
Nelle salamoie della geotermia toscana 130 mg/litro di litio, la Regione studia le potenzialità
Si è svolto oggi a Palazzo Strozzi un interessante workshop regionale promosso da Arpat, sulle prospettive di estrazione di materie prime critiche dai fluidi geotermici in Toscana, concluso da governatore Giani.
La Toscana ospita una delle più grandi aree geotermiche del mondo, che oltre a produrre energia da fonti rinnovabili potrebbe estrarre dai fluidi e liquidi di re-immissione una delle principali materie critiche come il litio. Del resto la Toscana ha una antica storia di recupero di materie prime dai fluidi sotterranei com’è stato fatto dall'800 per il boro.
Quali sono le prospettive reali per la Toscana? Partiamo dai numeri macro: nel mondo vengono estratte 240.000 tonnellate di litio: il 40% viene dalle salamoie e dai fluidi, il 60% dalle rocce. In Italia c'è poca roccia adatta l'estrazione di litio e quella poca è collocata in zone o di parco o ad alte quote, quindi sostanzialmente impossibile per attività di estrazione.
In Italia ci sono grandi potenzialità invece per i fluidi geotermici con percentuali di litio medio alte (300/500 mg litro), anche se ogni campo geotermico è diverso e purtroppo per noi le potenzialità delle aree laziali e campane sono più elevate di quelle toscane, per la natura diversa delle diverse aree geotermiche, con valori medi stimati di 130 mg/litro in Toscana contro i 350 mg/litro del Lazio e della Campania. Ma ci si può comunque provare.
Per questo la Regione Toscana e Arpat hanno affidato alla società Ricerca sul sistema energetico (Rse) uno studio per capire le potenzialità di estrazione di litio dalle salamoie toscane. Tale studio è stato avviato da poco e i risultati verranno presentati nei prossimi mesi, presumibilmente all’inizio del prossimo anno.
«Arpat – dichiara il presidente della Regione, Eugenio Giani – sta lavorando ad uno studio per comprendere se è possibile ottenere del litio, materia critica e strategica per la transizione green, dai fluidi del processo geotermico, nei quali è presente in quantità non trascurabile. Della possibilità di recuperare il litio dai fluidi geotermici abbiamo già parlato anche con Enel green power, durante l'anno che ha condotto al nuovo accordo per il rinnovo delle concessioni geotermiche. Visto che gli studi dimostrano la presenza di materiali rari nei fluidi geotermici presenti nel sottosuolo, abbiamo quindi incaricato Arpat di studiare la possibilità e l’impatto di un loro eventuale recupero. Questo significherebbe il rilancio di un'attività di economia circolare in Toscana non impattante sul territorio. I primi riscontri sono positivi e per questo il nostro studio va avanti».
«Mentre il Governo pensa di riaprire le miniere per estrarre materie prime critiche, in Toscana abbiamo scelto un’altra via: insieme ad Arpat avviamo uno studio pubblico sul recupero di litio dalle brine geotermiche – commenta l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni – Le brine sono un sottoprodotto del ciclo di produzione dell’energia, un fluido caldo e salato che, dopo aver ceduto il vapore, viene reimmesso nel sottosuolo. Un processo che oggi potrebbe diventare più circolare, recuperando elementi preziosi come il litio senza nuove perforazioni né nuovi impatti. Il litio è strategico: serve per batterie, accumulo, transizione elettrica. Studiamo se possiamo ottenerlo in modo sostenibile, trasparente, controllato. Lo studio è pubblico. E questo fa la differenza: niente concessioni opache o logiche predatorie. Solo scienza, ricerca e democrazia».
Al contempo, i diversi relatori del convegno hanno invece ridimensionato ii potenziale di materie prime critiche ottenibili dai processi di riciclo dei rifiuti, dove il Regolamento europeo introduce un target (peraltro non vincolante) del 25% per l'insieme delle materie prime critiche: si stima che il 15% possa essere un risultato possibile rispetto ai fabbisogni futuri.
Ma anche un ulteriore allarme è stato lanciato. Se il parco veicoli sarà interamente elettrico, non si sarà rame sufficiente: un’automobile elettrica usa 30 kg di rame contro i 3-4 di una auto a motore endotermico. La soluzione? Avere meno auto e sviluppare il trasporto pubblico.
