame dà atto, nelle premesse, dell’assolvimento della richiesta di parere, facendo, a tal fine rinvio, a quello reso nel 1997 (voto n. 220).

In detto parere era stato, tra l’altro, disposto che “il progetto esecutivo del Ponte sarà sottoposto all’esame di questa Assemblea” (cfr. pag. 137). Detta prescrizione, contestualizzata e rapportata a un assetto normativo che prevedeva unicamente due livelli di progettazione (quello di massima e quello esecutivo), sembrerebbe rimarcare la necessità di un ulteriore passaggio presso il suddetto organo consultivo che è stato pretermesso in quanto ritenuto non necessario.

Sul punto il MIT ha ribadito le considerazioni già formulate circa la valenza sostitutiva della deliberazione del CIPESS, ai sensi dell’art. 3, comma 8, del d.l. n. 35/2023, che, nel disciplinare il procedimento di riavvio dell’opera, avrebbe implicitamente ritenuto non doverosa l’acquisizione di un secondo parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici per dichiarate esigenze di economia procedurale e in coerenza con quanto previsto dalla disciplina generale in materia di opere pubbliche. Richiamate le argomentazioni già svolte in ordine alla impossibilità di riconnettere una generale valenza sostitutiva alla deliberazione CIPESS rispetto a fasi precedenti l’adozione della stessa, si osserva come l’acquisizione del parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, oltre ad essere coerente con quanto prescritto dal predetto organo consultivo nel 1997, sarebbe stata funzionale a una più adeguata istruttoria sul punto, oltre che a rafforzare i contenuti del parere del Comitato scientifico. Ciò, in particolare, avuto riguardo alla circostanza che alcune soluzioni contenute nel progetto preliminare sono state riconsiderate, sia sul piano progettuale sia su quello ambientale, apportando varianti al progetto preliminare rese necessarie da richieste di enti terzi, da sopravvenute prescrizioni di legge e dal committente, come diffusamente illustrato nella relazione di deferimento. Sotto diverso profilo, inoltre, in ragione dei tempi che hanno caratterizzato la gestazione dell’opera, la valutazione del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, risalente nel tempo, potrebbe risultare gravemente inficiata sotto l’aspetto della necessaria attualità e concretezza.

Conclusivamente, alla luce e nei limiti delle considerazioni esposte, la delibera n. 41/2025 del CIPESS adottata il 6 agosto 2025, avente ad oggetto “Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria: assegnazione risorse FSC ai sensi dell’articolo 1, comma 273-bis, della legge n. 213 del 2023 e approvazione, ai sensi dell’articolo 3, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 35 del 2023, del progetto definitivo e degli atti di cui al decreto-legge n. 35 del 2023”, non può essere dichiarata conforme a legge.

P. Q. M.

il Collegio delibera di ricusare il visto e la conseguente registrazione del provvedimento.

Il Presidente Ermanno Granelli (firmato digitalmente)
La Relatrice Carmela Mirabella (firmato digitalmente)
Depositata in Segreteria il 27 novembre 2025
Il Dirigente Francesca Pluchinotta Palmeri

Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.