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Mettete dei condizionatori nei vostri cannoni

 |  Editoriale

La priorità dell’Italia e anche dell’Ue è sempre più quella del riarmo nazionale, tant’è che è in ipotesi pure l’impiego dei fondi Pnrr inutilizzati per alimentare spese in difesa – nonostante la prima priorità in tema di sicurezza dovrebbe restare il coordinamento tra le risorse già in dote alle forze armate dei vari Stati membri –, mentre stiamo platealmente perdendo la battaglia che miete più vittime: quella contro la crisi climatica in corso.

Ieri una nuova ondata di blackout ha attraversato lo Stivale, a causa di reti elettriche ancora inadeguate ad affrontare i picchi di calore – e dunque di domanda di energia per il condizionamento degli edifici. Emblematiche il caso avvenuto ieri pomeriggio a Firenze centro: a causa «delle ‘ondate di calore’ si è registrata infatti un’impennata dei prelievi e il conseguente aumento dei carichi elettrici sulla rete con surriscaldamento dei cavi interrati, cosicché alcune linee elettriche sono scattate», spiega E-Distribuzione, ovvero la società del gruppo Enel che gestisce la rete di distribuzione elettrica di media e bassa tensione. Per far fronte all’emergenza, il gestore «ha controalimentato immediatamente, dato che la rete elettrica cittadina è ‘magliata a ragnatela’, con sistemi cosiddetti ‘ad anello’ che congiungono trasversalmente più dorsali elettriche e consentono di attivare sorgenti e direttrici di energia di riserva», ma non è bastato: una porzione di cavo interrato è risultata danneggiato in due punti e sono in corso le attività per la sostituzione della parte di sistema elettrico danneggiata.

È un problema che riguarda non solo Firenze ma l’Italia intera, e che ad oggi non ha neanche i contorni ben definiti: gli investimenti necessari sulla rete elettrica ad alta tensione sono programmati da Terna e cubano 23 mld di euro nel prossimo decennio (le attività di Terna per la trasmissione pesano per il 4% sulle bollette elettriche), mentre non c’è una stima precisa a livello nazionale per le reti a bassa e media tensione (si spazia dai 40 ai 150 mld di euro al 2040).

Di certo però servono nuovi impianti a energia rinnovabili per alimentare la crescente domanda di elettrificazione, un fronte sul quale l’Italia – a causa di un contesto normativo sempre più caotico – è cronicamente in ritardo, tant'è che le imprese di settore stanno rinunciando ad accedere ai fondi Pnrr anche per tecnologie particolarmente virtuose come l'agrivoltaico.

Una soluzione-tampone che singoli cittadini possono mettere in campo è quella del fotovoltaico da balcone, come suggerisce Ugo Bardi, ecologista di lungo corso e già professore di Chimica all’Università di Firenze: «Oggi, si possono montare dei pannelli solari del tipo “plug and play” su un balcone ben esposto al sole. Collegandoli a un “inverter” e poi a una presa domestica, si può iniziare a produrre energia per casa. L’installazione è libera (a parte casi particolari) fino a un massimo di 800W (due pannelli), richiede solo una comunicazione ad Arera. I pannelli li potete anche installare da voi […] Non aspettatevi miracoli: le potenze ammesse oggi per il fotovoltaico plug and play non sono sufficienti per il fabbisogno di una famiglia media. Inoltre, gli impianti non possono accumulare energia, il che vuol dire che tutto quello che non viene consumato immediatamente viene immesso in rete senza portare un compenso al proprietario. Ma il bello di questa soluzione è che i pannelli producono al massimo nei momenti di massima insolazione, ovvero proprio quando avete più bisogno di raffrescare la casa. In questo modo, potete avere gratis gran parte dell’energia per il condizionatore».

È un modo molto pratico per risparmiare in bolletta, e non solo sul condizionamento: «A fronte di un costo di installazione che si aggira intorno a 500-1000 euro, un impianto ben posizionato può coprire fino al 50% del fabbisogno elettrico di una famiglia media italiana (circa 2.700 kWh/anno). L’impianto si ripaga in meno di cinque anni, mentre i pannelli durano oltre vent’anni».

Va da sé che la guerra contro la crisi climatica non può però vincerla il singolo cittadino dal suo balcone, anche perché i grandi impianti a terra (utility scale) sono in grado di produrre elettricità tre volte più economicamente rispetto ai piccoli. Soprattutto, non si può rispondere con soluzioni individuali a un problema collettivo.

Secondo un recente studio del Cmcc, in Italia solo l’1% dei poveri ha accesso all’aria condizionata, e in uno scenario di intenso riscaldamento globale, già nel 2050 ben 462mila famiglie italiane – per quasi la metà in Sicilia – rischiano di scendere sotto la soglia della povertà energetica legata alla spesa elettrica per il raffrescamento (una famiglia è considerata in condizioni di povertà energetica se la spesa energetica per il riscaldamento e il raffrescamento supera il 10% del proprio reddito o della propria spesa totale). Un problema da affrontare sin da oggi, con investimenti adeguati.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.